Europa 2022: la svolta

Siamo di fronte ad un cambiamento geopolitico epocale. L’invasione russa dell’Ucraina verrà ricordata come l’evento che ha posto fine all’eterna pace europea.

di Marco Corno

Il 2022 è stato l’anno che ha cambiato per sempre il futuro dell’Europa. Lo scoppio della guerra russo-ucraina il 24 febbraio ha generato un’onda d’urto che sta destabilizzando l’intero continente europeo, compromettendo definitivamente il balance of power dell’ordine internazionale.
Un primo dato geopolitico che emerge è il ridimensionamento delle capacità politico-militari russe che hanno mancato l’obiettivo strategico di vincere la guerra in poche settimane, rovesciando l’attuale regime ucraino e imponendone uno filo-russo. Il secondo è la trasformazione stessa della guerra che dopo le prime settimane si è allargata dal punto di vista quantitativo degli attori coinvolti dalla NATO alle potenze del Medio Oriente. Il terzo è la scioccante crisi in cui è piombata la Germania. Il quarto è l’impatto del conflitto sulla politica estera cinese mentre il quinto è il fardello americano della guerra.

La NATO durante l’anno ha affrontato grandi cambiamenti che ne influenzeranno la dottrina strategica nei prossimi decenni. Oltre al probabile allargamento ancora in fieri dell’organizzazione a Svezia e Finlandia, per la prima volta nella sua storia l’Alleanza Atlantica ha assunto un ruolo decisivo in un conflitto in cui è coinvolta direttamente Mosca, l’avversario strategico da contenere per la quale è stata istituita.
Allo stesso tempo però ha mostrato alcune fragilità interne. La caduta, forse accidentale, di missili ucraini-russi sul territorio polacco ha fatto temere per qualche ora un’escalation militare. Dal 1949, anno di fondazione dell’Alleanza Atlantica, non era mai successo che dei missili cadessero sul territorio di uno Stato membro e il fatto già di per sé è un evento storico di grande rilevanza che segnala la pericolosità del momento. Benché la crisi si sia risolta diplomaticamente, emergono alcuni elementi di grande rilievo: la Polonia, previa consultazione con gli Stati Uniti nonché “socio di maggioranza” della NATO, ha deciso di non invocare non solo l’articolo 5 ma nemmeno l’articolo 4 della Carta Atlantica per avviare delle consultazioni tra i paesi membri sul fatto accaduto in modo da dimostrare unità e prontezza di fronte alla minaccia russa. Ne scaturisce probabilmente una mancanza di coesione all’interno dell’Alleanza o il timore-debolezza di poter acuire ulteriormente le tensioni con Mosca e magari scatenare tensioni con l’enclave russo di Kaliningrad, come accaduto il 18 giugno. Il Cremlino ha preso nota.

Anche le principali potenze dell’Asia Minore sono entrate nel rebus ucraino. La Turchia, dopo pochi giorni dall’inizio delle ostilità, ha ricoperto un cruciale ruolo di mediatore diplomatico, acquistando leverage politico tra le cancellerie occidentali e risolvendo importanti cliché come lo sblocco dell’export di grano ucraino via nave, diventando a tutti gli effetti non più soltanto una grande potenza medio-orientale ma anche europea. L’Iran ha deciso invece di fornire, a settembre dell’anno scorso, i droni kamikaze alla Russia, rendendo il conflitto europeo anche una proxy war tra le potenze del Medio Oriente.

All’interno dello spazio euro-atlantico, la Germania è stata una delle nazioni europee più colpite dagli effetti della querelle russo-ucraina soprattutto dal punto di vista energetico: il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream I e II segnano la fine delle relazioni energetiche russo-tedesche e dell’ostpolitik tedesca inaugurata negli anni settanta del secolo scorso con conseguenze devastanti per l’economia del paese. Il raddoppio del Nord Stream era un progetto infrastrutturale strategico di lungo periodo sul quale il precedete governo Merkel aveva scommesso molto negli scorsi anni per l’approvvigionamento energetico a basso costo del paese, distrutto ancora prima di entrare in funzione. Anche la tenuta sociale dello Stato è messa sotto pressione dato che le sanzioni economiche a Mosca hanno riacceso tensioni con i lander appartenenti alla ex DDR che considerano l’attuale politica estera tedesca eccessivamente anti-russa.

L’impatto della guerra coinvolge anche il Sud-est asiatico in particolare la Cina. L’”operazione militare speciale” russa ha posto fine alla “politica del basso profilo” cinese che ha dovuto assumere obtorto collo una posizione più esplicita sul conflitto. La nuova posizione equidistante di Pechino si pone l’obbiettivo da una parte di evitare che la Cina sia eccessivamente isolata internazionalmente dall’Occidente a causa della vicinanza tattica con Mosca e dell’altra di continuare a supportare la potenza russa in funzione anti-americana, scaricando le tensioni geopolitiche lontano dai propri confini nazionali e distraendo Washington dalla vexata quaestio di Taiwan.

Il dossier russo-ucraino rappresenta una grande sfida per gli Stati Uniti. Per la prima volta nella storia, Washington si trova a dover gestire “in prima linea” un conflitto geostrategico così pericoloso. Durante i conflitti mondiali del secolo scorso, la super potenza non è mai entrata immediatamente in guerra contro una potenza revisionista ma lo ha fatto dopo qualche anno dall’inizio della guerra, limitandosi a fornire supporto militare e politico nelle prime fasi del conflitto: durante la prima guerra mondiale, Washington è entrata in guerra soltanto nel 1917 dopo tre anni dall’inizio del conflitto mentre nella seconda nel 1941 dopo l’attacco nipponico alla base militare di Pearl Harbour. Rispetto alla situazione attuale, dal punto di vista politico nel XX secolo gli Stati Uniti condividevano il fardello e le responsabilità della guerra con alleati che erano potenze sia di pari rango sia di rango superiore. Adesso la solitudine della potenza egemone, e la mancanza di un’esperienza pregressa, potrebbero portarla a compiere gravi errori di calcolo. In più le grandi fratture interne alla società americana rendono gli Stati Uniti fortemente instabili soprattutto se tali tensioni dovessero penetrare all’interno delle proprie istituzioni, responsabili delle scelte di politica estera.

Ad un anno dallo scoppio del conflitto, la guerra sembra inasprirsi sempre di più sia per la violenza sia per la potenza di fuoco. Gli interessi geostrategici in gioco tra Kiev e Mosca e tra le due super potenze sono così vitali per il proprio status geopolitico che rendono difficile, se non impossibile, qualsiasi compromesso perfino con il fine di una tregua ( si veda l’articolo “Ucraina: una bomba pronta ad esplodere”). Questo ha fatto degenerare le ostilità in una guerra fratricida tra russi e ucraini e innescato una spirale di tensione tra Washington e Mosca che potrebbe sfuggire al controllo delle parti. Il timore peggiore è che il conflitto possa evolversi in uno scontro diretto tra Stati Uniti e Russia e purtroppo lo sviluppo temporale degli eventi sembrerebbe presagire uno simile scenario: la Seconda Guerra Mondiale (1939-1945) iniziò come guerra europea con l’invasione tedesca della Polonia nel 1939 ma divenne mondiale il 7 dicembre 1941, due anni dopo, con l’entrata in guerra degli Stati Uniti contro il Giappone e le altre potenze dell’asse (Italia e Germania). Se dovesse essere confermata questa linea temporale degli eventi, allora nel 2024 l’intero Occidente si troverebbe in guerra con la Russia e forse perfino con la Cina.