Polonia. Aborto: la battaglia femminista che mette a rischio il governo

Le proteste contro il divieto di aborto non mirano solo all'abolizione delle restrizioni ma anche alle dimissioni dell’esecutivo di Kaczynski.

di Mariarita Cupersito

Da diverse settimane la Polonia è teatro di quotidiane proteste di massa contro il divieto di aborto, in vigore nel Paese fin dagli anni 90 e recentemente rinforzato dalla pronuncia della Corte Costituzionale che lo scorso 22 ottobre lo ha proibito anche in caso di malformazione del feto. La Corte si è espressa sulla legge in oggetto definendola “incostituzionale” poiché violerebbe la disposizione che protegge il diritto alla vita, ma gli effetti della nuova pronuncia, che costituirà un grave ostacolo all’accesso all’interruzione della gravidanza, sono per ora sospesi proprio a causa delle continue proteste.
Il tema dell’aborto in un Paese estremamente cattolico come la Polonia coinvolge non solo la dimensione culturale ma anche quella politica: le radici del dibattito possono farsi risalire all’epoca comunista, quando nel 1993 il governo autorizzò l’aborto solo in tre casi, cioè quando è a rischio la salute della donna, quando la gravidanza è conseguenza di uno stupro e quando il feto presenta malformazioni. L’immediata conseguenza di tali restrizioni è che il numero di aborti legali risulta essere circa un migliaio all’anno, mentre le interruzioni di gravidanza effettuate clandestinamente o all’estero ammonterebbero a circa 150mila.
Da anni il partito ultraconservatore al potere, Diritto e Giustizia (Pis), provava invano a rimuovere le ultime possibilità legali per l’aborto, tentando nel 2016, nel 2018 e anche lo scorso aprile di far approvare una legge in materia. Attualmente il partito cerca di raggiungere l’obiettivo facendo leva sulla Corte Costituzionale, di cui ha assunto abusivamente il controllo già da qualche mese, cancellando la causa più diffusa di interruzione di gravidanza legale e suscitando la reazione popolare che ha dato il via a un massiccio movimento di protesta in piena pandemia, determinando inoltre l’Unione europea ad avviare una procedura di infrazione.
A fine ottobre Jarosław Kaczyński, volto importante del governo, in un discorso dai toni alquanto accesi aveva definito le manifestazioni “un attacco volto a distruggere la Polonia” e un atto “nichilista” nei confronti della chiesa. Le parole di Kaczyński hanno ottenuto il risultato di fomentare ulteriormente l’opposizione, con più di 100mila persone in piazza a Varsavia tra manifestazioni, scioperi e scontri con la polizia.
I movimenti femministi polacchi hanno avuto un ruolo determinante nelle proteste, radunando migliaia di persone che si sono riversate sulle strade e dando vita a una grande rete di solidarietà femminile, ideale contrappeso al conservatorismo del Paese.
In risposta alle manifestazioni di protesta il governo ha schierato l’esercito a difesa di luoghi “sensibili” come le chiese, ma la presenza militare in città non ha scoraggiato i manifestanti che sembrano ormai decisi ad ottenere un risultato ulteriore rispetto all’abolizione delle restrizioni in tema di aborto, vale a dire le dimissioni dell’attuale esecutivo guidato dal partito di Kaczynski: dalla sentenza della Corte Costituzionale e l’inizio delle proteste, infatti, il gradimento popolare del governo è precipitato e la percentuale di polacchi tra le donne e i giovani che ne chiede le dimissioni è superiore all’’80%. Dopo diverse settimane di proteste continue, le donne polacche hanno intanto ottenuto un primo successo con il rinvio della traduzione in legge della sentenza.
L’impronta conservatrice del governo di Andrzej Duda si è fatta notare negli ultimi anni attraverso una serie di dichiarazioni e provvedimenti finalizzati a ridurre i diritti delle minoranze e a controllare i corpi delle donne, tra cui la decisione di uscire dalla convenzione di Istanbul sulla prevenzione e lotta contro la violenza verso le donne, la proposta di vietare esplicitamente nella Costituzione le adozioni da parte di coppie omosessuali, nonché le varie esternazioni in cui il presidente ha descritto la comunità LGBT come una minaccia ai valori nazionali. Dietro le proteste, che proseguono con il sostegno della comunità internazionale, c’è quindi molto di più del già fondamentale diritto all’aborto. Non è un segreto che il governo polacco subisca una forte influenza religiosa, con la difesa a oltranza della “famiglia tradizionale” e una costante tendenza alla soppressione dei diritti riproduttivi e di qualsiasi cosa possa essere considerata sovversiva verso i ruoli di genere tradizionali.
Alla luce dell’attuale scenario, l’Unione europea sta valutando l’adozione di provvedimenti quali la sospensione dei finanziamenti e del diritto di voto sulla base dell’articolo 2 del Trattato sull’Unione, in cui si fa esplicito riferimento ai valori fondanti quali “il rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze”, che rischiano di essere fortemente compromessi dalle politiche del governo polacco.
La presidentessa della Commissione europea Ursula von der Leyen aveva dichiarato lo scorso settembre, con un chiaro riferimento alla Polonia, che “essere te stesso non è un’ideologia, è la tua identità e nessuno può portartela via. Voglio essere molto chiara: le zone “LGBTQ free” sono zone libere da umanità e non trovano posto nella nostra Unione”.
La Polonia registra un tasso molto basso di rifugiati e minoranze religiose e ciò probabilmente influisce sul proliferare di idee populiste che mirano a difendere il Paese da quella che viene definita come “influenza occidentale”. Un report diffuso lo scorso anno dal Forum del Parlamento europeo e intitolato “Ristabilire l’ordine naturale” mostrava che la Polonia ha un ruolo chiave tra i movimenti integralisti europei volti ad attaccare la comunità LGBTI e a comprimere i diritti sessuali e riproduttivi delle persone, risultato a cui ha contribuito in modo decisivo la presa di potere del partito di ispirazione conservatrice e clericale.