La droga come introito per lo Stato. Ci sono nazioni che ci credono

di C.Alessandro Mauceri –

messico drogaL’economia è in crisi, anzi, pare che alla fine anche i politici abbiano capito che non si tratta di una semplice “inflazione”, ma di “deflazione”. L’inflazione cala, ma i consumi invece di aumentare diminuiscono anche loro.
Eppure c’è un prodotto i cui consumi, almeno stando ai dati disponibili, non diminuiscono. Anzi pare che siano addirittura in aumento. È il consumo di droghe e, in particolare, di droghe leggere come la cannabis. Una droga un tempo associata a gruppi sociali estremi e ora, invece, diventata quasi di “uso comune”. A dirlo sono i dati dell’osservatorio Europeo delle droghe e delle tossicodipendenze: la percentuale di popolazione fra i 15 e i 64 anni che ne fa uso, è ben al di sopra del 4 per cento. In Europa spiccano i dati di Spagna, Francia, Repubblica Ceca e Polonia, dove risultano valori medi al di sopra del 12 per cento. E la situazione peggiora se si considerano i consumatori occasionali: in questo caso il consumo cresce fino al 21,7 per cento. Moda, certo, ma anche nuovi strumenti di marketing: secondo i dati dell’Osservatorio Europeo di Lisbona, il numero dei siti che offrono sostanze o ne promuovono l’uso, sarebbe passato da circa 200.000 nel 2008 a oltre 800.000 nel 2013 (dato sottostimato, come detto dagli stessi ricercatori).
Un mercato in crescita, che molte amministrazioni pubbliche a caccia di soldi per coprire la voragine del debito pubblico, non vogliono lasciarsi sfuggire. E se alcuni, come l’Italia del governo Renzi, hanno cercato di celare la cosa dietro il paravento della ricerca scientifica o dell’utilizzo dei derivati del papavero da oppio per scopi terapeutici, altri non si sono nascosti dietro alcuna scusa e hanno dichiarato apertamente di volere entrare sul mercato delle droghe leggere.
A livello mondiale, secondo i dati del World Health Organization, in testa tra i Paesi in cui si è fatto uso almeno una volta di cannabis, in testa ci sono gli Usa. E proprio negli Usa si sta assistendo in questi giorni ad una “ondata di legalizzazione” delle droghe leggere: Maine, Vermont, Montana, Colorado, California, Nevada Washington, Oregon, New Jersey, Rhode Island, Michigan, New Mexico, Alaska e Hawaii consentono l’uso medico della marjuana, compresa la cura dell’insonnia, ma altri Stati come Colorado e Washington prevedono l’uso per scopo “ricreativo” (questa promessa anche durante le ultime elezioni di medio termine per accaparrarsi voti; è stata utilizzata ad esempio da David Catania, indipendente con un passato da repubblicano in corsa per il seggio e dichiaratamente a favore della legalizzazione della marijuana). A giorni si terranno i referendum per una maggiore liberalizzazione in altri Stati come California, Alaska ed altri.
E come è avvenuto per l’Italia, nessuno scudo moralista: vendere droga per le pubbliche amministrazioni è un grande affare. Uno studio del Medical Marijuana Business Daily prevede che alla fine del 2018 il mercato Usa della cannabis, grazie ai prossimi referendum, arriverà a sforare i 6 miliardi di dollari solo negli Usa. È questa la vera causa scatenante dell’”ondata di legalizzazione” delle droghe leggere.
Il problema è che, purtroppo, come spesso è accaduto, molti Paesi europei, e tra questi l’Italia, hanno l’abitudine di prendere come esempio il modo di fare degli Stati Uniti e copiano misure per l’economia che non tengono in alcun conto la salute dei cittadini e i problemi sociali che potrebbero derivare: è stato così per molte scelte finanziarie è stato così per la diffusione del consumo di droghe e per l’alcool. E c’è il rischio che sia così anche per le droghe leggere. E a chi parla di rischio sociale i fautori della statalizzazione delle droghe rispondono con i numeri. Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, il fumo uccide nel mondo circa sei milioni di persone ogni anno, e per l’Istituto superiore di Sanità solo in Italia, negli ultimi 12 mesi, sono morte a causa dell’alcol più di 30 mila persone. Il numero dei decessi causati da overdose da eroina e oppiacei è meno di un trentesimo di questi; la cannabis, poi, non è nemmeno citata tra le sostanze letali.
Quindi, se uno Stato può consentire l’uso del tabacco e dell’alcool, perché non dovrebbe consentire l’uso di droghe?
Il fatto è che le droghe possono dare assuefazione non solo a chi le consuma ma anche ai Paesi che, dopo adeguata tassazione, le vendono, sperando, in questo modo, di far sentire meglio le casse pubbliche, e di nascondere almeno per un momento la gravità del danno che tale consumo produce dal punto di vista sociale e sanitario.