La nave saudita con le armi per lo Yemen: la balla della “guerra al terrorismo”

Cannoni e bombe acquistate dagli Emirati Arabi Uniti e dall’Arabia Saudita. L’ipocrisia di Macron.

di Enrico Oliari

Sta diventando un’odissea il viaggio della nave saudita Bahri Yanbu, la quale sarebbe al centro di uno dei tanti traffici di armi degli Emirati Arabi Uniti e dell’Arabia Saudita: stando a numerose organizzazioni pacifiste europee, la Bahri Yanbu avrebbe caricato armi in Spagna e Francia, tra cui 8 potenti cannoni Caesar, ed è attesa a Genova per lunedì. Tuttavia in Italia i portuali, sostenuti da Amnesty International, hanno già fatto sapere l’intenzione bloccare l’imbarco dirmi dirette allo Yemen, anche perché la legge 185 del 1990 vieta esplicitamente di fornire armi a paesi in guerra.
Dopo aver caricato armi in Spagna, la nave è stata respinta a Le Havre, per quanto fonti ufficiali avessero comunicato alle agenzie di stampa del trasporto di “armi non letali destinate a una parata militare negli Emirati Arabi e munizioni per cannoni dirette ai sauditi ma in regola con le normative internazionali”.
Sarà, ma il giornale on line Disclose ha pubblicato un proprio reportage rifacendosi a fonti vicine ai servizi segreti in cui afferma che sulla nave ci sono armi anche pesanti dirette al conflitto yemenita, uno dei più sanguinosi in corso al momento.
Messo sotto pressione dalla stampa, il presidente francese Emmanuel Macron ha dovuto ammettere che la Francia non ha mai smesso di fornire armi ai sauditi ed agli emiratini, poiché “Sono Paesi alleati nella lotta al terrorismo (…) ed abbiamo garanzie che le armi non vengono usate contro civili”.
Ovviamente tale dichiarazione è di circostanza, dal momento che quella del terrorismo è una scusante a cui pochissimi sono disposti ormai a crederci, tanto che vi ricorre persino Khalifa Haftar (altro gran rifornito di armi dagli Eau e dall’Arabia Saudita) in Libia per giustificare il suo attacco al governo riconosciuto dall’Onu; ma soprattutto è palesemente falsa, dal momento che il conflitto dello Yemen vede soprattutto vittime civili. Lo ha denunciato in più occasioni l’Onu, dal quale si apprende che “in media, nel 2018, quasi 100 civili sono morti o rimasti feriti ogni settimana“, e che le vittime sono ormai complessivamente 10mila, di cui la maggioranza civili. In più occasioni le bombe fornite dai sauditi e dagli emiratini, prodotte ed acquistate anche in Europa, hanno centrato persino banchetti nuziali e scuole, sempre con la scusante della “guerra al terrorismo” tanto cara a Macron.
La guerra nello Yemen ha preso il via nel gennaio 2015 a seguito del golpe degli houthi (sciiti), dietro al quale vi sarebbe l’Iran, che però nega: per mesi i ribelli avevano chiesto invano alcuni riconoscimenti come l’inserimento di 20mila appartenenti alla minoranza sciita nelle forze armate governative, l’assegnazione di 10 ministeri e l’inclusione nella regione di Azal, di Hajja e dei governatorati di al-Jaw. L’intervento della coalizione a guida saudita e che vede coinvolti Egitto, Sudan, Giordania, Marocco, Bahrain, Qatar e Emirati Arabi Uniti, ha permesso la ripresa di una parte dei territori, in particolare del governatorato di Aden, roccaforte del presidente Abd Rabbo Mansour Hadi, mente la capitale e la zona dei principali impianti petroliferi resta saldamente in mano ai ribelli sciiti, che sostenevano l’ex presidente Ali Abdallah Saleh, ucciso da loro stessi dopo che aveva cercato un compromesso con i sauditi.
Intanto prosegue il viaggio della Bahri Yanbu: “fin che c’è guerra c’è speranza”, diceva Alberto Sordi in un film di Steno del 1974.