di Enrico Oliari –
I giornali di massa e le cancellerie europee salutano oggi con enfasi il risultato delle elezioni nel Land tedesco del Brandeburgo, da sempre considerato una roccaforte dei socialdemocratici. La Spd del governatore uscente Dietmar Woidke ha saputo tenere soprattutto grazie a tre fattori: l’essersi in qualche modo sganciato dal cancelliere Olaf Scholz, espressione ingombrante dello stesso partito; aver convinto gli elettori ad andare a votare per scongiurare la vittoria dell’estrema destra, tanto che l’affluenza è stata del 74%; aver intercettato il voto della media borghesia e degli elettori ultra quarantenni.
Al di là degli entusiasmi esiste tuttavia la realtà di una situazione tutt’altro che fluida, con segnali di forte disagio tra i tedeschi per una situazione economica e sociale complessa, che vede oggi la Volkswagen chiudere due impianti, un milione di pensionati tedeschi trasferiti all’estero negli ultimi 10 anni, i gasdotti russo-tedeschi distrutti dagli ucraini e il costo della vita in continuo aumento, per quanto ora si stia provando ad aumentare i salari. I dati provenienti oggi dalla Germania e diffusi da Hcob (elaborazione indici Pmi per S&P Global) indicano addirittura la “recessione storica” in quanto si è ormai al secondo trimestre consecutivo di contrazione del Pil.
E’ il risultato stesso delle elezioni del Brandeburgo a indicare il disagio per le politiche radical chic, fatte di auto elettriche costosissime e di carri armati Leopard spediti a spese dei contribuenti nell’extracomunitaria Ucraina. Perché, è vero, i socialdemocratici hanno vinto con il 30,9% delle preferenze, ma solo di un soffio hanno battuto l’estrema destra di Alternative für Deutschland (AfD), con candidato Hans-Christoph Berndt, che è arrivata solo un punto e mezzo indietro, 29,4%. Verdi e Die Linke (La Sinistra), quelli che si sono battuti per la chiusura delle centrali nucleari, sono rimasti addirittura fori dal parlamento regionale, non avendo superato lo sbarramento del 5%, voti risucchiati dall’Alleanza Sahra Wagenknecht, terzo partito e neanche a dirlo, contrario all’invio di armi in Ucraina e alle sanzioni alla Russia.
Tradotto significa che ormai la metà dei tedeschi è contro le politiche europee fatte di logiche percepite contro gli interessi della Germania stessa.
Alle elezioni regionali di settembre l’Afd era arrivata prima in Turingia (32,8%) e seconda, anche qui solo di un punto e mezzo, in Sassonia con il 29,2% delle preferenze.
Se a questi dati si aggiunge il significato, opportunamente rimosso, dell’astensionismo alle europee, c’è da fare una riflessione su dove stanno puntando le politiche nazionali, ovvero se interpretano realmente il volere popolare.
Per governare nel Brandeburgo la Spd unirà i propri voti al quarto partito, la Cdu, che ha preso l’11,6% dei voti, con buona pace della sopravvalutata “coalizione semaforo”, che ormai ha perso il colore del via.