Catalogna. Vince Ciudadanos, ma governeranno gli indipendentisti. Puigdemont vuole il dialogo, ma Rajoy lo gela

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Come sempre quando ci sono le elezioni, vincono tutti e nessuno perde. Così è anche in Catalogna, dove gli indipendentisti guidati da Charles Puigdemont, che al momento si trova in auto-esilio in Belgio per sfuggire al mandato d’arresto seguito alla proclamazione di indipendenza, hanno raggiunto la maggioranza e si apprestano quindi a prendere in mano ancora una volta il governo della regione autonoma. Il partito più votato tuttavia è l’anti-indipendentista Ciudadanos della giovane Ines Arrimada, il quale si è aggiudicato 37 seggi (su 135), 3 in più dei 34 ottenuti da Junts per Catalunya, il partito guidato dal secessionista Puigdemont. A seguire è arrivato Esquerra Repubblicana con 32 seggi, il cui leader Josep Maria Jové, arrestato a seguito della proclamazione d’indipendenza, contava di arrivare primo. I socialisti del Psc hanno avuto un lieve incremento passando da 16 a 17 seggi, mentre Catalunya en Comù ha subito una flessione, da 11 a 8 seggi.
Sconfitta evidente per i popolari come pure per gli indipendentisti di estrema sinistra del Cup, che da 8 passeranno a 4 seggi.
Più dei voti pesano al momento le dichiarazioni post-voto, con Puigdemont che si è detto “disposto a incontrare qui a Bruxelles o in qualsiasi altro posto, ma non in Spagna” il primo ministro Mariano Rajoy al fine di “iniziare questa nuova fase con soluzioni politiche e non giudiziarie, non con l’oppressione”. “La formula di Rajoy è fallita – ha affermato Puigdemont – non ci siamo fatti intimorire, abbiamo votato per l’indipendenza, l’articolo 155 è fallito”.
Alla sua richiesta di “dialogo” perché “ci siamo conquistati il diritto di essere ascoltati”, il premier spagnolo ha risposto con la disponibilità a “interfacciarmi con Arrimadas che ha vinto elezioni”, cioè con la leader locale dei Ciudadanos, e non con Puigdemont.
Rajoy ha insistito che ora “Serve un dialogo costruttivo, realista e aperto”, ma che “avvenga nel quadro della legge”, per cui “Non accetterò che sia calpestata la Costituzione spagnola”.
“I risultati del voto – ha osservato il premier spagnolo – ci fanno capire che nessuno può parlare a nome della Catalogna”, realtà “pluralista e non un blocco monolitico, bensì eterogeneo”. Ha quindi fatto notare che senza un governo serio e responsabile non vi sarà il ritorno delle impese e degli investimenti, e quindi non verranno creati nuova posti di lavoro.
Dopo il rifiuto al dialogo, Puigdemont ha chiesto “alla Commissione europea o alle altre istituzioni di ascoltare il popolo catalano, non solo lo stato spagnolo”, forse dimentico del fatto che già le istituzioni dell’Unione Europea si erano schierate contro il referendum e la proclamazione dell’indipendenza, come pure del fatto che difficilmente Madrid avrebbe concesso l’adesione alla Casa comune di una repubblica catalana.