IRAQ. Ed ora tutti in fila per la ricostruzione. Che vale 500 miliardi di dollari.

di Enrico Oliari –

La missione ‘di pace’ voluta in primis dagli USA contro l’Iraq di Saddam Hussein, porta oggi alla luce un nuovo filone d’oro, una manna per gli affaristi occidentali e non solo in un’epoca di crisi qual è l’attuale. D’altro canto, solo gli sprovveduti ed i malinconici dell’alzabandiera hanno potuto credere che nel Paese di Saddam vi potessero essere realmente armi di distruzione di massa, ma tant’è fin dal 20 marzo 2003, anno di inizio del Secondo conflitto iracheno, c’è chi si sfrega le mani.
Poco importa se sull’altro piatto della bilancia vi è il quasi milione e mezzo di civili che in 8 anni di ‘importazione della pace e della democrazia’ hanno perso la vita, cosa che segnerà per sempre la storia e quindi la stabilità sociale della popolazione: l’Iraq è stato e continua ad essere la gallina dalle uova d’oro per eccellenza, sia per chi sulla guerra ci campa, con la produzione di armi, equipaggiamenti e relativo indotto, sia per chi pensa al petrolio, risorsa di cui l’Iraq è ricco, sia per chi, più seraficamente, si dedica alla ‘fase della ricostruzione’.
E’ infatti notizia di oggi che grandi banche di investimento del calibro della Morgan Stanley, della Goldman Sachs, della HSBC, della Citigroup e della BNP Paribas si stanno muovendo per garantirsi un ruolo di primo piano nella ricostruzione economica e finanziaria del Paese.
Più diretto è il Financial Times, che sulle pagine di oggi si spinge a parlare di ‘territori economicamente vergini’ per di più garantiti dall’enorme quantità di petrolio che si trova nel sottosuolo iracheno, mentre l’intermediatore Shwan Taha, intervistato per il medesimo giornale, ha confermato il viavai di stranieri in doppiopetto lungo le strade di Bagdad.
Solo la ricostruzione degli edifici e delle infrastrutture dovrebbe far girare investimenti per 500 miliardi di dollari, cifra che fa dimenticare ai rampanti affaristi di mezzo mondo la situazione di insicurezza che permane nel paese.
“Ci vorrà molta pazienza prima di vedere i risultati – ha confidato un banchiere al Financial Times – ma ci sono già diverse transazioni in fase di realizzazione che sembrano stiano andando avanti”.