di Ciro Maddaloni * –
La notizia in Italia è passata sottotono, non ha avuto né l’onore delle prime pagine dei giornali e neanche i “titoli di coda” dei vari telegiornali. Eppure la notizia è molto importante per la sicurezza del nostro pianeta. Il 16 gennaio scorso l’Iran ha lanciato un attacco missilistico nella provincia pakistana del Baluchistan dove, secondo gli iraniani, si trovano le basi del gruppo militante Jaish al-Adl (ossia l’Esercito della Giustizia), un’organizzazione militante sunnita separatista che opera principalmente nel sud-est dell’Iran, nella città di confine di Panjgur, nel Baluchistan.
Gli iraniani hanno dichiarato di aver colpito in Pakistan due roccaforti del gruppo di insorti anti-Iran.
Questa notizia è stata riportata dai media statali iraniani ed ha suscitato, com’era ovvio, una dura condanna da parte del governo di Islamabad.
L’attacco iraniano in Baluchistan, Pakistan, non è un atto isolato. Le relazioni tra Iran e Pakistan sono state generalmente pacifiche, ma le “scaramucce di confine” tra le due parti sono sempre esistite. Questa volta il Pakistan ha reagito in modo deciso ed ha annunciato l’attacco ritorsivo all’Iran.
Il Pakistan, infatti, colto di sorpresa, ha risposto all’attacco da parte degli iraniani, bombardando, non solo con missili, ma anche con jet da combattimento i territori iraniani del Baluchistan.
I pakistani hanno affermato di aver preso di mira i covi degli insorti etno-nazionalisti anti-pakistani che operano dal territorio iraniano.
In contemporanea all’attacco in Pakistan, l’Iran ha effettuato anche nuovi attacchi in Iraq e Siria nelle aree dove si presume siano presenti i gruppi terroristici. Sono i gruppi terroristici che hanno rivendicato il doppio attentato di Kerman del 3 gennaio in Iran, che ha causato 89 vittime civili, fra le quali 54 donne e 10 bambini sotto i 10 anni di età.
Nell’escalation della tensione tra Iran e Israele, gli iraniani non avevano esitato in un primo momento ad accusare Israele per questi attentati, ma sono stati smentiti dalle rivendicazioni di Al Qaeda.
Dalla rivoluzione iraniana del 1979, i legami tra Iran e Pakistan sono stati funzionali e, in alcuni periodi, calorosi, ma in definitiva non particolarmente forti.
Se gli scambi interpersonali tra Iran e Pakistan sono il punto di forza della relazione, da entrambe le parti si sono manifestati rancori politici nei confronti dell’altro. Il regime teocratico sciita iraniano, ad esempio, si sente ideologicamente in disaccordo con il Pakistan a maggioranza sunnita. Anche la leadership pakistana ha talvolta visto le relazioni attraverso una lente settaria, sebbene la rilevanza della frattura sia molto meno acuta rispetto ai legami dell’Iran con i Paesi della regione del Golfo Persico, poiché il Pakistan ha una consistente minoranza sciita.
L’Iran ha avuto una percezione negativa del Pakistan anche a causa delle sue forti relazioni con le forze geopolitiche che si oppongono all’Iran: gli Stati Uniti e le potenze del Golfo, in particolare gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita.
Il Pakistan ha sempre visto l’Iran come un vicino difficile e poco utile a causa del suo status di paria in Occidente e per le relazioni intrattenute dall’Iran con l’India, l’arci rivale del Pakistan. Inoltre, i leader pakistani hanno sempre sospettato che l’Iran sostenesse e fornisse rifugio a gruppi etno-nazionalisti anti-pakistani.
Ci sono altre due possibilità per spiegare perché l’Iran abbia preso di mira il Pakistan. In primo luogo, è possibile che l’Iran stia cercando di ampliare il conflitto regionale in corso e abbia deciso di coinvolgere il Pakistan.
Se questo è il motivo che spinge l’Iran, potremmo vedere più azioni iraniane in Pakistan. In secondo luogo, l’Iran potrebbe cercare di costringere i Paesi della regione, tra cui il Pakistan, a riconsiderare il loro preesistente allineamento con gli Stati Uniti e a non offrire ulteriore aiuto che potrebbe consentire agli Stati Uniti di contrastare l’Iran o i suoi proxy nella regione.
Nella “pentola a pressione” dell’area Medio Orientale, questa nuova e virulenta escalation delle ostilità militari tra i due Paesi confinanti vanno ad aggravare ulteriormente il momento di maggiore tensione che già si vive nell’area.
Le milizie sostenute dall’Iran e che operano in Iraq compiono attacchi quasi quotidiani alle basi delle forze statunitensi dislocate in Iraq e Siria.
L’escalation nel Mar Rosso da parte degli Houthi, altra entità sostenuta dall’Iran, si manifesta sempre più spudoratamente con i suoi tentativi velleitari di attaccare le navi in transito nello stretto di Bab el-Mandeb, largo solo 20 miglia nautiche, che costituisce l’unica possibilità di ingresso nel Mar Rosso dal Golfo di Aden e dall’Oceano Indiano, per poter giungere al Canale di Suez.
I Paesi europei come Italia, Germania, Francia e Spagna hanno un interesse strategico nel golfo di Aden e nello stretto di Bab el-Mandeb per il transito delle rotte commerciali dal Medio Oriente e dall’Asia verso l’Europa; e proprio per questo è auspicabile un impegno diretto da parte dei paesi dell’Unione europea per garantire il diritto internazionale della navigazione.
L’Europa non si può permettere di mancare questa timida ripresa economica per le ambizioni regionali dell’Iran e dei suoi “proxy states”. Le motivazioni iraniane per tale gesto rimangono difficili da comprendere, nella speranza che anche il Pakistan e gli altri paesi mediorientali si chiedano cosa abbia spinto l’Iran a compiere un passo così radicale di escalation della tensione e che siano conseguenti nell’isolare questo folle tentativo di destabilizzazione profonda del Medio Oriente.
* Esperto di eGovernment internazionale.
Articolo in mediapartnership con Giornale Diplomatico.