Slovacchia. Quale scenario dopo le elezioni?

di Valentino De Bernardis –

bratislava parlamentoComplicato, anzi complicatissimo, il quadro politico emerso dalla tornata elettorale in Slovacchia lo scorso 5 marzo. A parlare chiaro sono innanzitutto i numeri che pur confermando la leadership nazionale del partito del primo ministro uscente Robert Fico, ne attestano un forte ridimensionamento in termini di seggi ottenuti, passando da 83 a 49 (28,3% delle preferenze). Una perdita di consensi che è andata ben oltre a quanto politicamente accettabile (sotto di almeno cinque punti percentuali alle attese) dello stesso partito Smer-Socialdemocrazia (Smer-SD) tanto da poterla definire, al netto delle dovute considerazioni politiche, una “non vittoria”, o una vittoria di Pirro.
Oltre al partito di Fico, altri sette partiti sono riusciti a superare la soglia di sbarramento, con sorprese (anche negative) che potenzialmente fanno prefigurare uno scenario di ingovernabilità, o un governo di larghe intese, se non persino di un possibile tirarono alle urne nel breve-medio periodo.
Una affermazione elettorale sopra le attese è stata registrata invece dai partiti di centrodestra. I liberali di Libertà e Solidarietà (SaS) sono diventati il secondo partito più votato con il 12,1% (21 seggi), così come il cartello elettorale Gente Comune (formato da OLaNO e NOVA) con l’11% (19 seggi) e il Partito Nazionale Slovacco (SNS), che con l’8,6% dei voti è tornato a sedersi in parlamento dopo quattro anni di assenza. A completare la lista degli eletti vi è il partito conservatore ed euroscettico SME Rodina con il 6,6% (11 seggi), e i partiti più tradizionali come quello a difesa dei diritti della minoranza ungherese Most-Hid con il 6,5% (11 seggi), e Siet con il 5,6% (10 seggi). Diversa considerazione è da fare invece sul risultato elettorale del movimento di estrema destra Kotleba-Partito Popolare Slovacchia Nostra (L’SNS), entrato in parlamento con un sorprendete 8% (14 seggi) che, nonostante il corso sanitario annunciato sin da subito da i partiti moderati, rappresenta un segnale allarmante sia per le istituzioni slovacche che per quelle europee. Ridurre l’8% delle preferenze ad una manifestazione estemporanea di voto di protesta o anti-sistema sarebbe errato; va piuttosto analizzato come un chiaro voto politico a favore di idee xenofobe e populiste che stanno germogliando e crescendo sempre più pericolosamente anche in Slovacchia. Nella cronaca dei fatti, montando la campagna mediatica contro i flussi migratori, che ha rappresentato il cuore della campagna elettorale negli ultimi mesi, anche per precisa volontà dei rappresentanti del precedente esecutivo, il L’SNS ha avuto gioco facile a trattare tematiche e battaglie geneticamente sue, passando all’incasso nel segreto delle urne senza colpo ferire. La marcia silenziosa di duemila persone che lunedì 7 marzo si è sciolta per le vie di Bratislava, contro l’affermazione del L’SNS è certamente una manifestazione di importanza simbolica, ma nulla di più.
Oltre alle presenze in parlamento, a far rumore è anche l’assenza di qualche partito storico nella storia del paese, come ad esempio quella del Movimento Cristiano-Democratico (KDH). Partito conservatore di ispirazione cattolica, nato subito dopo la fine del regime socialista, per la prima volta dal 1990 non sarà rappresentata da nessun suo candidato nel corpo legislativo dello Stato.
Rimane adesso da capire quali potranno essere i possibili passi per la formazione del nuovo esecutivo, sia per quanto riguarda i tempi che la stabilità politica, analisi e riflessioni quanto mai importanti avendo Bratislava l’onere e l’onore, dal prossimo primo luglio, della presidenza di turno del semestre europeo.
Il 7 marzo il presidente della repubblica Andrej Kiska ha annunciato l’intenzione di voler conferire a Fico, quale leader del partito vincitore, l’incarico di formare il nuovo gabinetto, ma quella che gli si prospetta è una strada tortuosa e dall’esito incerto.
Nonostante la distanza politica che divide i diversi attori politici slovacchi, ad oggi un primo possibile alleato per lo Smer-SD potrebbe essere rappresentato dal SNS, con cui aveva già condiviso la guida del paese dal 2006 al 2010. Un’alleanza però non sufficiente ad ottenere la fiducia, e che potrebbe cercare una ulteriore sponda in parlamento tra le fila del Most-Hid (anche se al momento una coabitazione tra questi ed il SNS appare impossibile), o del SaS, oppure della piattaforma Gente Comune. Questo però se da una parte garantirebbe la formazione di un governo, dall’altro rischierebbe di dare vita ad un esecutivo ostaggio dei veti contrapposti, che con molta difficoltà potrebbe arrivare al termine naturale del suo mandato.
Qualora Fico non dovesse riuscire a trovare una sintesi condivisa tra le diverse anime politiche presenti in parlamento, una seconda probabile via, ancora più tortuosa della prima, potrebbe essere la creazione di una coalizione anti-Fico di centrodestra, tenuta assieme da un collante debolissimo, ma forse forte a sufficienza per riuscire a portare a termine la presidenza europea e la normale amministrazione dell’apparato statale. Se anche quest’ultima ipotesi non dovesse essere percorribile, anche lo scenario di un governo tecnico a scadenza, chiamato a traghettare il paese verso elezioni anticipate, sarebbe una possibilità sul tavolo.
Ad ogni modo, qualunque sia l’esito delle consultazioni, il risultato elettorale slovacco è un perfetto spaccato del quadro politico europeo, con parlamenti fortemente frammentati e polarizzati (gli ultimi in ordine cronologico sono stati Spagna e Croazia). Preoccupante è la costante affermazione a tutte le latitudini di partiti xenofobi e di estrema destra, piccoli fuochi che nessuno riesce a spegnere, pronti ad estendersi e bruciare tutto quello che trovano lungo il loro cammino, a partire da Bruxelles.

@debernardisv
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