Migranti. Sbarchi verso l’Italia dirottati in Albania

Il 6 novembre 2023 è stato firmato fra il governo italiano e quello albanese un Protocollo della durata di 5 anni, eventualmente rinnovabili per altri 5, per attrezzare a nostre spese alcune strutture su dei terreni messi a disposizione dell’Italia dall’Albania. Il Protocollo è stato ratificato in legge (la n.14 del 21 febbraio 2024).
La finalità è che un certo numero di migranti, dopo il salvataggio in mare, vengano dirottati per le procedure di sbarco e identificazione nel porto albanese di Shengjin (una settantina di chilometri a nord di Tirana) per poi essere ospitati a Gjader (a circa venti chilometri da Shengjin), in un’area dell’entroterra di 77mila metri quadrati.
Qui i migranti saranno tenuti in stato di trattenimento sul modello dei Cpr (Centri di permanenza per il rimpatrio), in attesa dell’approvazione della domanda di asilo o del provvedimento di espulsione. Le misure e i servizi necessari per la permanenza di queste persone all’interno delle aree saranno totalmente a carico delle autorità italiane, fermo restando che i migranti non potranno uscire dalle strutture fino al termine di tutta la procedura di accoglienza o respingimento.
Per quanto riguarda la “raccolta” e lo smistamento dei migranti in acque internazionali, in concomitanza al salvataggio in mare, saranno autorizzati solo i mezzi di soccorso italiani e non le navi delle Ong.
In Albania, inoltre, saranno portati solo i maschi adulti, ma solo se provenienti da paesi considerati sicuri, come ad esempio Tunisia, Marocco e Algeria. Donne e minori proseguiranno invece, per lo sbarco, verso l’Italia.
Lo smistamento da effettuarsi in mare appare come una operazione tutt’altro che semplice, visto che generalmente i migranti sono sprovvisti di documenti d’identità e poi dipende anche dalle condizioni fisiche, dopo la traversata sui barchini.
Presso il porto di Shengjin dovrebbero transitare tra le 150 e le 300 persone che dopo l’identificazione saranno trasferite a Gjader. Qui la capienza massima dovrebbe essere rispettivamente di 880 posti nell’hotspot e di 144 posti nel Cpr. Si procederà quindi alla definizione dello status di ogni persona da parte delle nuove Commissioni territoriali, che potrebbero attivarsi anche da remoto, cioè dall’Italia.
“In Italia devono diminuire gli sbarchi di migranti irregolari”, il governo Meloni lo ha sottolineato più e più volte nei comizi e in conferenza stampa. La presidente del Consiglio Meloni, parlando di questo accordo con il governo albanese, aveva annunciato che “ogni mese 3mila entrano e 3mila escono, pertanto in Albania possono essere gestiti 36mila migranti l’anno”. Forse però per il valzer dei numeri si dovrà attendere che il progetto sia operativo, intorno a ottobre-novembre secondo una determina del Genio campale dell’Aeronautica militare italiana, incaricato dei cantieri e delle opere edili. Lo stanziamento per questi lavori è di 65 milioni.
Il ministero dell’Interno è invece incaricato d’individuare entro il prossimo 20 maggio, attraverso una manifestazione d’interesse pubblicata online, il gestore dell’hotspot e del Cpr. Il Viminale dovrà anche fornire i moduli prefabbricati per allestire le strutture, acquistandoli da fornitori esterni.
Il 6 maggio 2023 sono entrate in vigore le nuove procedure accelerate di frontiera, ovvero le misure introdotte con il cosiddetto decreto Cutro: 28 giorni per l’identificazione e la verifica dei requisiti per la concessione dell’asilo.
Più ancora nel dettaglio, la decisione per il riconoscimento della protezione internazionale dovrà essere presa entro sette giorni, anche tramite video-udienze da Roma. In caso di diniego, il richiedente potrà presentare ricorso entro i successivi 14 giorni ed entro altri sette giorni il giudice dovrà deliberare: accogliere o respingere. A quel punto, gli aventi diritto all’asilo in Italia potranno entrare nel nostro Paese. Per tutti gli altri scatterà il rimpatrio, che avverrà comunque dall’Italia.
Un cronoprogramma in pratica da verificare, perché il meccanismo di queste porte girevoli è complesso e potrebbe anche incepparsi. Per quanto riguarda i Cpr in Italia, infatti, la permanenza dei migranti arriva oggi fino a 18 mesi, trascorsi i quali a volte chi non si riesce a rimpatriare, torna a piede libero e diventa clandestino. Ma dalle aree territoriali prestate all’Italia dall’Albania i migranti non potranno uscire. Se lo facessero, riuscendo a superare recinzioni e quant’altro, finirebbero, se presi, nella maglie delle forze dell’ordine albanesi.
I costi di questa soluzione extraterritoriale per l’Italia sono stati calcolati sulla carta in oltre 653 milioni per i primi 5 anni, perché le aree prestate da Tirana devono essere completamente attrezzate. Ci vorranno container per camerate, servizi igienici, lavanderia, ambulatorio sanitario, cucine, oltre a gruppi elettrogeni, serbatoi per l’accumulo idrico e moltissime altre dotazioni necessarie al funzionamento delle strutture, comprese linee telefoniche e internet.
L’area di Gjader, prestata all’Italia, è una ex base militare albanese dismessa da molto tempo e non è dotata d’impianto per lo scarico delle acque nere. Ci saranno difficoltà per metterla in sicurezza e recintarla, secondo gli esperti, in quanto l’appezzamento è alquanto scosceso e a ridosso del costone di una montagna.
Ma quali sono i numeri degli sbarchi con cui ci stiamo confrontando? Due anni fa, nel 2022, gli arrivi sono stati 105.131, nel 2023 157.651 e nel primo trimestre di quest’anno, fino al 20 marzo, 8.629, ovvero circa la metà rispetto allo stesso periodo del 2023. Con ogni probabilità il calo è dovuto al Memorandum d’intesa con la Tunisia siglato nell’estate scorsa (16 luglio 2023). Per chiudere l’accordo, l’Unione Europea si era impegnata a destinare un fondo di 105 milioni alla Tunisia del presidente Kais Saied da impiegare per controllare le frontiere.

D. B.