Libano. Per uscire dal caos servono progetti chiari e indipendenza

Intervista ad uno dei leader del movimento 17 Ottobre 2019, Itani Tarek.

a cura di Saber Yakoubi

Il Libano è un paese in default, sempre più indebitato con gli organismi internazionali e in perenne crisi politica. A farne le spese è la gente comune, costretta ad un estenuante caro vita e ad un alto tasso di disoccupazione giovanile; la corruzione è a livelli stratosferici, il paese è sostanzialmente in mano ad attori internazionali che di fatto se lo sono spartito sotto il profilo amministrativo, anche grazie ad una Costituzione che vede le principali cariche pubbliche, quella di presidente della Repubblica, di presidente del parlamento e di premier, suddivise ermeticamente fra cristiani, musulmani sciiti e musulmani sunniti.
Della difficile situazione in cui versa il Libano ne abbiamo parlato con Itani Tarek uno dei leader del movimento popolare creato il 17 Ottobre 2019 a seguito di una rivolta popolare dovuta ai gravi problemi politici ed economici.

– La corruzione e l’ingerenza di altri paesi dell’aria sono gli ingredienti principali della crisi libanese. Cosa ne pensa?
“L’aggravarsi della crisi nel Paese è dovuta a diversi fattori sia esterni che interni, e limitare il deterioramento dall’estero significa contrapporsi al potere. Non c’è dubbio che portare il Libano alla politica delle alleanze abbia influito negativamente sulle sue relazioni internazionali, ma il problema più grande resta nelle suddivisioni interne delle “sette” religiose e nell’uso della politica per guadagni personali e famigliari a spese della gente comune”.

– Arabia Saudita e Iran: come vede questa forte presenza in Libano?
“Il conflitto saudita-iraniano non si sarebbe radicato nell’interno libanese se non fosse stato per il “dovere di lealtà” offerto dai leader. E’ quindi necessario cambiare l’intera classe politica, aspirando a tornare alla logica dello Stato prima di tutto, dove questi due paesi trattano con il Libano sulla base delle leggi che regolano le relazioni internazionali. Non dobbiamo chiedere aiuti all’estero, i progetti per il Libano devono essere realizzati dalle autorità legislative ed esecutive rappresentate dal parlamento e dal governo. Oggi gli aiuti, cioè i prestiti che arrivano in particolare da Iran e Arabia Saudita servono per comprare la fedeltà, anche religiosa, dei politici, che poi si intascano i soldi”.

– Anche la Francia ha una forte presenza in Libano e sostiene il presidente cristiano, cioè pur sempre un appoggio di carattere religioso. Come vede il ruolo della Francia?
La Francia deve andare oltre la logica del “mandato” o tutela sul Libano, quindi non si discosta dal ruolo iraniano o saudita nel momento in cui lancia iniziative per proteggere la “posizione cristiana”. Col nostro movimento andiamo ripetendo in continuazione che i paesi dovrebbero trattare con il Libano come uno stato sovrano e indipendente, non come un insieme di tribù di cui spartire la fedeltà”.

– Ritiene quindi che il Libano necessiti di un’amministrazione basata su programmi politici ed economici, invece che sulle fedeltà religiose?
“Non c’è dubbio che il Paese abbia bisogno dell’unità del popolo attorno a un programma politico neutrale e debba lasciare la logica della divisione e della subordinazione ai vari leader. Servono progetti politici che facciano avanzare il Paese a breve e lungo termine per consolidare uno stato libero e autonomo a tutti i livelli. Dal 18 ottobre 2019 ad oggi la gente nella sua maggioranza è alla ricerca di un’alternativa capace di proporre progetti reali che non si limitino alle sette e gruppi, ma a beneficio di tutti, comprese le elezioni dei sindacati, delle università e di altri.

– Come vede il futuro? Dopo tanti cambi di governo, ritiene il premier Najib Mikati l’uomo giusto?
Il cambiamento è iniziato, fermarlo è impossibile. Senza dubbio ne vedremo l’efficacia in occasione delle elezioni parlamentari, perché la democrazia rappresentativa sarà una svolta. Mikati è un magnate del sistema che ne ha beneficiato per decenni. Ha partecipato allo smantellamento delle istituzioni statali ed è sospettato di essere coinvolto in affari non chiari. Non potrà aggiustare nulla se formerà un governo con i vecchi metodi, cioè senza obiettivi e senza progetti chiari. Perché la riforma abbia inizio, non c’è alternativa al governo che chiediamo”.