Gaza. La Corte internazionale di Giustizia ha condannato Israele (che se ne frega)

di C. Alessandro Mauceri –

La Corte Internazionale di Giustizia ha pubblicato la prima “prescrizione” (“ordinance”) in merito alla citazione di Israele da parte del Sud Africa.
La decisione della IJC Ordonnance du 26 janvier 2024 è giunta dopo diverse udienze nel corso delle quali sono state ascoltate entrambe le parti. Del documento alcuni media non hanno parlato affatto. Altri hanno speso solo poche parole. Altri ancora hanno dato una versione di parte. Mai come in questi casi appare basilare un riferimento diretto ai temi trattati e alle decisioni cui sono giunti i giudici. Ben sapendo che le decisioni della Corte Internazionale di Giustizia, sebbene importantissime, non sono purtroppo vincolanti.
Il primo aspetto era la legittimità. “La Repubblica del Sud Africa e lo Stato di Israele hanno ciascuno il dovere di agire in conformità con i propri obblighi ai sensi della Convenzione sulla prevenzione e Punizione del crimine di genocidio, in relazione ai membri del gruppo palestinese, ad adottare tutte le misure ragionevoli in loro potere per prevenire il genocidio”, si legge nella sentenza. Quindi la Corte di Internazionale du Giustizia è competente. Eccome.
Passando alle accuse presentate dal Sud Africa il 29 dicembre 2023 circa presunte violazioni degli obblighi derivanti dalla Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio nella Striscia di Gaza, vi si afferma che Israele ha “violato e continua a violare i propri obblighi derivanti dal genocidio”. Viene ribadito che Israele “deve adempiere agli obblighi di riparazione nell’interesse delle vittime palestinesi, incluso ma non limitato a consentire il ritorno sicuro e dignitoso dei palestinesi sfollati con la forza e/o rapiti alle loro case, il rispetto dei loro pieni diritti umani e la protezione contro ulteriori discriminazioni, persecuzioni e altri atti correlati, e provvedere alla ricostruzione di ciò che è stato distrutto a Gaza, in linea con l’obbligo di prevenire il genocidio ai sensi dell’Articolo I”. Per questo il Sud Africa ha chiesto di imporre a Israele di “cessare immediatamente qualsiasi atto e misura in violazione di tali obblighi, compresi atti o misure che potrebbero uccidere o continuare a uccidere palestinesi, o causare o continuare a causare gravi danni fisici o mentali ai palestinesi o infliggere deliberatamente a palestinesi gruppo, o continuando a infliggere al proprio gruppo, condizioni di vita intese a provocarne la distruzione fisica totale o parziale, e rispettare pienamente gli obblighi derivanti dalla Convenzione sul genocidio” e la garanzia “che le persone che commettono genocidio, che cospirano per commettere genocidio, che incitano direttamente e pubblicamente al genocidio, che tentano di commettere genocidio e sono complici di genocidio” in violazione della Convenzione siano “punite da un tribunale nazionale o internazionale competente”. Il Sud Africa ha chiesto anche che Israele sia costretto ad “adempiere agli obblighi di riparazione nell’interesse delle vittime palestinesi, incluso ma non limitato, a consentire il ritorno sicuro e dignitoso dei palestinesi sfollati con la forza e/o rapiti alle loro case, il rispetto dei loro pieni diritti umani e la protezione contro ulteriori discriminazioni, persecuzioni e altri atti correlati, e provvedere alla ricostruzione di ciò che è stato distrutto a Gaza, in linea con l’obbligo di prevenire il genocidio”. In via provvisoria il Sud Africa chiedeva inoltre allo Stato di Israele di “sospendere immediatamente le sue operazioni militari dentro e contro e di infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita destinate a realizzarsi Gaza”. Inoltre, veniva richiesto allo Stato di Israele di “garantire che qualsiasi unità armata militare o irregolare che possa essere diretta, sostenuta o influenzata da esso, così come qualsiasi organizzazione e persona che possa essere soggetta al suo controllo, direzione o influenza, non intraprenda alcuna iniziativa contro sostegno alle operazioni militari”. Israele era invitato a interrompere l’espulsione dei palestinesi e a consentire loro il ritorno a casa e di non impedire l’accesso ai beni di prima necessità e i servizi essenziali, prima di tutto quelli sanitari.
