Messico. Peña Nieto paragona Donald Trump ad Hitler e Mussolini

di Marco Dell’Aguzzo –

pena nieto enriqueDonald Trump sta continuando ad accumulare vantaggio sui suoi sfidanti alle primarie, e sembra sempre più vicino – salvo sorprese il 15 marzo – ad ottenere la candidatura del Partito Repubblicano per la presidenza degli Stati Uniti d’America.
Principale bersaglio della retorica trumpiana, il Messico ha iniziato seriamente a considerare l’eventualità che questo ricco imprenditore possa succedere a Barack Obama e insediarsi alla Casa Bianca.
In un’intervista rilasciata lunedì al quotidiano messicano “Excélsior”, il presidente Enrique Peña Nieto ha duramente attaccato Trump, accostando la sua ascesa e i suoi discorsi a quelli di Hitler e Mussolini: “È così che Mussolini e Hitler hanno ottenuto il potere”, ha detto. “Hanno approfittato di una situazione, forse di un problema, che l’umanità stava vivendo in quel momento, dopo una crisi economica”. Anche gli ex-presidenti Vicente Fox (2000-2006) e Felipe Calderón (2006-2012) avevano paragonato Trump ad Adolf Hitler.
È la prima volta che Peña Nieto si pronuncia apertamente – e così aspramente – su Donald Trump. In precedenza non aveva fatto altro che lanciare frequenti e generici ‘avvertimenti’ ai messicani sui pericoli dei populisti, invitando i primi a non credere in chi “semina odio e rancore con l’obiettivo di soddisfare un’ambizione personale”: parole che in patria sono sembrate dirette, più che a Trump, ad Andrés Manuel López Obrador, presidente del partito di sinistra Morena e feroce critico dell’amministrazione Peña Nieto.
Riguardo il famoso muro lungo la frontiera tra i due stati che Trump ha promesso di realizzare a spese dei soli messicani per impedire l’ingresso negli USA dei migranti, Peña Nieto ha escluso ogni possibilità che il suo governo accetti di pagarne la costruzione. Prima di questa affermazione Peña Nieto aveva dichiarato – senza nominare esplicitamente Trump – che “costruire muri significa soltanto isolarsi”.
Come fanno notare molti analisti, la promessa del muro potrà anche rivelarsi fruttuosa per una campagna elettorale, ma difficilmente potrà concretizzarsi se Donald Trump dovesse venire eletto presidente: non è solo un progetto incredibilmente dispendioso (per il quale, inoltre, nessun politico messicano accetterà mai di pagare), ma è anche complesso dal punto di vista legale e logistico (dispute territoriali, ripercussioni sull’ambiente…). Di sicuro, durante una ipotetica presidenza Trump il confine sud verrebbe posto sotto più stretta sorveglianza – rafforzando la Border Patrol, la polizia di frontiera statunitense, per esempio –, con conseguenze che potrebbero rivelarsi drammatiche per il Messico: i migranti rimpatriati a forza potrebbero restare bloccati nei pressi della frontiera e provocare così una ulteriore crisi umanitaria nel paese; un inasprimento dei controlli al confine potrebbe portare ad un periodo di instabilità e violenze, con organizzazioni criminali in guerra per il controllo di nuove ‘rotte’ del contrabbando; più in generale, i due stati vedrebbero peggiorare i loro rapporti diplomatici e commerciali.
La retorica razzista di Trump, che Peña Nieto ha definito “stridente”, deve aver colpito profondamente il Messico e l’immagine che cerca di comunicare di sé, se il paese ha recentemente annunciato (ma non sono ancora stati forniti i dettagli) l’attuazione di un piano diplomatico per “ricordare” agli statunitensi quanto positiva sia stata e continui ad essere la partnership economica tra i due stati, che “ha bisogno di più ponti e di meno muri”. Da parte sua e per mezzo del suo portavoce, la Casa Bianca ha voluto esprimere la speranza di un potenziamento del rapporto e della cooperazione bilaterale con il Messico da parte del prossimo presidente.
Donald Trump ha a più riprese accusato le autorità messicane di “mandare” deliberatamente negli Stati Uniti “persone con un sacco di problemi”, parlando poi degli immigrati messicani come di narcotrafficanti, criminali e stupratori. Per porre fine a questa situazione, che avrebbe trasformato l’America in una “discarica per i problemi di tutti gli altri”, annunciò la costruzione di un “grande, grande muro” al confine con il Messico oltre che deportazioni di massa di tutti gli immigrati irregolari. Secondo Trump il Messico starebbe anche letteralmente “uccidendo” l’economia statunitense, dato il costo inferiore della manodopera locale che avrebbe spinto molte aziende a trasferirvi i propri stabilimenti.

Twitter: @marcodellaguzzo