Renzi e Mohamed Bin Salman

di C. Alessandro Mauceri

Il partito fondato da Renzi dopo la scissione col PD è in caduta libera. Le preferenze degli italiani sono in picchiata, dal 12% sono scese ad un 4,3% dello scorso anno. Eppure lui non sembra voler rinunciare a fare la prima donna sia in Italia che all’estero.
I media sono pieni di articoli che riportano le frasi senza senso pronunciate alla tv di stato saudita, in una intervista nel corso della quale ha profuso grandi elogi per il paese ospitante e per il suo leader, Mohammed bin Salman. “È un grande piacere e un grande onore essere qui con il grande principe Mohammed bin Salman”, ha esordito Renzi seduto di fronte a Salman. Poi, in un impeto di non si sa cosa, ha paragonato l’Arabia Saudita di oggi all’Italia del Rinascimento. Secondo Renzi questo paese potrebbe “essere il luogo per un nuovo Rinascimento”. Ha parlato anche del costo del lavoro in Arabia Saudita dicendo che “da italiano, lo invidia”.
Se a pronunciare queste parole sdolcinate, chiaramente destinate ad adulare l’ospite più che ad una seria analisi macroeconomica e geopolitica, fosse stata una persona qualunque, nessuno avrebbe avuto niente da obiettare. Ma Renzi è anche un personaggio politico e, cosa più importante, è ancora senatore del Parlamento italiano.
Renzi sembra aver dimenticato che, secondo la commissione delle Nazioni Unite che si è occupata della vicenda, il suo tanto osannato ospite è sospettato dell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi: nel rapporto di 100 pagine pubblicato lo scorso ottobre Agnes Callamard, relatrice speciale dell’Onu, afferma che la morte del giornalista è stata “un crimine internazionale” e che “è la conclusione del relatore speciale che Khashoggi è stato vittima di un’esecuzione deliberata e premeditata, un omicidio extragiudiziale di cui lo Stato dell’Arabia Saudita è responsabile ai sensi del diritto internazionale in materia di diritti umani”.
Possibile che un senatore del Parlamento italiano abbia così liberalmente lodato una persona apertamente accusata di gravi crimini dalle Nazioni Unite senza rendersi conto delle conseguenze che ciò potrebbe avere?
Ma non basta. Renzi dice di “invidiare” il costo del lavoro dell’Arabia Saudita. In Arabia Saudita il costo del lavoro è basso ma ciò deriva dal fatto che i sindacati e gli scioperi sono considerati illegali e i lavoratori non hanno diritti. Secondo molti lavorare in Arabia Saudita, specie per gli immigrati provenienti dal Sud Est asiatico in massima parte impiegati nei lavori domestici e nelle imprese edili, ricorda addirittura “pratiche schiavistiche”, nonostante la schiavitù sarebbe stata abolita nel 1962. Solo grazie a questi “schiavi moderni” i ricchi arabi hanno potuto erigere città dal nulla, in mezzo al deserto, dotandole di servizi inimmaginabili e microclimi artificiali. Solo nel 2010, e a seguito delle pressioni esercitate da Human Rights Watch e dalla comunità internazionale, il governo saudita ha accettato di sottoscrivere nel 2010 la convenzione ILO (International Labour Organization) n.189. Ciononostante sono migliaia i detenuti stranieri rinchiusi nelle carceri solo perché privi di documenti o fuggiti dalle case dove lavoravano: la Labour Law protegge, poco, i lavoratori locali. Gli altri sono totalmente allo sbando. Fino al 2019 l’Arabia Saudita si è addirittura rifiutata di rispondere alle richieste del Relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti dei migranti e del Relatore speciale sulla situazione dei difensori dei diritti umani di poter visitare il paese.
