La difficile tregua in Siria e la diffidenza di Erdogan

di Niclas Benni –

Le numerose denuncie di violazione della tregua da parte del regime del dittatore siriano Bashar al-Assad arrivano in un momento estremamente delicato per l’equilibrio della politica mediorientale: si apre infatti oggi a Istanbul il secondo incontro bilaterale tra Iran e paesi del Gruppo 5+1, dedicato alla politica nucleare iraniana. Un evento in cui le tensioni politiche legate al conflitto siriano giocheranno sicuramente un ruolo fondamentale.

Possiamo dire che in generale il cessate il fuoco sta ancora tenendo, anche se è stato violato in diverse aree“. Queste le parole del direttore dell‘Osservatorio siriano dei diritti umani, Rami Abdul-Rahman,  dopo che è stata confermata ieri la notizia della morte di tre manifestanti in Siria per mano delle truppe del regime di Bashar al-Assad, nonostante il cessate il fuoco dichiarato appena un giorno prima. La tregua, entrata in vigore alle sei di mattina di giovedì, rappresenta uno dei principali elementi del piano in sei punti sviluppato da Kofi Annan, inviato dell‘ONU e della Lega Araba per la risoluzione del conflitto siriano, un piano elaborato in collaborazione con esponenti del governo di Assad.
Il piano di Annan prevede che il regime di Assad permetta l’arrivo di aiuti umanitari nelle zone in conflitto del Paese, che garantisca l’ingresso di giornalisti stranieri nel territorio siriano, e che interrompa la repressione delle manifestazioni anti-governative. Inoltre, è previsto che le forze di Assad e i ribelli comincino le trattative per ristabilire la pace, ma non è ancora chiaro con quale meccanismo questo debba accadere e chi debba entrare a farne parte. Il Consiglio Nazionale Siriano, autorità politica nata in seguito alle sommosse e guidato in gran parte da esuli siriani, ha definito “insufficiente” il piano.“Il piano Annan non ha portato a nessuna soluzione, non è riuscito a fermare la violenza in Siria. E tra una conferenza internazionale e l’altra, migliaia di persone fuggono o vengono uccise” ha affermato George Chacan, rappresentante del Consiglio Nazionale Siriano a Bruxelles.
I rapporti di violazione della tregua da parte del regime siriano giungono in un momento estremamente delicato per l‘equilibrio politico in Medio Oriente: si apre infatti oggi, a Istanbul, il secondo incontro bilaterale tra i paesi del gruppo 5+1 e l’Iran, dedicato al programma nucleare di Teheran. Sull’incontro pesano le recenti tensioni politiche tra Turchia e Iran sulla questione siriana, all’ombra di un gioco di potere tra i due Stati per ottenere una maggiore influenza politica sul Medio Oriente.
La divergenza di vedute tra Iran e Turchia era già divenuta evidente il mese scorso, in seguito alla visita di Erdogan a Teheran. La Turchia, paese a maggioranza sunnita come l’Arabia Saudita, è profondamente irritata dalle azioni del regime di Assad e dal flusso costante di profughi siriani nel suo territorio, mentre l’Iran, grande alleato del regime di Assad, ha denunciato “l’evidente mano americana e israeliana nei disordini in Siria”. Per quanto riguarda le relazioni tra Iran e Turchia, bisogna ricordare che la guida spirituale iraniana Ali Khamenei non vede di buon occhio l’eccessivo peso politico della Turchia in Medio Oriente, e ha aspramente criticato l’opera di destabilizzazione politica attuata della Turchia e altri paesi sunniti contro il governo dello sciita Nouri al Maliki in Iraq.
Il premier Erdogan ha messo in dubbio la capacità del regime di Bashar al-Assad di rispettare il cessate il fuoco iniziato giovedì.  I fatti sembrano dargli ragione:  oltre ai casi riportati ieri, attivisti dell’opposizione siriana hanno denunciato giovedì l’uccisione di un uomo da parte dei soldati di Assad ad un checkpoint nei pressi di Hama, e la morte di due dimostranti nella città di Idlib dopo che i militari siriani hanno fatto fuoco sulla folla. Si tratta comunque di una drastica riduzione della violenza in atto nel paese, se si considera che soltanto mercoledì 47 attivisti siriani (tra cui sette soldati disertori e due bambini) sono stati uccisi dalle forze di Assad.
Venerdì scorso Erdogan aveva chiesto che degli osservatori ONU fossero inviati per appurare di persona la crisi dei rifugiati siriani che si stava sviluppando al confine tra i due Stati. Secondo il Ministro degli Esteri turco Davotuglu  più di 25000 Siriani hanno attraversato il confine turco dall‘inizio del conflitto, di cui 2500 solo la settimana scorsa.
Il governo turco non ha neanche escluso la possibilità di invocare, in nome della sicurezza nazionale, l’articolo 5 del Trattato NATO per la tutela dei confini. L’annuncio di Erdogan era arrivato in seguito ad un attacco dell’esercito di Damasco contro un campo profughi siriano in territorio turco. L‘articolo 5 afferma che un attacco armato contro uno Stato appartenente alla NATO deve essere considerato come un attacco rivolto agli Stati NATO nella loro totalità, e pertanto ognuno di essi deve assistere la parte attaccata con ogni azione che ritiene necessaria, incluso l’utilizzo della forza armata “La NATO ha la responsabilità di proteggere i confini della Turchia” ha affermato Erdogan durante una visita a Ryad, a cui la portavoce NATO Carmen Romero ha replicato: “la NATO si assume le proprie responsabilità in modo molto serio. Siamo profondamente preoccupati dagli eventi in Siria, in particolare dei recenti episodi al confine con la Turchia, nostro alleato”.
In definitiva, quindi, i prossimi giorni si riveleranno fondamentali per appurare l’onestà d’intenti del regime di Assad nell’applicazione della tregua, e la riuscita del piano di Annan. Lo stesso Annan ha annunciato ieri l’imminente l’invio di una prima squadra di osservatori ONU  per monitorare la stabilità del cessate il fuoco. La missione sarà composta da circa dieci-dodici persone e sarà pronta a partire non appena  il Consiglio di Sicurezza Onu avrà approvato la risoluzione necessaria. Se la tregua reggerà, si prevede l’invio di un totale di circa 200-250 osservatori sul territorio.