G20 di Matera, le conclusioni: rafforzare il multilateralismo e sostenere l’Africa

La reazione di Xi alla “sfida sistemica” di Biden.

Il G20 di Matera sembrava accingersi ad un passaggio ripetitivo sui contenuti del G20 di Roma e Berlino. Ma dopo le posizioni del G7 sulla “sfida sistemica” di Biden alla Cina, ha assunto una dimensione strategica nel riaffermare invece l’idea di un effettivo “multilateralismo, con al centro l’ONU”. E questo mentre Xi Jinping, nel centenario della fondazione del Partito Comunista Cinese, replicava a Biden: “non permetteremo mai a nessuna forza straniera di prevaricare, opprimerci o soggiogarci”. Al G20 di Matera hanno avuto rilievo anche i temi della sicurezza alimentare, delle politiche commerciali e dello sviluppo, con un focus sui programmi di interventi in Africa, per contrastare anche le pressioni migratorie e l’attuale minaccia terroristica. A suggello degli impegni, è stata sottoscritta la Dichiarazione di Matera, che mira a “società giuste, pacifiche e inclusive”, e si è rappresentato simbolicamente un caso di cooperazione e multilateralismo “concreto”: la partenza di un volo umanitario diretto dall’Italia in Mozambico.

di Maurizio Delli Santi * –

Il G20 di Matera appena concluso si è sviluppato su due momenti: le “Riunioni Ministeriali Affari Esteri e Sviluppo” svoltesi il 29 giugno a Matera, e l’“Evento Ministeriale su Assistenza Umanitaria” del 30 giugno, avutosi a Brindisi presso la Base Logistica e UNHRD, (Humanitarian Response Depot, Pronto Intervento Umanitario) dell’ONU. In verità, dopo le ampie riflessioni dei vertici del G20 di Roma e Berlino, il G20 di Matera sembrava potesse apparire ripetitivo perché si è tornato a parlare di lotta alla pandemia, ai cambiamenti climatici, di salute e sviluppo globali (Global Solutions Summit 2021: un richiamo forte ad un “nuovo” multilateralismo, per le sfide sul cambiamento climatico e sulle diseguaglianze globali).
Ma i temi trattati stavolta sono stati affrontati sotto altri profili più generali, che hanno posto all’attenzione una visione strategica certamente ancora suggestiva, e soprattutto è stato affrontato nuovamente il tema centrale del multilateralismo.
Era infatti importante tornare sull’argomento dopo il G7 di Carbis Bay, in cui è stata presentata la linea della “sfida sistemica” di Biden alla Cina e gli analisti hanno iniziato a prospettare uno scenario di “guerra economica”, e di “scontro di sistemi” (Il G7 di Carbis Bay: dagli Usa la nuova strategia del containment). In sostanza, anche in questo caso la presidenza italiana del G20, stavolta incentrata sul ruolo del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, ha rappresentato un momento costruttivo per la politica estera italiana, che sembra continuare ad accrescere un ruolo assertivo, con un certo grado di leadership internazionale.

Luigi Di Maio. (Foto Twitter).
In primo luogo, dunque, è stato posto l’accento in maniera ben definita e chiara sulla “necessità del multilateralismo, con l’ONU al centro”, e quindi di una cooperazione fra tutti gli Stati, per un fronte comune contro le emergenze attuali e future. “L’Italia sostiene un multilateralismo efficace e un ordine internazionale basato sulle regole, con le Nazioni Unite al centro”, ha dichiarato il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, aprendo i lavori, precisando altresì: “La leadership dell’Onu è il cardine di un sistema multilaterale efficace, fondato su obiettivi e valori comuni (…). In un mondo interconnesso, il multilateralismo e la cooperazione internazionale sono gli unici strumenti davvero efficaci di fronte a sfide globali”. Ed ha aggiunto: “è stata proprio la pandemia ad evidenziare che multilateralismo e cooperazione sono fondamentali per rispondere alle sfide globali”.