Per un membro del Parlamento italiano parlare di questo paese come di un nuovo centro del Rinascimento è preoccupante. Tanto più che Renzi dovrebbe conoscere bene questa situazione. Dovrebbe sapere, ad esempio, che la legge italiana vieta la vendita di armi a paesi in guerra. Ma che nonostante questo nel 2016, proprio durante il governo Renzi, un’azienda italiana ha venduto ben 20mila bombe proprio all’Arabia Saudita… secondo l’autorevole SIPRI l’Arabia Saudita è uno dei paesi che spende di più in armi e armamenti, gli altri sono India e Cina, che però hanno una popolazione ben maggiore.
Solo recentemente, durante il governo Conte bis, è stata revocata la licenza di esportazione per le bombe ancora da inviare (oltre 12.700) e non senza proteste da parte dell’azienda che le produce. “Da pacifista, prima ancora che da sottosegretario di Stato, sono estremamente felice del percorso fatto, insieme alla società civile e al Parlamento, per bloccare una vergogna lasciataci in eredità da Matteo Renzi ai tempi del suo mandato da premier, la maxi commessa da oltre 20mila bombe all’Arabia Saudita nel 2016, proprio nel momento peggiore della guerra in Yemen”, ha dichiarato il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano pochi giorni prima della partecipazione di Renzi alla cosiddetta “Davos del deserto” a Riad e del suo sdolcinato discorso sulla “culla del nuovo Rinascimento”.
Sono molti i paesi che sembrano essersi accorti di ciò che accade in Arabia Saudita. Perfino gli Usa, seppure tardivamente, hanno smesso di vendere bombe all’Arabia Saudita: tra i primi decreti firmati dal nuovo presidente americano Joe Biden c’è la sospensione “temporanea” della vendita di armi all’Arabia Saudita, in attesa di “riesaminare” la situazione.
Quello che Renzi ha definito culla del nuovo Rinascimento è un paese che, secondo Amnesty International, ha guidato la “coalizione militare impegnata nel vicino Yemen, le cui forze sono implicate in crimini di guerra e altre gravi violazioni del diritto internazionale”. Qui, sempre secondo Amnesty International, “le autorità hanno intensificato la repressione sui diritti alla libertà d’espressione, associazione e riunione” e “hanno vessato, detenuto arbitrariamente e perseguito penalmente persone critiche nei confronti del governo, difensori dei diritti umani, membri della minoranza sciita e familiari di attivisti”.
E ancora. Possibile che Renzi non sappia che l’Arabia Saudita è uno dei pochi paesi al mondo dove si pratica ancora la pena di morte? Solo nel 2019 sono state eseguite 184 condanne a morte, il numero più alto nei sei anni precedenti. E alcuni dei condannati erano minorenni all’epoca dei fatti. Una situazione che l’organizzazione per i diritti umani Reprieve ha definito una “tragica pietra miliare”. Altro che Rinascimento!
La verità è che, forse, Renzi non si è nemmeno reso conto di essere rimasto invischiato in un progetto globale gestito dall’Arabia Saudita che prevede di modernizzare il paese diversificando l’economia, lasciandosi alle spalle un sistema basato sullo sfruttamento delle riserve petrolifere, da anni ormai fallimentare a causa del calo dei prezzi del petrolio a limiti insostenibili ma irrinunciabili per rendere questa fonte energetica conveniente. Il piano arabo prevede di aumentare la presenza a livello globale rafforzando settori chiave come l’educazione, la sanità e le infrastrutture. E l’apparato militare.
Tutto questo potrebbe rientrare in quadro geopolitico internazionale importante. Che proprio per questo richiede una conoscenza approfondita e una condivisione in Parlamento.
Renzi invece si è messo a disposizione della propaganda di Riad. Anche a rischio di fare una figuraccia, l’ennesima. L’idea di un nuovo Rinascimento non è farina del suo sacco. Gliel’hanno messa in bocca: “The Neo-Renaissance”, ovvero il nuovo Rinascimento, è il tema della conferenza del Future Investment Initiative a cui ha partecipato. E anche questo è solo un riferimento al piano di rinnovamento strategico dell’Arabia Saudita ribattezzato Vision 2030 e risalente al 2016.
