Russia. Perché domina il mercato africano delle armi

di Francesco Giappichini

Mentre la Francia sta riducendo la propria presenza militare in Africa, e si prevede il ritiro di alcune centinaia di soldati dalle basi in Gabon, Senegal e Costa d’Avorio, la Russia si conferma come il maggior fornitore di armi nel continente. Se Parigi cerca con affanno di avvalorarsi come “partner rilevante” nonostante il “discours anti français”, per usare le parole della ministra de l’Europe et des affaires étrangères Catherine Colonna, Mosca cancella “i debiti sovrani per incoraggiare i Paesi africani ad acquistare armi russe”. Se è vero che il maggior investitore straniero nel !Continente nero” è la Cina, è altrettanto chiaro che l’area è scenario di una contesa Parigi – Mosca, ove ad arretrare sono i transalpini.
Un recente rapporto del Groupe de recherche et d’information sur la paix et la sécurité (Grip), centro studi con sede a Bruxelles, descrive le modalità della penetrazione russa in Africa, partendo da dati sorprendenti. In primis, nel quinquennio ’17 – ’21, prima del conflitto ucraino, Mosca si è riconfermata come il maggior esportatore di armi verso l’Africa: il 44% del military import è giunto dalla Russia, a fronte del 17% proveniente dagli Stati Uniti, il dieci dalla Cina e il sei dalla Francia. In secondo luogo questa posizione dominante non pare per nulla scalfita, come si potrebbe supporre, dal conflitto ucraino. E a chiarirne le ragioni è Agatha Verdebout, la coordinatrice del suddetto studio, dal titolo “Ventes d’armes russes en Afrique: les effets contrariés des sanctions occidentales”.
Secondo la ricercatrice, “deve essere chiaro che lo scopo delle sanzioni, a priori, non è quello di colpire le esportazioni. Il fatto che ciò abbia un impatto sulle esportazioni di armi è una sorta di effetto collaterale. Lo scopo delle sanzioni è incidere sulla produzione di armamenti in Russia per impedire che queste armi siano inviate al fronte”. La ricerca schematizza in cinque punti, le ragioni della resilienza russa nel fornire armi all’Africa. Il primo ha a che vedere col fatto che il mercato africano è ancora poco esplorato dai produttori occidentali, in rapporto alle enormi potenzialità. In sostanza, l’instabilità politica continentale sarebbe temuta più dagli occidentali piuttosto che dai russi.
Il secondo motivo riguarda invece tutte quelle restrizioni, che sono legate al rispetto dei diritti umani da parte degli acquirenti: tutti controlli e condizioni che gravano esclusivamente sull’industria bellica occidentale, ça va sans dire. L’altra causa della forza dell’export militare russo, la terza, risiede nella disponibilità a offrire altri benefit, oltre agli armamenti: si va dal rilancio della cooperazione economica e culturale, sino alla cancellazione del debito, (debiti esteri a volte risalenti all’epoca sovietica). La quarta ragione consiste nella capacità dell’industria bellica russa di diminuire il valore tecnologico di questi armamenti. Si nota, in sintesi, una grande attitudine a modificare le armi del proprio listino: si eliminano i dispositivi più tecnologici o complessi, e si vendono dei “low-cost weapons”, ordigni a basso costo. Infine (quinto motivo) l’accennata capacità di aggirare sanzioni, che non sono espressamente mirate a colpire l’export militare. La Russia può così contare su clienti storici, come Egitto e Algeria, e su nuovi entusiasti partner militari come la Nigeria; tutti mercati che si aggiungono alle discusse e fruttuose alleanze con Repubblica Centrafricana e Mali.