Haftar e il futuro della Libia. Conversazione con Stefano Silvestri

di Gianluca Vivacqua

Un altro vecchio amico degli americani che sta diventando scomodo per i piani di Washington; quanto lo era diventato Saddam Hussein in Iraq, e forse addirittura più di lui. Fatto è che oggi il feldmaresciallo Khalifa Haftar, l’uomo in cui a suo tempo gli Usa videro un novello generale Henning von Tresckow in funzione anti-Gheddafi, è diventato il principale protagonista dell’afghanizzazione della Libia post-gheddafiana. Di fatto non si dovrebbe più parlare neanche di una sola Libia perché, dopo la caduta della repubblica socialista del Colonnello, di Libie ce ne sono due: quella di Tripoli e quella di Tobruk. Oggi gli americani stanno con Tripoli e con al-Serraj, Haftar invece è sulla sponda opposta e, nelle vesti di ministro della Difesa e di capo di Stato Maggiore, egli è di fatto il dominus incontrastato del governo di Tobruk, potendone dettare in tutto e per tutto la politica militare. A ciò si aggiunga che alle forze armate cirenaiche egli ha dato una decisa struttura dinastica, con i figli piazzati nei vari posti di comando, sicché l’esercito al servizio della Camera dei rappresentanti libica è a tutti gli effetti il “suo” esercito. I raìs rinascono sempre dalle loro ceneri? Giriamo il dilemma al professor Stefano Silvestri, membro del Comitato dei Garanti dell’Istituto Affari Internazionali e già presidente delo stesso, dal 2001 al 2013.

– Prof. Silvestri, Haftar si può definire una specie di secondo Gheddafi?
“È difficile pensare ad Haftar come ad un “secondo Gheddafi”. Egli non sembra avere le spettacolari caratteristiche, i teatrali atteggiamenti e la fervida fantasia politica del vecchio dittatore. Né andrebbe al potere nello stesso modo e in nome della stessa ideologia panaraba e nasseriana che caratterizzava il colonnello Gheddafi quando guidò il colpo di stato contro il re Iris di Libia. Peraltro Haftar si è opposto a Gheddafi sin da quando il vecchio dittatore lo costrinse all’esilio dopo le sconfitte del generale nella guerra tra la Libia e il Chad. No, Haftar non è un rivoluzionario né un utopista, ma semplicemente un generale ambizioso che tenta di conquistare il paese profittando delle divisioni interne e interarabe”.

– Cosa succederebbe se la guerra civile libica finisse effettivamente con la vittoria dell’ennesimo uomo forte?
È difficile che Haftar riesca a conquistare con la forza delle armi l’intero paese, specialmente ora che è stato costretto dalla sua relativa debolezza ad accettare l’aiuto dei russi. L’intervento turco in Libia è l’inevitabile conseguenza dell’arrivo dei russi. Haftar sta trasformando la Libia in una seconda Siria, il che significa che non sarà mai il nuovo padrone assoluto del paese, come era il suo predecessore”.

– Su quali aiuti internazionali può contare Haftar?
“Haftar conta sull’aiuto del “partito saudita”, dell’Egitto e della Russia, ma ha ricevuto qualche assistenza anche dalla Francia e ora dalla Grecia (in funzione anti-turca). Alle sue ambizioni formalmente si oppongono le Nazioni Unite (anche se purtroppo alcuni membri permanenti del Consiglio di Sicurezza agiscono in contraddizione con le loro stesse decisioni), naturalmente la Turchia e l’Oman. Gli europei sono teoricamente neutrali, anche se pubblicamente appoggiano l’Onu, ma in realtà sono divisi e confusi. Da che parte stiano gli Stati Uniti non è ancora chiaro, anche se sembrano mollemente opporsi ad Haftar, senza troppo impegno”.

– E’ possibile che ci sia anche lo zampino del partito gheddafiano nell’ascesa del generale?
Il fatto che le milizie che controllano Sirte, terra d’origine della tribù nativa di Gheddafi, abbiano recentemente deciso di farsi comprare da Haftar ha fatto pensare ad una possibile alleanza, in chiave anti europea (considerando gli europei e gli americani come coloro che hanno eliminato il vecchio regime). Sarebbe comunque una strana alleanza, visto che il generale e il colonnello si odiavano, ma abbiamo visto anche di peggio. Tuttavia non sarebbe comunque un’alleanza stabile e mi meraviglierei molto se alcuni degli alleati di Haftar, come ad esempio le milizie di Bengasi, si fossero improvvisamente scordati della crudele repressione tentata dal figlio di Gheddafi in quella città, quando era in ballo la sopravvivenza del vecchio regime.

– Lo scontro finale della guerra libica potrebbe essere Haftar-Erdogan?
Erdogan non si oppone tanto ad Haftar quanto a Putin, all’Egitto e all’Arabia Saudita. Se veramente andiamo verso una situazione “siriana”, non dovremmo aspettarci uno scontro finale, ma una divisione della Libia in zone di influenza eterodirette. Haftar in realtà non sembra volere questo,anche perché è perfettamente consapevole del fatto che in tal caso avrebbe a stento il potere del due di briscola. Ma allo stesso tempo non ha una forza all’altezza delle sue ambizioni. Non sembra ancora essere capace di risolvere questa sua contraddizione. Il che probabilmente spiega perché è così restio ad accettare qualsivoglia compromesso. Ma prima o poi dovrà fare i conti con la realtà”.