Quali sono state le decisioni della Corte di Giustizia Internazionale in merito a queste istanze? Innanzitutto sulla questione sulla pertinenza posta da Israele, la Corte di Giustizia Internazionale ha rigettato l’obiezione affermando di essere competente ex art. IX della Convenzione, peraltro sottoscritta anche da Israele. La Corte ha quindi preso atto (e riportato nella decisione) delle dichiarazioni del segretario generale delle Nazioni Unite “sul rischio di un ulteriore deterioramento delle condizioni nella Striscia di Gaza”.
La Corte deciso con 15 voti a favore e 2 contro che lo “Stato di Israele, in conformità con i suoi obblighi ai sensi della Convenzione sulla prevenzione e la punizione del crimine di genocidio, in relazione ai palestinesi di Gaza” deve “adottare tutte le misure in suo potere per impedire la commissione di tutti gli atti nell’ambito dell’articolo II di questa Convenzione”. In particolare deve impedire che vengano “uccisi membri del gruppo”, che “vengano causati gravi danni fisici o mentali ai membri del gruppo”, che vengano “inflitte deliberatamente al gruppo condizioni di vita intese a danneggiare il benessere fisico”, che vengano messe in atto misure per la riduzione delle nascite all’interno del gruppo (chiaro il riferimento alle decine di migliaia di minori morti sotto i bombardamenti).
Ma non basta. Sempre con 15 voti a favore su 17 la Corte Internazionale di Giustizia ha deciso che lo “Stato di Israele garantirà con effetto immediato che i suoi militari non commettano gli atti descritti al precedente punto”. “Effetto immediato” significa subito, non entro un mese come riportato da alcuni media. E ancora: “Lo Stato di Israele adotterà tutte le misure in suo potere per prevenire e punire l’incitamento pubblico e diretto a commettere un genocidio nei confronti dei membri del gruppo palestinese nella Striscia di Gaza”. Tornano in mente alcune affermazioni di membri del governo israeliano rilasciate nei giorni scorsi: secondo la Corte Internazionale di Giustizia queste dichiarazioni dovrebbero essere censurate e punite. Durante un’udienza gli avvocati sudafricani hanno dichiarato che i soldati israeliani stanno celebrando il genocidio dei palestinesi e la distruzione di Gaza: “I soldati si filmano mentre fanno esplodere gioiosamente interi condomini e centri urbani, erigendo la bandiera israeliana sulle macerie, cercando di ristabilire gli insediamenti israeliani sulle macerie delle case palestinesi e quindi estinguendo le basi stesse della vita palestinese a Gaza”, ha detto Adila Hassim, un avvocato che presenta il caso del genocidio di Gaza in Sudafrica presso la Corte Internazionale di Giustizia.
Lo Stato di Israele dovrà inoltre “adottare misure immediate ed efficaci per consentire la fornitura dei servizi di base e dell’assistenza umanitaria urgentemente necessari per affrontare le condizioni di vita avverse affrontate dai palestinesi nella Striscia di Gaza”. A favore di questa decisione hanno votato tutti i giudici della Corte meno uno: il giudice Sebutinde. Impedire l’arrivo degli aiuti umanitari, come è stato fatto finora, è una grave violazione di tale sentenza.
Altro aspetto importante, Israele dovrà adottare “misure efficaci per prevenire la distruzione e garantire la conservazione delle prove relative alle accuse di atti che rientrano nel campo di applicazione degli articoli II e III della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio”.
Tutte misure che hanno un significato preciso. Che Israele avrebbe già dovuto rispettare. Non solo per aver firmato e ratificato la Convenzione sulla prevenzione e Punizione del crimine di genocidio, ma perché ha firmato e ratificato una lunga lista di accordi internazionali che poi ha ripetutamente violato. Trattati come la Convenzione dei Diritti dei Minori o l’OPAC e perfino l’art. 18 della Convenzione di Ginevra (“gli ospedali civili che si prendono cura di feriti e malati, di infermi e casi di maternità non possono in alcun caso essere oggetti di attacco, ma devono in ogni circostanza essere rispettati e protetti dalle parti in conflitto”).
Nel corso della riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite Antonio Guterres, segretario generale, ha richiamato le parti al dovere di rispettare le norme del diritto internazionale umanitario: “Even war has rules” (anche la guerra ha delle regole) ha ricordato ai presenti. Quanto sta avvenendo nella Striscia di Gaza e quanto è avvenuto in tutte le guerre dal secondo dopoguerra in poi dimostra il contrario: in guerra non esistono regole. Anche quelle firmate con grande enfasi non vengono quasi mai rispettate. E purtroppo, in tal senso, il potere della Corte Internazionale di Giustizia è limitato.