Roma. Alla Farnesina la Conferenza per l’azzeramento delle mutilazioni genitali femminili

di Enrico Oliari –

innovitalia grande“Noi Attivisti e Militanti per i diritti umani, membri dei Parlamenti e rappresentanti dei Governi del Belgio, del Benin, del Burkina Faso, del Camerun, della Repubblica Centrafricana, della Costa d’Avorio, di Gibuti, dell’Egitto, della Francia, del Gambia, del Ghana, della Guinea, dell’Indonesia, dell’Italia, del Kenia, del Mali, della Mauritania, del Niger, della Somalia, del Senegal, del Togo e dell’Uganda, avendo partecipato all’Evento di Alto livello sulla “Messa al bando mondiale delle mutilazioni genitali femminili…”: così inizia la dichiarazione finale dei lavori svolti in occasione della conferenza internazionale che si è tenuta a Roma dal 3 al 5 febbraio scorsi, organizzata dall’ong “Non c’è pace senza giustizia”, dal Partito Radicale, in collaborazione con la Coalizione per la messa al bando mondiale delle mutilazioni genitali femminili (mgf), con il patrocinio del Senato e con il sostegno del Ministero degli Affari Esteri dell’Italia. A leggere l’importante documento alla nutrita assemblea riunitasi alla Farnesina, pur tradendo un filo di emozione, Chantal Compaoré, moglie del presidente del Burkina Faso, da sempre impegnata per diritti civili e nella lotta all’Aids, non solo nel suo paese, ma in tutta l’Africa.
Durante la tre giorni, organizzata dalla dinamica Emma Bonino in concomitanza con la Giornata internazionale della tolleranza zero contro le mutilazioni genitali (6 febbraio), è stato fatto il punto della situazione per valutare quali iniziative intraprendere dopo l’approvazione della Risoluzione n. 67/146 delle Nazioni Unite dello scorso 20 dicembre, la quale mette al bando le azioni nocive per le donne e raccomanda agli Stati di condannare la pratica delle mgf, soprattutto nei confronti delle bambine.
“Sono 140 milioni le donne che hanno subito la mutilazione genitale e ben 30 milioni sono a rischio”, ha spiegato Giampaolo Cantini, neo-direttore generale della Cooperazione allo sviluppo del Ministero degli Esteri, già Primo Segretario all’Ambasciata d’Italia in Somalia, Primo Segretario alla Rappresentanza presso le Nazioni Unite, Primo Consigliere all’Ambasciata a Washington, Ambasciatore ad Algeri e Console generale italiano a Gerusalemme; “Si tratta – ha continuato – di un problema universale, non solamente legato a specifiche aree, in quanto riguarda la violazione dei diritti umani. La sfida è quindi impegnare i governi ed armonizzare le leggi, per cui è anche importante il lavoro dei giornalisti e la loro formazione; sul terreno va impostato un lavoro di autostima delle donne, che porti ad un cambiamento culturale”.
Infatti non tutti i paesi sono riusciti a dare una risposta concreta al problema, anche per le resistenze dovute alle convinzioni religiose o ad antiche tradizioni, come ha osservato Aissah Ouro Akondo Akanti, Esperta di mgf presso il Ministero della Donna della Repubblica del Togo: “nonostante il fenomeno sia passato dal 12 al 9 per cento – ha spiegato – e per quanto sia stata introdotta nel 1998 un’apposita legge che prevede fino a due anni di reclusione, le mgf rimangono una realtà soprattutto nelle aree tribali; purtroppo mancano risorse, ma le organizzazioni non governative stanno facendo un buon lavoro ed abbiamo aperto centri di ascolto e sedi del Ministero della Salute in diverse regioni: dobbiamo spingere le donne a denunciare chi pratica su di loro le mutilazioni”.
“In Camerun non abbiamo una legge che proibisce le mgf – ha spiegato la presidente del Ci-Af Cameroon, Comfort Effiom – ma abbiamo accolto la Risoluzione dell’Onu. Purtroppo la pratica delle mutilazioni è radicata nei gruppi di migranti che arrivano nel nostro paese, per cui abbiamo attivato reti di intervento nelle sei zone in cui è suddiviso il territorio, ma siamo carenti di fondi”.
