Esclusiva. Libia: Ng incontra il capo del Consiglio delle tribù libiche

a cura di Vanessa Tomassini

Più volte, occupandoci di Libia, abbiamo sottolineato la sua frastagliata realtà tribale. Il Paese nordafricano è, fin dalle sue più remote origini, diviso tra le varie tribù intese come famiglie o gruppi etnici che abitano permanentemente o periodicamente, come nel caso delle tribù nomadi, porzioni di territorio più o meno vaste. I rappresentanti di ogni famiglia si riuniscono spesso, perché da loro dipende il successo o l’insuccesso di molte operazioni, la pace o la guerra, essendo loro a supportare con le proprie risorse qualsiasi tipo di attività nella realtà libica. È per questo che esiste il Concilio delle Tribù libiche per la Riconciliazione, la maggiore autorità sociale che cerca di mettere d’accordo tutti, per una riunificazione reale che permetta il risanamento del proprio Paese. Difficilmente parlano con i media, o rilasciano dichiarazioni, anzi è la prima volta che il capo del Consiglio delle Tribù per la Riconciliazione, Muhammad al-Mobasher, decide di rispondere alle domande della stampa internazionale. Siamo onorati che abbia scelto di farlo con Notizie Geopolitiche, di seguito riportiamo integralmente la nostra conversazione con lui.

– Ci aiuta a presentare il Concilio delle Tribù?
“Il Concilio lavora in maniera attiva dal 2012 e ha fatto spesso da mediatore locale in diversi conflitti, negli ultimi sei anni. Ha raggiunto molti accordi tra città e tribù, i più importanti quelli nella città di Kufra del 2012 e di Tripoli nel 2014; dell’area dell’Oasis Orientale nel 2014 e della regione occidentale di Zintan e Mashiashia, ed ha risolto molti altri conflitti. Ha fatto pressione sul problema dei prigionieri e dei detenuti, il Consiglio è riuscito a liberarne circa 1.500 in diversi periodi. Il Consiglio delle Tribù è costituito da un certo numero di dignitari di diverse città e clan, da diversi specialisti e medici esperti in vari settori”.

– Le tribù all’interno del Consiglio hanno una visione unica o vi sono delle controversie?
“I membri del Consiglio sono tutti d’accordo su un’idea: costruire lo Stato dalle sue fondamenta”.

– Il Consiglio supporta formalmente o informalmente un governo, o una persona in particolare? Entro il 2018 dovrebbero esserci le elezioni, avete un candidato?
“Guardiamo ai governi della Libia come organi esecutivi che mantengano le distanze da qualsiasi conflitto, il Consiglio pensa e lavora più in profondità rispetto al supporto a questo o quel governo. Per quanto riguarda il candidato alle elezioni è ancora prematuro”.

– Come valuta il processo di dialogo avviato dall’Alto Rappresentante della Missione in Libia per le Nazioni Unite, Ghassan Salamè? Come vede la politica italiana in Libia?
“Il signor Ghassan Salamè è una personalità del Medio Oriente e conosce bene i requisiti necessari per giungere ad una soluzione della crisi libica. Sosteniamo il suo piano, anche se abbiamo alcuni punti che vogliamo chiarire. Per quanto riguarda l’Italia, è uno dei Paesi in grado di capire meglio la realtà libica. Deve essere più saggio nel trattare con il popolo libico. L’Italia ha molti interessi con il nostro popolo ed è il Paese più coinvolto in Libia”.

– Sappiamo che tra le vostre priorità c’è anche l’obiettivo di trovare una soluzione ai flussi migratori. Qual è il vostro piano? Me ne parli nel dettaglio.
“Non è logico parlare dettagliatamente della questione degli immigrati clandestini in un’intervista alla stampa. Abbiamo molte soluzioni ed idee, abbiamo molti studi a questo proposito”.

– La Libia meridionale è la regione che finora ha sofferto di più dell’abbandono delle istituzioni. Qualche tempo fa abbiamo parlato con il portavoce del Sebah Medical Center, che ci ha descritto una situazione disperata. Il Consiglio è si è interessato a questa regione? Quali soluzioni state elaborando per il sud?
“Il Consiglio ha un ruolo importante nel sud e si è adoperato per stabilizzarlo in tutti i conflitti che hanno avuto luogo negli anni passati, riuscendoci. Il Consiglio sta continuando a lavorare per mantenere un piano di supporto al settore della salute e della sicurezza, tutto ciò fa parte del piano per combattere l’immigrazione clandestina”.

