Lo Porto: Obama medita sui droni. Ma in Pakistan si protesta da anni: 80% di vittime civili

di Guido Keller

Drone lo porto grandeIl caso dell’operatore umanitario italiano Giovanni Lo Porto e dello statunitense Warren Weinstein, la cui uccisione in gennaio è stata confermata da Barak Obama, ha riportato alla ribalta la pericolosità degli attacchi operati dai droni.
Nell’attacco al confine tra Pakistan e Afghanistan sono morti anche due importanti esponenti talebani con cittadinanza statunitense, Ahmed Farouq e Adam Gadhan, ma l’uccisione dei due ostaggi, per quanto imprevista, sta portando la Casa Bianca e gli alleati occidentali a chiedersi l’opportunità di ricorrere a sì pericolose armi da guerra.
Obama, scusandosi, ha spiegato che “il governo americano ha fatto tutto il possibile per localizzare” il cittadino italiano “e portarlo a casa alla sua famiglia” e che “Questa operazione è stata condotta seguendo le linee guida ed era indirizzata a colpire un compound di al-Qaeda per bloccare i terroristi. Crediamo che l’operazione abbia ucciso membri importanti di al-Qaeda, ma non sapevamo che stessero nascondendo lì anche Giovanni. E’ una verità cruenta”.
In realtà circoscrivere la falla dell’alto rischio di errore degli aerei senza pilota alla morte dei due ostaggi occidentali è tecnicamente ed umanamente ingiusto, basti pensare che già nell’ottobre 2012 l’allora ministro dell’Interno di Islamabad, Rehman Malik, aveva affermato sul sito web dell’emittente Geo che “solo il 20%” delle persone uccise nei raid sono militanti filotalebani e terroristi.
Gli attacchi dei droni in Pakistan hanno una cadenza pressoché settimanale, ed in passato sono stati centrati villaggi, scuole e persino banchetti nuziali, solo perché vi era presente questo o quell’esponente di Tarek-e-Taliban.
Sono diverse migliaia le vittime civili per l’impiego di tali armi, e le molte promesse dei politici in campagna elettorale avevano in qualche modo placato la crescente protesta dell’opinione pubblica pakistana, giusto il tempo di arrivare al dopo-voto e ritrovarsi ancora i droni volare nei cieli del paese mediorientale.
Il primo ministro Nawaz Sharif, incontrandosi con Obama, aveva detto che gli “attacchi dei droni sul territorio pakistano devono finire”, anche perché lo stop ai velivoli senza pilota era uno dei punti cardine della sua campagna elettorale: era il 24 ottobre 2013, ma da allora gli attacchi sono continuati come se nulla fosse. Da notare che gli Usa (ma non solo) ricorrono ai droni in diversi teatri critici, dalla Somalia allo Yemen, alla Siria, all’Iraq, per un conto di vittime civili non quantificabile.
Le ultime informazioni che arrivano da Washington danno, dopo la morte di Lo Porto e di Weinstein, un presidente Obama dubbioso sull’utilizzo dei droni, disposto a riesaminarne l’impiego.
Ne ha parlato il Washington Post, il quale ha anche fatto notare che per anni i consiglieri del presidente hanno garantito che errori come quello di oggi non si sarebbero mai verificati. “Quello che è accaduto solleva ulteriori interrogativi su quali ulteriori modifiche siano necessarie nelle linee guida” della strategia antiterrorismo”, ammettono alla Casa Bianca.
Intervenendo in audizione in una Camera semideserta, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha riferito che gli Stati Uniti “hanno confermato che non vi erano informazioni in base alle quali si potesse prevedere che ci fossero i due ostaggi occidentali” nell’edificio colpito nel Punjab, e che l’ultima traccia di Lo Porto risale “allo scorso autunno”, in un’area dove le azioni militari si sono fatte “sempre più frequenti”. “Tali azioni – ha continuato il capo della Farnesina – hanno reso ancora più complessa l’attività di acquisizione” di informazioni sul terreno.
Il merito all’altro ostaggio, Weinstein, la Cnn ha riportato che è stato pagato un riscatto, ma che i talebani non lo hanno liberato alzando la posta e chiedendo il rilascio di prigionieri negli Usa, fra i quali afia Siddiqui, alias “lady al-Qaeda”, che sconta una pena di 86 anni in un carcere del Texas.