Gaza. 16 morti e 1.300 feriti nella “Marcia per il ritorno”: colpi di artiglieria da Israele

di Guido Keller

Non si fermano gli scontri e le proteste a Gaza, dove in migliaia, almeno 17mila secondo i media, hanno preso parte alla “Marcia del ritorno” indetta da Hamas per ricordare i territori espropriati ai palestinesi per permettere la nascita dello Stato di Israele, ovvero per il “diritto al ritorno” dei rifugiati palestinesi e denunciare il blocco alla Striscia delle autorità israeliane.
Al lancio di pietre, bottiglie molotov e tentativi di oltrepassare il confine l’esercito israeliano ha risposto con proiettili di gomma ma anche con colpi di artiglieria, ed al momento il bilancio è di 16 morti e di 1.300 feriti.
La riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza dell’Onu, convocata su richiesta del Kuwait, è sfociata come di prassi in un nulla di fatto, ed anche la richiesta del segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres di “un’indagine indipendente e trasparente” suona come aria fritta, tanto che lo stesso Consiglio si è alla fine limitato ad una raccomandazione ad entrambe le parti alla pace.
Il primo a morire è stato un agricoltore palestinese di 27 anni che era entrato nella fascia di sicurezza istituita dalle forze armate israeliane, verso il quale è stato sparato un colpo di cannone da un carro armato in quanto, come hanno riferito i militari israeliani, con un altro si era “avvicinato alla barriera di sicurezza nel sud della Striscia di Gaza ed i due hanno cominciato a comportarsi in maniera strana”. Poi è stata la volta di un 25enne ad est di Jabaliya, a cui gli israeliani hanno sparato un colpo allo stomaco. La maggior parte dei feriti è comunque dovuta allo sparo di proiettili di gomma e di gas lacrimogeni.
Usa e Gran Bretagna hanno rimproverato a Guterres la convocazione immediata del Consiglio di sicurezza senza che prima venisse “trovato un accordo tra tutte le parti”, nella fattispecie con Israele, e da lì è stata imputata la responsabilità ai leader palestinesi, cioè “ai cattivi attori, che usano le proteste come copertura per incitare alla violenza mettendo in pericolo vite innocenti”.
Anche l’ambasciatore israeliano presso le Nazioni Unite, Danny Danon, ha puntato il dito contro i palestinesi ed in particolare contro Hamas, facendo notare che “Mentre gli ebrei di tutto il mondo si sono riuniti con le loro famiglie per celebrare la festa della Pasqua, i palestinesi hanno affondato un nuovo colpo ingannevole in modo da poter usare le Nazioni Unite per diffondere bugie su Israele”. “Questo vergognoso sfruttamento delle nostre festività – ha continuato Danon – non riuscirà a impedirci di dire la verità sui raduni del terrore di Hamas che mirano a destabilizzare la regione”.
La solita musica, insomma. In realtà la ricorrenza del 30 marzo, “Giornata della terra” in cui si è svolta la “Grande marcia del ritorno”, è un commemorazione che cade ogni anno nello stesso giorno dal 1976 per l’uccisione avvenuta allora di 6 palestinesi che protestavano per la confisca della terra palestinese da parte di Israele, per cui la Pasqua c’entra poco o nulla. Oggi il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, ha proclamato una giornata di lutto nazionale “in onore dei martiri palestinesi uccisi oggi dalle forze di occupazione israeliane”.