– Durante la guerra civile e gli scontri tra milizie il patrimonio artistico di alcune città è stato danneggiato. Qual è la situazione oggi?
“Comunichiamo con la forza militare vicino alle città e ai teatri archeologici per conservarli. Il Consiglio ha mantenuto un certo numero di siti affinché non venissero depredati”.

– Quali altre cose il Consiglio ha già fatto per la Libia?
“Il Consiglio delle Tribù per la Riconciliazione è riuscito a realizzare enormi successi che tutti i componenti politici in Libia non sono riusciti a raggiungere prima. Dopo la negoziazione, come le dicevo prima, è riuscito a liberare più di 1.500 prigionieri provenienti dalle prigioni libiche attraverso la commissione di follow-up dei detenuti formati da tutte le tribù libiche e senza mediatori internazionali o politici, che non se ne erano mai preoccupati. I più importanti file umanitari sono stati i contingenti politici e finanziari. I comitati per la risoluzione di conflitti in tutto il territorio libico stanno lavorando per risolvere le controversie, i conflitti armati, gli spargimenti di sangue e guardare la questione degli sfollati e dei migranti. In passato, ha assistito a riunioni e riconciliazioni in diverse parti della Libia, ha aperto la strada per il progetto di riconciliazione globale ed ha controllato la maggior parte delle aree e delle città. È pronto a riunire i ranghi di uomini di sicurezza dell’esercito, della polizia e dei consulenti tutti nella sua regione per assumere e mantenere la sicurezza in modo che la pace prevalga nella stabilità di tutto il territorio libico”.

– 36 cadaveri sono stati trovati vicino Bengasi la scorsa settimana, di recente abbiamo visto le immagini dei cadaveri di bambini. Chi è responsabile per lei? Molti accusano Khalifa Haftar, già indicato per altri crimini di guerra. Cosa ne pensa?
“La presenza di corpi in strada è un crimine e i suoi perpetratori devono essere puniti. Attendiamo l’esito dell’inchiesta per conoscere l’autore e condannarlo fortemente”.

– Come valuta il Consiglio delle tribù l’attività del Lna e del suo generale Khalifa Haftar?
“Noi sosteniamo l’esistenza dell’esercito e della polizia nel Paese e non possiamo essere uno Stato senza di loro. È necessario costruire l’esercito per essere un professionista che sia lontano dalla politica”.

– Alcuni giovani ancora oggi abbracciano le armi, restando attaccati ad un’idea del passato. Alcuni odiano l’occidente ritenendolo responsabile della loro sofferenza. Vuole dire qualcosa a questi giovani?
“Le persone giovani devono pensare e lavorare per costruire uno Stato giusto, lontano dalla vendetta e dalla rivolta. Noi non viviamo soli in questo mondo. Dobbiamo essere partner, non nemici”.

– Alcuni giovani con cui abbiamo parlato hanno visto i loro parenti, amici, cugini morti. Per questo, alcuni di loro hanno anche problemi psicologici, di socializzazione dovuti anche alla situazione di insicurezza e di guerra. Qual è il vostro programma per recuperarli?
“Il Consiglio ha organizzato il lavoro con specialisti sociali e psicologhi, ha condotto seminari e molte riunioni di guerrieri o giovani colpiti dalla guerra e la cosa è riuscita in larga misura”.

-Qual è invece il vostro piano per sconfiggere il terrorismo?
“Abbiamo una linea integrata per combattere il terrorismo in tutte le sue forme e lavoriamo con i leader sociali e militari per iniziare il nostro progetto sensibilizzando le masse su questo pericolo, segnaliamo ogni sospetto per il suo arresto o monitoraggio, anche se non abbiamo grandi mezzi, stiamo riuscendo bene e progrediamo rapidamente. Non siamo stati in ritardo nella lotta contro il terrorismo e abbiamo esperienza nella città di Mazda dove, quando siamo stati informati della presenza del Daesh (Isis, ndr.), il consiglio ha partecipato all’operazione che ha portato alla sua eliminazione”.