Myanmar. Quasi 300 villaggi Rohingya distrutti, ‘bambini bruciati vivi da esercito’

di C. Alessandro Mauceri – 

“Hanno gettato il mio bambino in un fuoco”. L’orrore che sta avvenendo in Myanmar non sembra avere limiti.
Come ha raccontato una donna ad un reporter del New York Times, dopo aver bruciato il suo villaggio, i soldati governativi birmani hanno raggruppato i pochi superstiti, soprattutto le donne, ed hanno scelto una di loro. Non si sa se per un semplice caso o perché il neonato che teneva in braccio non smetteva piangere, ma i soldati le si sono avvicinati e le hanno strappato a forza il bambino dalle braccia, gettandolo tra le fiamme; l’hanno poi portata in una delle capanne ancora in piedi e, a turno, l’hanno violentata.
In pochi minuti la ragazza, che aveva già visto morire davanti ai propri occhi la madre, le due sorelle e il fratello minore, ha perso anche il proprio figlio, la sua unica speranza che dopo tutte le atrocità avrebbe potuto esserci un futuro. “Le persone si aggrappavano ai piedi dei soldati, pregando per la loro vita”, ha detto la giovane donna, “ma loro non si sono fermati, li hanno spinti via e li hanno uccisi. Hanno sparato ai sopravvissuti, hanno violentato noi e ci hanno lasciate svenute”. Al suo risveglio solo il dolore ma anche una eccezionale forza, quella che le ha permesso di raccontare ad un giornalista cosa era avvenuto.
Il suo non è un caso isolato: Peter Bouckaert, di Human Rights Watch, ha dichiarato infatti che già esistono numerose testimonianze di massacri come quello avvenuto a Rajuma, in cui i soldati governativi hanno assassinato metodicamente più di 100 civili in una sola volta.
Difficile sapere quanti sono i morti e gli episodi come quello raccontato; la ragazza è ancora viva ma in molti casi gli inviati di alcune organizzazioni umanitarie hanno affermato che spesso, dopo il passaggio dei militari, non hanno trovato che cadaveri. Quanti, forse, non si saprà mai: il Myanmar non consente agli osservatori delle Nazioni Unite di accedere alle aree oggetto dello sterminio. La settimana scorsa, l’Ufficio dell’Onu per i diritti umani, ha affermato che truppe governative avevano preso di mira “case, campi, scorte alimentari, colture, bestiame e anche alberi”, rendendo “quasi impossibile” per i Rohingya il ritorno alle loro case. Dall’inizio degli scontri, ad agosto, le immagini satellitari hanno infatti mostrato almeno 288 villaggi bruciati dalle truppe birmane.
L’esercito del Myanmar ha più volte dichiarato (anche con la conferma di San Suu Kyi) che gli attacchi erano destinati solo agli insorti; diverso il parere dei funzionari delle Nazioni Unite che continuano a definire la campagna contro i Rohingya “un esempio da libro di testo di pulizia etnica”.