Il “rottamatore” non è il primo personaggio politico che si presta ad un simile gioco, e certamente non sarà l’ultimo. Molti presidenti e leader mondiali hanno fatto una fortuna tenendo conferenze e fornendo consulenze: da Schroder a Obama, all’ex primo ministro inglese Tony Blair. Tutti però lo hanno fatto “dopo” che il proprio mandato era scaduto: hanno avviato questa attività solo dopo essersi ritirati dalle cariche pubbliche. Al contrario Renzi sta fornendo consulenze a un paese straniero (fa parte, tra l’altro, del CEO dell’Istituto di formazione proprio dell’FII FII Institute – About (fii-institute.org) ) mentre è ancora membro del Senato e leader di una forza politica che ha dimostrato di avere un grande peso per la tenuta del governo. Un paese, come visto prima, estremamente discusso sia a livello nazionale che internazionale.
Una questione questa che è diventata oggetto di una interrogazione al Parlamento italiano. É stato Pino Cabras (M5S), vicepresidente della Commissione esteri alla Camera ad esprimere, dopo aver presentato dati documentati, “una forte preoccupazione” per “il fatto che una persona che ricopre un ruolo politico-istituzionale di così alto livello e sensibilità nella Repubblica italiana possa al contempo ricevere compensi da uno Stato straniero”, e “quali siano gli intendimenti del Governo per prevenire che in futuro uno o più membri del Governo possano ritrovarsi nella condizione di dover rispondere di conflitti d’interesse con Paesi stranieri”. Nell’interrogazione si dice anche che “secondo il senatore Renzi non ci sarebbe nessuna incompatibilità tra il suo ruolo politico-istituzionale in Italia e il suo ruolo di consulente a pagamento presso un ente controllato dalla famiglia reale saudita; tuttavia il senatore Renzi, oltre a essere membro della Commissione Affari esteri del Senato, è il leader del partito Italia Viva che fino a pochi giorni esprimeva alcuni ministri e sottosegretari e il cui ruolo è stato talmente determinante e delicato da provocare una crisi di Governo”.
“Forse non c’è nessun reato – ha detto Cabras – ma chi svolge un ruolo così delicato da poter determinare una crisi di governo in Italia non può essere contemporaneamente,consulente a pagamento di un altro Stato. Deve essere al di sopra di ogni sospetto, anche perché in Italia le crisi di governo hanno spesso aperto la porta a forze straniere interessate a una svendita dei nostri asset strategici”.
Torna in mente la pretesa di Renzi fino a pochi giorni prima di costringere il governo a dimettersi, di far dimettere Conte dalla presidenza dei servizi segreti e di affidarla a una “Autorità delegata”… controllata da chi?.
Nonostante tutti i suoi sforzi, Renzi non riesce a dare di sé l’immagine di leader internazionale. Sembra solo una ruota di un macchinario molto più grande e complesso di lui. Una pedina di piani internazionali come quello del governo saudita, che da anni, da quando ha capito che il petrolio da solo non basta più, continua a spendere miliardi di dollari nel tentativo di nascondere l’immagine del paese come violatore pervasivo dei diritti umani. Lo fa ospitando eventi sportivi internazionali, parlando di cultura, organizzando grandi meeting per le multinazionali come il Saudi PPPP: Plastics&Petrochem, Print e Pack, in corso in questi giorni, e poi agricoltura a ottobre e edilizia e GDO in due eventi a novembre 2021, mostrandosi al mondo come sede di un importante think tank con grandi personaggi internazionali come ospiti.
Personalità tra le quali Renzi non riesce a fare credere di essere protagonista. Alla fine neanche le parole tanto contestate dai media sono farina del suo sacco: gli sono state messe in bocca da chi non vuole essere il centro del nuovo Rinascimento.