Su questo punto ha quindi ha assunto un certo rilievo la circostanza che il Segretario di Stato americano Blinken, già presente in Italia per la riunione della Coalizione Globale Anti-Daesh, non abbia ripreso i toni del G7 sulla “lega delle democrazie”. “Il multilateralismo – ha detto il rappresentante del governo americano – è il nostro strumento migliore per affrontare le sfide globali che ci attendono, che si tratti della pandemia di COVID-19, della crisi climatica o della costruzione di una ripresa economica sostenibile. Il mio incontro con i Ministri degli Esteri del G20 ne ha rafforzato il ruolo vitale e il nostro profondo impegno”. E ha aggiunto: “Bloccare la crisi sanitaria globale è il primo obiettivo della comunità internazionale e per raggiungerlo occorre una cooperazione multilaterale che contribuisca a portare più vaccini in più Paesi”.
Ma Blinken è andato anche oltre nel tracciare un discorso più strutturato rispetto alla posizione netta di Biden sulla “sfida sistemica” contro la Cina, delineato anche al vertice Nato di Bruxelles del 13 e 14 giugno. In una intervista ad un noto quotidiano nazionale, il Segretario di Stato americano ha sostanzialmente definito “tre piani di condotta” con la grande potenza asiatica a seconda del tipo di “approccio”: 1) un piano di contenimento per ciò che concerne il contesto più propriamente della sicurezza strategica “militare”; 2) un piano di confronto in relazione alle strategie di sviluppo delle tecnologie; 3) un piano di dialogo per le relazioni commerciali e ciò che può essere di comune interesse nei termini della cooperazione.
Nella posizione del Dipartimento U.S. guidato da Blinken sembra quindi evidenziarsi un processo di avvicinamento all’approccio più articolato nei rapporti con la Cina che l’Unione Europea ha voluto definire in alternativa a quella che è apparsa una vera e propria dichiarazione di “guerra economica” di Biden.

Il presidente cinese Xi Jinping.
Tutto questo è avvenuto mentre il presidente Xi Jinping celebrava il centenario della fondazione del Partito Comunista Cinese, dando la prima risposta piccata alla “sfida sistemica “di Biden: “Il Partito continuerà a lavorare con tutti i paesi e i popoli amanti della pace per promuovere i valori umani condivisi di pace, sviluppo, equità, giustizia, democrazia e libertà. Continueremo a sostenere la cooperazione piuttosto che il confronto, ad aprire piuttosto che chiudere le nostre porte e a concentrarci sui vantaggi reciproci invece che sui giochi a somma zero. Ci opporremo all’egemonia e alla politica di potere e ci impegneremo a far girare le ruote della storia verso orizzonti luminosi”.
Ed ha aggiunto “Noi cinesi siamo un popolo che difende la giustizia e non si lascia intimidire dalle minacce della forza. Come nazione, abbiamo un forte senso di orgoglio e fiducia. Non abbiamo mai maltrattato, oppresso o soggiogato la gente di nessun altro paese, e mai lo faremo. Allo stesso modo, non permetteremo mai a nessuna forza straniera di prevaricare, opprimerci o soggiogarci. Chiunque tenti di farlo si troverà in rotta di collisione con una grande muraglia d’acciaio forgiata da oltre 1,4 miliardi di cinesi”.
In sostanza, sembra essersi aperto ora uno scenario di diretto confronto USA-Cina su cui inevitabilmente sarà deciso il futuro delle relazioni internazionali, e le prospettive sulla governance e sulla sicurezza globale.

Da qui l’importanza del G20 di Matera, che tempestivamente ha voluto richiamare una nozione di “multilateralismo con al centro il ruolo delle Nazioni Unite”, marcando la differenza dalle posizioni americane emerse al G7 contro Russia e Cina, Paesi che, come è noto, sono fra i 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza. Va certamente evidenziato, ed è ampiamente noto ad onore del vero, che attualmente il sistema delle Nazioni Unite evidenzia ancori gravi deficit nella decision making, per cui la dichiarazione va letta sicuramente come enunciazione di intenti su cui occorrerà ancora lavorare per diverso tempo. In ogni caso rimane la validità dell’idea di fondo del G20 di Matera della necessità di un’apertura alla cooperazione e al dialogo, anche con le due discusse grandi potenze.
Era comunque inevitabile che la posizione americana espressa ai vertici del G7 e della NATO producesse strascichi anche a Matera. Infatti, all’invito alla partecipazione a questa fase del G20 Cina e Russia hanno risposto con un’adesione critica volta a mantenere un “basso profilo”, atteso che non sono intervenuti né il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, rappresentato dal vice ministro russo Pankin, né quello cinese Wang Yi che, giustificato dalla concomitanza delle celebrazioni per il centenario del Partito comunista cinese, ha aderito all’invito a collegarsi in videoconferenza. Ma è stato un collegamento altrettanto interessante, dove il Ministro Wang Yi ha tenuto a ricordare che la Cina ha fornito finora oltre 450 milioni di vaccini contro il Covid a un centinaio di Paesi, e ha enunciato una posizione netta sulla politica dei vaccini. “La Cina invita i Paesi in grado di fornire i vaccini contro il Covid-19 a evitare restrizioni all’esportazione o un accaparramento eccessivo, e a dare i dovuti contributi per eliminare il ‘divario di immunizzazione’” ha detto il Ministro cinese. Insomma, si tratta di una dichiarazione forte chiaramente rivolta a quelle “democrazie” occidentali che ancora non hanno voluto definire la sospensione dei brevetti sui vaccini e delle restrizioni sulle esportazioni. E altrettanto caustico è stato l’intervento del vice ministro russo Pankin, che ha accusato l’Ema e l’Oms di tergiversare sulla registrazione del vaccino Sputnik.
A margine del G20, le agenzie hanno poi richiamato la notizia dell’incontro in videoconferenza tra il presidente russo Vladimir Putin ed il presidente cinese Xi Jinping che hanno parlato delle relazioni tra Mosca e Pechino come “un esempio della cooperazione fra governi del 21esimo secolo”, rapporti che sono “a un livello mai raggiunto fino a ora”, tant’è che hanno deciso di estendere di cinque anni il “Trattato di buon vicinato e cooperazione amichevole” tra i due Paesi. La prima risposta contro il nuovo conteinment americano è dunque arrivata con il consolidamento delle intese tra Cina e Russia.

