Libia. Palermo 2018: quali aspettative? Ne parliamo con Seham Sergewa (HoR)

a cura di Vanessa Tomassini –

PALERMO. In una Palermo quasi blindata ha inizio questa mattina la Conferenza per e con la Libia, organizzata dal governo italiano. Quattro le delegazioni che si incontrano a Villa Igea, quella del Consiglio Presidenziale di Fayez al-Serraj, della Camera dei Rappresentanti guidata da Aguila Saleh Issa, dell’Alto Consiglio di Stato di Khaled al Meshri, ed infine quella del maresciallo Khalifa Haftar, la cui partecipazione è stata dubbia fino all’ultimo momento. Alle 11.00 hanno preso il via le discussioni legate all’economia, alle 14.00 il tavolo più importante cioè quello della sicurezza, ed alle 18.45 il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte ha ricevuto i capi di stato e le delegazioni straniere. A Palermo tra i tanti il presidente Egiziano Abdulfatah al-Sisi, il ministro degli Esteri francese e quello russo.

Abbiamo incontrato Seham Sergewa, rappresentante della commissione Diritti Umani della Camera dei Rappresentanti, il parlamento libico con base a Tobruk.

– Dottoressa Sergewa, grazie per aver accettato questo invito. Cosa vi aspettate da questa conferenza?
Innanzitutto vorrei ringraziare il governo italiano per l’aiuto al popolo libico e per questa conferenza che riunisce la Comunità internazionale per la Libia. Sono molto ottimista, credo che la Camera dei Rappresentanti e l’Alto Consiglio di Stato possano raggiungere un accordo per formare un solo governo unito in Libia, spero inoltre che questa conferenza possa tracciare le linee guida per affrontare le sfide economiche e di sicurezza, per lavorare verso l’unificazione dell’esercito e trovare una soluzione al problema delle milizie in Libia, cercando di formulare un programma comune. Questo è quello che mi aspetto”.

– Oggi erano in programma due incontri: sicurezza ed economia. Per quanto concerne la sicurezza quali sono i maggiori problemi che la Libia si trova ad affrontare in questo momento?
Le maggiori sfide che la Libia deve affrontare sono l’immigrazione illegale e la criminalità che derivano dalla mancanza di controllo dei confini, nel sud ad esempio abbiamo molti gruppi armati anche provenienti da paesi stranieri che lavorano nel traffico di esseri umani, nel contrabbando di droghe, inoltre abbiamo i gruppi armati a Tripoli e in altre città della Libia, che esercitano pressione sul governo per ottenere posti rilevanti all’interno delle istituzioni, nei luoghi vitali come gli aeroporti ed altri luoghi dove trattano con le persone. Questi problemi stanno distruggendo la nostra economia e devono essere affrontati il prima possibile, sostituendo questi gruppi con la polizia e le forze di sicurezza legittime”.

– Crede che il governo italiano possa aiutarvi in termini logistici e di formazione del personale?
La collaborazione tra Italia e Libia è ben nota, abbiamo visto diverse collaborazioni con l’Italia negli ultimi 40 anni. L’Italia sta aiutando la Libia a fermare l’immigrazione illegale, ad esempio il trattato firmato con il presidente Fayez al-Serraj è sicuramente uno step positivo, ma come cittadina libica e come membro del parlamento io mi chiedo quali benefici ne traiamo noi. Fermiamo i migranti in Libia, ma quali sono i benefici per il popolo libico? Se noi aiutiamo l’Europa a proteggere i suoi confini, noi dovremmo ricevere aiuto per costruire nuove infrastrutture, per migliorare l’educazione, il sistema scolastico, aiutare la Libia nel formare ed educare le nuove generazioni e facilitare anche il rilascio dei visti per i cittadini libici. Dovremmo avere dei benefici per ciò che facciamo, ma io come membro del parlamento non li vedo. Questo è ciò che vorremmo vedere nel prossimo futuro, l’applicazione di questi trattati già firmati da Serraj. Inoltre, come membro della commissione per i Diritti Umani abbiamo bisogno di aiuto per migliorare le condizioni dei migranti clandestini che vengono fermati, creando posti migliori per loro perché la Libia non ha abbastanza risorse”.