La mancanza di finanziamenti per la lotta alle mgf è stata lamentata un po’ da tutte le organizzazioni che hanno partecipato all’incontro di Roma, ed anche Daniela Colombo dell’Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo (Aidos) ha fatto notare che l’Unione Europea taglierà dell’11 per cento i fondi destinati alla Cooperazione per lo sviluppo. “Serve un maggiore coordinamento delle donazioni – ha detto Colombo – ed anche un intervento sui tempi dei progetti, che sono spesso a breve termine, in quanto è richiesta dall’Europa l’autonomia del lavoro impostato entro i 2 – 3 anni”.
Le mgf vengono eseguite principalmente in 28 paesi dell’Africa sub-sahariana per lo più dalle mammane dei villaggi (che eseguono tale pratica dietro compenso e che quindi hanno interesse a che la perversa tradizione continui), con lamette o altri oggetti taglienti, per motivi culturali e religiosi, non terapeutici: ledono fortemente la salute psichica e fisica delle tre milioni di bambine e di donne che all’anno vengono sottoposte a tale pratica, ma il fenomeno non riguarda solo il Continente nero.
Come ha infatti spiegato Maryam Elahi, direttrice del Programma internazionale Donna della Open Society Fondations, che ha sede a New York, “le autorità americane sospettano che negli Stati Uniti ci siano ben più dei casi denunciati: “almeno 228mila donne, residenti negli Usa – ha riportato Elahi –  hanno subito la mutilazione genitale nel decennio che va dal 2000 al 2010, nonostante una legge del 1996 penalizzi tale pratica in quanto reato federale”. “Con la scusa di una vacanza – ha continuato – le bambine vengono portate al paese di origine dove subiscono la mutilazione”.
“Per ovviare al problema – ha detto nel suo intervento la parlamentare regionale belga Gisele Mandaila – abbiamo predisposto che l’articolo 450 del codice penale colpisca con pene che variano dai 3 ai 5 anni anche coloro che favoriscono le mgf proprio recandosi all’estero, per cui, al rientro, scatta l’arresto”.
Florence Ali, presidente della Ghanian Association for Women Welfare, ha fatto notare che nel suo paese, il Ghana, la legge contro le mgf risale al 2007, ma che purtroppo non ha tenuto conto del possibile decesso della bambina interessata.
Il Ministro del Lavoro e delle Pari Opportunità, Elsa Fornero, ha espresso soddisfazione l’ospitalità offerta dall’Italia alla conferenza, “testimonianza della sensibilità del nostro Paese al problema: un’organizzazione costata impegno nonostante il periodo della campagna elettorale”. “L’Italia – ha aggiunto il ministro – si è sempre impegnata nella lotta alle mgf ed ha svolto un ruolo fondamentale alle Nazioni Unite per il raggiungimento della Risoluzione. (…) La donna è uno straordinario fattore di sviluppo economico, civile e morale: c’è una grande necessità di donne libere nella società”.
In materia di diritti umani, il Ministro degli Affari Esteri, Giulio Terzi di Sant’Agata, ha posto l’accento sull’importante ownership dei paesi africani; “I diritti, tuttavia, per l’Italia sono totali e non a percentuale, per motivi di cultura e di tradizione” – ha poi spiegato l’inquilino della Farnesina “Le mgf rappresentano un’offesa alla comunità – ha continuato -. Purtroppo ci sono vittime anche nella nostra società, per cui c’è urgenza di intervenire anche nei paesi, come il nostro, che fino a poco fa non conoscevano tale fenomeno”.
Ed è proprio sensibilizzando che si può prevenire la pratica delle mgf: “solo 2012  – ha aggiunto Terzi – ben 32 editti religiosi (fatwa) si sono espressi contro tale pratica”
Proseguendo nella lettura della dichiarazione finale, la Premiére Dame Chantal Compaoré ha esposto i capitoli dell’impegno comune: far conoscere ed assicurare l’effettiva applicazione della Risoluzione delle Nazioni Unite in tutte le nazioni ove vengono praticate le mgf, implementare e rafforzare le misure politiche e legislative per mettere al bando e condannare tali pratiche, consolidare ed accrescere la cooperazione regionale ed internazionale al fine di rispondere efficacemente al persistere della pratica delle mgf nel mondo.