Ritornando al G20, ancora sulla questione dei vaccini ha avuto rilievo la posizione tedesca, Paese che tendenzialmente è fra quelli che non è ancora convinto della sospensione dei brevetti, per tutelare i giganti della loro industria farmaceutica. Il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas ha parlato della “diplomazia vaccinale” con cui Russia e Cina stanno portando vaccini nel mondo, definendola un piano per “ottenere vantaggi geostrategici di breve termine” più che salvaguardare la salute globale: in definitiva, la realtà è anche quella di una “geopolitica dei vaccini”. Ma da Pechino è arrivata la replica: “Voi bloccate l’export, noi aiutiamo i più poveri”.

L’altro capitolo dell’agenda del G20 di Matera ha poi riguardato più direttamente il tema dei “tre pilastri”, le guidelines, su cui la Presidenza italiana ha voluto identificare il “suo” G20, vale a dire: People, Planet, Prosperity. Da qui si è sviluppato ancora l’approccio sulla sfida ai cambiamenti climatici con la carbon neutrality 2050, lo sviluppo sostenibile e la transizione verde, stavolta però declinato in una visione più generale in cui l’Italia ha inteso introdurre altri obiettivi strategici: il miglioramento degli scambi commerciali, la sicurezza alimentare e il miglioramento della nutrizione, lo sviluppo di un modello agricolo sostenibile, la lotta alla fame con l’obiettivo “Zero fame nel 2030”. E in questo scenario si inseriscono ancora altre priorità: l’azione globale contro l’empowerment, specie per favorire i giovani e superare il gap del genere femminile, con specifico e particolare riguardo agli interventi nel continente africano.
Infine, la Presidenza italiana del G20 ha voluto suggellare la sua strategia sullo sviluppo globale con la Dichiarazione di Matera, “crocevia di importanti decisioni a livello globale”, richiamando in particolare il ruolo della “Food Coalition”, promossa dall’Italia nella FAO, e l’approccio” One Health” che mira alla salute globale preservando, in una visione definita esplicitamente “olistica”, sicurezza umana, animale e ambientale.
In definitiva, la Dichiarazione di Matera ripercorre ancora una volta un’idea di un impegno comune e condiviso nella cooperazione sulle sfide globali e si conclude con l’enunciazione di un obiettivo che è anche l’affermazione di un principio-guida per le relazioni internazionali: “promuovere società giuste, pacifiche e inclusive”.

Ma nell’ambito del dibattito sorto attorno ai temi del G20 di Matera certamente ha assunto un ruolo centrale l’attenzione sull’Africa, che in questo momento storico rappresenta una priorità per la politica estera dell’Italia, che ha un interesse diretto alla stabilità della Libia e di tutto il Nord Africa e del Sahel. Si tratta infatti delle aree dalle quali provengono i principali flussi migratori e in cui si manifestano ulteriori fattori di rischio per la diffusione dei conflitti locali e del terrorismo islamista, minaccia che è stata riproposta all’attenzione proprio al concomitante vertice della Coalizione Globale anti-Daesh svoltosi a Roma il 28 giugno (Scenari sul terrorismo, Notizie Geopolitiche del 28/6/2021)
Sul tema dell’attenzione all’Africa, i rappresentanti delle Organizzazioni non governative partecipanti al G20 hanno richiamato la necessità di pervenire presto a misure più concrete e incisive, presentando il progetto Release G20. Oltre all’esigenza di superare l’isteresi decisionale ancora in atto sulla sospensione dei brevetti e delle limitazioni alle esportazioni dei vaccini, a loro avviso è necessario programmare con urgenza un piano di ristrutturazione del debito entro la fine dell’anno.

