Libia. Conferenza di Palermo: facciamo il punto con il ministro dell’Interno Fathi Pashagha

a cura di Vanessa Tomassini

PALERMO. A margine della Conferenza per la Libia abbiamo incontrato il nuovo ministro dell’Interno del Governo di Accordo Nazionale, Fathi Pashagha, per fare il punto sulla due giorni organizzata dal governo Italiano il 12 e 13 novembre a Palermo e comprendere meglio quali sono i progressi raggiunti.

– Signor Ministro, che cosa è risultato dalla Conferenza di Palermo e quali sono le sfide che dovrà affrontare quando tornerà a Tripoli?
“La conferenza di Palermo è stata sicuramente positiva per alcuni aspetti e negativa per altri. In qualità di ministro dell’Interno, credo che sia stata estremamente positiva a livello logistico per riuscire a stabilire la sicurezza a Tripoli ed in altre città, a livello politico invece non ci interessa particolarmente in quanto il conflitto politico crediamo non abbia radici profonde in Libia bensì a livello internazionale tra le varie potenze, Francia, Italia, Inghilterra, America, ecc. Ciò che è importante per noi del Ministero dell’Interno e per il Governo di al-Wefaq (Governo di Accordo Nazionale ndr) è stabilire la pace a Tripoli, per questo abbiamo un forte bisogno del supporto italiano per riuscire ad assicurare il controllo della capitale, del nord e del sud della Libia. Anche per quanto concerne il fascicolo economico abbiamo tanto lavoro da fare per sviluppare il Paese. È positivo soprattutto che, durante la conferenza di Palermo, la comunità internazionale e le Nazioni Unite hanno confermato il loro supporto al Governo di al-Wefaq, hanno apprezzato il lavoro che è stato fatto ed hanno espresso il desiderio di collaborare con noi per formare, migliorare e rafforzare le capacità delle autorità di sicurezza libiche. Questo è importantissimo”.

– Abbiamo visto che dopo l’esplosione della violenza nella capitale, è stato raggiunto a Zawiya, con la facilitazione delle Nazioni Unite, un accordo per il cessate il fuoco che prevede lo scioglimento di tutte le milizie. Come state procedendo per sostituire i gruppi armati con le legittime forze di polizia?
“Abbiamo una nuova idea che prevede l’addestramento di tutti i centri, i poliziotti e tutto il personale delle forze di sicurezza che lavorano per il ministero dell’Interno. Ciò darà una grande opportunità a tutti in quanto anche coloro, che in passato non hanno ricevuto un adeguato addestramento, ora potranno avere la giusta formazione. Una volta terminata la formazione, che prevede non solo un addestramento militare ma anche l’apprendimento di nozioni legali, il personale raggiungerà il dipartimento più adatto. Solo chi parteciperà a questo programma potrà fare parte del Ministero, tutti gli altri dovranno cercare un’altra occupazione. Inoltre, abbiamo ideato una proposta economica che monitora quelle che sono le entrate e le uscite del Ministero dell’Interno. Dobbiamo essere corretti e lavorare nel giusto. Infine, c’è un ordine del Governo di Accordo Nazionale che prevede che tutte le armi pesanti vengano portate fuori dalla città e devono restare all’interno delle caserme”.

– Questo è molto importante. Sappiamo che a Tripoli quasi tutti i cittadini possiedono almeno un’arma, come riuscirete in questo intento di disarmo?
“Il primo step, come le stavo dicendo, sarà quello di ritirare tutte le armi pesanti, successivamente lavoreremo per togliere anche quelle leggere, che sono nelle mani dei cittadini. Ci sono molti Paesi, l’Italia in particolare, che stanno offrendo il loro supporto non solo nella formazione del nostro personale, ma anche per procedere con il disarmo. È necessario andare avanti passo dopo passo, partendo dalle armi pesanti per poi giungere al ritiro di quelle leggere”.

– La Libia sta facendo un grande sforzo per arginare il fenomeno dell’immigrazione clandestina, proprio di recente Lei ha incontrato il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, ed il ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Cosa è emerso da questi incontri, ma soprattutto in che modo l’Italia può aiutarvi in questa missione? Quali benefici ne trarrà il popolo libico?
“Abbiamo un grande desiderio di collaborare con l’Italia, esiste già un Trattato di amicizia tra i nostri due Paesi, firmato nel 2008, che affronta questo problema. Abbiamo bisogno di lavorare insieme all’Italia anche economicamente. Una volta che la Libia avrà raggiunto stabilità e sicurezza, la priorità sarà quella dello sviluppo economico e per questo sono fondamentali i rapporti bilaterali con l’Italia e con il resto del mondo. Dopo aver incontrato i ministri dell’Interno e della Difesa, entrambi hanno confermato la loro disponibilità a fornire tutto il supporto di cui abbiamo bisogno per stabilizzare il nostro Paese, in termini economici, di sicurezza e difesa. E’ opportuno sottolineare che la collaborazione tra i nostri paesi andrà in tutte le direzioni, come economia, salute e cultura. Per quanto concerne il fenomeno dell’immigrazione clandestina, siamo d’accordo che non è sufficiente fermare i migranti clandestini nel nord del paese, ma abbiamo grandi progetti da portare avanti con l’Italia e gli altri Stati europei per sviluppare il sud, creando opportunità e nuovi posti di lavoro. Sono diventato ministro dell’Interno circa un mese fa ed il mio primo interesse è risolvere la sfida dell’immigrazione, c’è davvero tanto da fare”.

– Lei ha già fatto moltissimo in così poco tempo e i suoi sforzi le sono stati riconosciuti anche dalla Comunità internazionale. Signor Ministro, so che il tempo è terminato, ma la situazione nel sud della Libia ci sta particolarmente a cuore. I giovani del Fezzan proprio in questi giorni stanno protestando per le difficili condizioni di vita nei pressi del campo petrolifero di Akakus…
“Il sud della Libia soffre di due problemi, il primo è l’ingresso di bande armate e milizie straniere in alcune città come Omran ed el-Gatrun, occupando e creando diversi problemi. Sabha, capoluogo del sud della Libia, soffre della diffusione della criminalità organizzata per via della presenza di bande straniere, responsabili del furto e del traffico di petrolio libico verso Niger, Chad ed altri paesi, ma la nostra preoccupazione più grande è che in questa situazione di caos, Daesh ed altri gruppi terroristici hanno iniziato a muoversi liberamente. Il Fezzan ha bisogno di risposte immediate”.