Ruanda. Il paese ricorda il genocidio perpetrato dagli Hutu

di Alberto Galvi

In una cerimonia pubblica il presidente dle Ruanda Paul Kagame ha celebrato i 30 anni dal genocidio perpetrato dagli Hutu contro i Tutsi. Il massacro iniziò il 7 aprile 1994 e durò 100 giorni prima che le milizie ribelli del RPF (Fronte patriottico ruandese) prendessero Kigali. Morirono circa 800mila persone, in gran parte Tutsi ma anche Hutu moderati. Il mancato intervento della comunità internazionale fu motivo di vergogna.
La furia degli Hutu e della milizia Interahamwe si scatenò in seguito all’assassinio del presidente Hutu Juvenal Habyarimana, avvenuto la notte del 6 aprile, quando il suo aereo venne abbattuto sopra Kigali. Le loro vittime furono state colpite, picchiate o uccise a colpi di arma da fuoco o di machete nel quadro di una feroce propaganda anti-Tutsi. Inoltre almeno 250mila donne furono violentate. Da allora il Ruanda è governato da Kagame, che guidava l’RPF.
Ad oggi centinaia di sospettati del genocidio restano latitanti, anche nei paesi vicini come la Repubblica Democratica del Congo e l’Uganda. Solo 28 di loro sono stati estradati in Ruanda. La Francia, una delle principali destinazioni dei ruandesi in fuga dalla giustizia, ha processato e condannato una mezza dozzina di persone per il loro coinvolgimento nei massacri.
Il Ruanda ha istituito nel 2002 tribunali in cui le vittime ascoltavano le confessioni di coloro che le avevano perseguitate, anche se questo sistema ha portato ad errori giudiziari. Oggi le carte d’identità ruandesi non menzionano se una persona è Hutu o Tutsi. Inoltre sono stati rinnovati appelli affinché i rimanenti sospettati di genocidio fossero chiamati a rispondere dei crimini. In tutto il paese questa settimana è lutto nazionale.