Repubblica Dominicana. Abinader non riesce a cambiare il divieto di aborto

di Alberto Galvi

La Repubblica Dominicana è una delle quattro nazioni dell’America Latina che criminalizza l’aborto, senza eccezioni. Da candidato Luis Abinader, oggi presidente, si era impegnato a depenalizzare l’aborto, ma poi il suo governo non lo aveva appoggiato. Bisognerà forse aspettare a sua possibile rielezione a maggio.
Le donne rischiano fino a 2 anni di carcere per aver abortito; le sanzioni per medici o ostetriche vanno dai 5 ai 20 anni. Con una Bibbia sulla bandiera, il Paese caraibico dispone di una potente lobby di cattolici ed evangelici uniti contro la depenalizzazione dell’aborto. Come primo passo gli attivisti per il diritto all’aborto vorrebbero l’accesso legale all’interruzione di gravidanza nel caso in cui la donna è a rischio, quando la gravidanza è il risultato di uno stupro o di un incesto e quando le malformazioni del feto sono incompatibili con la vita.
Per aiutare le ragazze a prevenire gravidanze non pianificate, esistono club per adolescenti dove vengono informate sui diritti sessuali e riproduttivi, sull’autostima, sulla violenza di genere e sugli aspetti economici. Quasi il 30 per cento delle adolescenti non ha accesso alla contraccezione. Livelli elevati di povertà aumentano il rischio di affrontare gravidanze indesiderate.
La povertà costringe alcune madri dominicane a far sposare le loro figlie di 14 o 15 anni con uomini fino a 50 anni di differenza. Quasi 7 donne su 10 soffrono la violenza di genere tra cui l’incesto, e le famiglie spesso rimangono in silenzio riguardo agli abusi sessuali. Nel 2023 per ogni mille adolescenti tra i 15 e i 19 anni, 42 sono diventate madri.
Le leggi dominicane vietano i matrimoni precoci dal 2021, ma i leader della comunità affermano che tali unioni sono ancora comuni in quanto poche persone sono a conoscenza della legge. Più di un terzo delle donne dominicane si è sposata o ha stretto un’unione prima di compiere 18 anni.