Secondo le analisi delle Ong nei prossimi tre anni il debito pubblico dei Paesi africani supererà i 950 milioni di dollari, ogni anno l’Africa perde 99 milioni di dollari di finanziamenti. In particolare, in base ad uno studio della John Hopkins University, il 20% del debito africano è nei confronti della Cina, atteso che dal 2008 i governi africani avrebbero contratto con la Cina debiti per 148 miliardi di dollari, sia attraverso fondi pubblici che attraverso soggetti privati cinesi. È noto che la Cina ha investito molto nel continente, concedendo però ingenti prestiti che potrebbero non essere pagati e quindi potrebbero determinare l’acquisizione della proprietà di alcune infrastrutture, come nel caso del porto di Gibuti. La proposta delle Ong presentata al G20 prevede la riconversione di almeno parte del debito in investimenti sostenibili in valuta locale, per cui ogni Paese invece di ripagare il debito ai diretti creditori, o ai partner privati che hanno acquistato quote del debito, potrà depositare la stessa cifra in valuta locale direttamente nel Paese, in modo da creare un fondo di investimento da usare in azioni di sviluppo interno.

In queste prospettive viene visto quindi con estrema importanza l’appuntamento del G20 “Incontri con l’Africa”, previsto il 7 e 8 ottobre ancora a Roma. E durante il G20 di Matera la presidenza italiana del G20 ha avuto modo di anticipare quale linea intende perseguire sul tema africano, confermando l’obiettivo della ristrutturazione del debito, ma anche richiamando gli obiettivi dell’Agenda Onu di Sviluppo 2030 e dell’Agenda dell’Unione Africana di Sviluppo 2063. La strategia proposta dalla Presidenza italiana del G20 è stata annunciata quindi nell’intendimento di promuovere anche iniziative con le banche di sviluppo, e con le altre organizzazioni internazionali pertinenti, per finanziare le attività in Africa, con l’ obiettivo specifico di migliorare la qualità della vita nelle aree rurali, minacciate dalla sovrappopolazione, dall’ impoverimento delle terre, dai cambiamenti climatici, dalla mancanza di reti elettriche e servizi sanitari, ma anche dal land grabbing posto in essere da spregiudicate multinazionali occidentali e cinesi. In sostanza si tratterà di condurre nuove sfide e sostenere nuovi impegni su tutti i possibili profili dello sviluppo economico e sociale del continente africano, da cui è evidente che potrebbero derivare i principali rischi sui cambiamenti climatici, sulla sicurezza alimentare, sulla pressione migratoria, sulla minaccia del terrorismo, in definitiva, sulla sicurezza globale e sul futuro dell’umanità.

Infine, anche l’incontro a Brindisi ha rappresentato un corollario non privo di contenuti significativi. All’ “Evento Ministeriale sull’Assistenza Umanitaria” svoltosi alla base dell’Onu di Brindisi, è intervenuto anche David Beasley, il direttore esecutivo del Programma alimentare mondiale (Pam), il quale è ha sottolineato alcuni aspetti non conosciuti ai più. Beasley ha infatti dichiarato che la base delle Nazioni Unite a Brindisi è “la spina dorsale della logistica dell’Onu in tutto il mondo”, grazie alla quale gli aiuti umanitari giungono in più di 170 Paesi. “Da Brindisi parte tutto il necessario per dare da mangiare a milioni di persone all’anno”, ha aggiunto, precisando che si tratta della “più grande aerolinea del mondo, inviando personale, attrezzature e aiuti” in tutto il pianeta, “grazie soprattutto al sostegno dell’Italia”.
L’incontro ha poi avuto un momento simbolico nella partenza di un volo umanitario dall’aeroporto militare di Brindisi diretto in Mozambico, attuale teatro di una grave crisi interna, dovuta anche alla minaccia terroristica. Il volo è stato organizzato in collaborazione con il Pam, alcune Ong italiane e internazionali e la presidenza portoghese dell’Ue. Si tratta di “un’iniziativa umanitaria che rappresenta un modello di collaborazione tra Stati, Unione europea, Nazioni Unite e società civile – ha spiegato il ministro degli Esteri – un esempio di quel multilateralismo efficace che è la priorità della presidenza italiana del G20 e che rappresenta lo strumento chiave per affrontare le principali sfide globali”.
Insomma, fortunatamente, al G20 di Matera si è tornato a parlare di autentico e concreto multilateralismo.

* Maurizio Delli Santi è membro della International Law Association, della Associazione Italiana Giuristi Europei, e della Associazione Italiana di Sociologia.