L’ammiraglio Bisceglia, ‘Europa, cooperazione per costruire una difesa comune’

'Spese militari importanti perché incentivano lo sviluppo tecnologico'.

a cura di Gianluca Vivacqua

Un ECE (Esercito Comune Europeo)? Il fatidico dado sembra essere stato tratto il giorno dell’Annunciazione di quest’anno, allorché il Consiglio europeo ha varato un piano speciale, denominato Bussola Strategica, che crea (seriamente) le condizioni per imprimere un’accelerazione a una politica di difesa di respiro continentale. Si comincerebbe con le missioni civili per poi, in capo a tre anni, avere delle unità blustellate pronte per scenari marziali veri e propri. Ma ciò che, sulla carta, appare come un percorso già delineato, nel concreto si complica a causa dei tanti passaggi ancora da perfezionare, a livello di coordinamento tra Stati. Di ciò ha chiara consapevolezza l’ammiraglio Matteo Bisceglia, dal 2019 direttore dell’Occar, l’Organizzazione internazionale per la cooperazione in materia di armamenti.

– Ammiraglio, nella pratica come si organizza una difesa comune europea? Da cosa si comincia?
“Ritengo che la definizione di requisiti comuni (operativi, formativi, addestrativi, interoperabilità, etc.) rappresenti le fondamenta di una difesa comune europea.
Ciò rappresenta un punto di partenza per l’avvio di programmi cooperativi destinati a dotare l’Europa con assetti capacitivi attraverso tutti i domini della difesa. Un ambiziosissimo obiettivo che non può prescindere dalla condivisione di “know-how” a livello industriale per ridurre, se non eliminare, gap tecnologici che costringono alcune Nazioni all’approvvigionamento di sistemi “off the shelf”, riducendo le possibilità di collaborazioni.
Tale situazione non favorisce un omogeneo sviluppo tecnologico e industriale a livello europeo, con conseguente inefficacia degli investimenti, indebolimento complessivo della compagine industriale in confronto a grandi colossi oltreoceano, minando la ricercata autonomia europea nonché la capacità di concorrere in contesti internazionali”.

Nello specifico che ruolo può avere l’ Occar nel processo di costituzione di un esercito unico continentale?
” Occar non ha e non può avere un ruolo diretto nel processo di costituzione di un esercito unico. Tuttavia, facendo leva sull’esperienza maturata nel corso di più di venti anni nella gestione di programmi di armamento, Occar può certamente svolgere un ruolo catalizzatore nel settore della difesa, rendendo disponibile un “contesto” in cui incentivare il confronto e lo scambio tra Stati e Industrie, promuovendo cooperazione.
Parimenti, è indubbio che gli Stati rivestano un ruolo dominante in questo processo in quanto in essi è riposta la possibilità di decidere sulla definizione di una politica di difesa comune che possa altresì favorire il rilancio di uno spirito europeista”
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– Spesso ci si lamenta che in Italia si destinano troppi fondi alla difesa e all’approvvigionamento/produzione di armi rispetto a quanti se ne stanziano, per esempio, per sanità e istruzione: eppure i dati che lei ha presentato all’Adnkronos, relativi al peso percentuale nel Pil delle spese per la difesa, sembrano andare in controtendenza. Come si spiega?
“La sanità, l’istruzione, così come altre aree richiedono attenzione da parte delle istituzioni ovvero di adeguati investimenti per garantire un idoneo servizio a favore del cittadino. Parimenti, non ritengo condivisibile, per svariate ragioni, l’affermazione che gli Stati stiano investendo troppe risorse nella Difesa.
L’Italia ha l’ambizione di collocarsi tra le Nazioni in grado di sostenere quel salto necessario per colmare il gap tecnologico tra l’Europa e le maggiori potenze oltreoceano.
Un ambizioso obiettivo che richiede necessariamente adeguati investimenti. La Francia stanzia annualmente nella difesa quasi il doppio dell’Italia, la Germania ha recentemente destinato 100 miliardi di Euro alla Difesa per tornare ad essere Nazione leader in questo campo. L’Italia non ha ancora raggiunto pari livello di investimento e dovrà farlo se intende essere competitiva.
E’ opportuno rammentare che una Industria della Difesa competitiva garantisce alla Nazione un ruolo importante sia nella cooperazione che nell’esportazione.
Non ultimo, è opportuno evidenziare che gli investimenti nella ricerca contribuiscono ad aumentare il capitale tecnologico che si riverbera anche in settori prettamente civili.
La spesa militare ha dunque un ritorno in termini know-how scientifico che arricchisce l’intera comunità, in quanto i sistemi d’arma sono l’espressione delle più avanzate soluzioni tecnologiche che possono trovare efficaci applicazioni anche nel settore civile, con conseguente ritorno a favore di tutta la popolazione”
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