I pomacchi e la loro identità minacciata

di Armando Donninelli –

I pomacchi costituiscono una comunità di persone di madre lingua bulgara e di fede musulmana. Quest’ultima venne assunta progressivamente a partire dal XIV secolo, ciò in quanto i territori abitati da tale popolazione furono occupati dagli ottomani che, tramite pressioni di diverso tipo, ottennero la loro conversione religiosa.
Non vi sono cifre ufficiali sulla consistenza numerica di tale comunità, loro stessi sono piuttosto restii a dichiararsi pomacchi nei censimenti in cui viene chiesta l’appartenenza etnica, memori delle discriminazioni subite in passato ma anche nel presente. Tuttavia Tuncay Babali, un noto politologo turco e profondo conoscitore della realtà balcanica, ritiene che siano circa 800.000 i membri di tale comunità.
Secondo tale studioso attorno ai 250.000 sono i pomacchi residenti in Bulgaria, 100.000 quelli presenti nella Macedonia del Nord, anche se di frequente sono classificati come turchi, mentre stima in circa 50.000 i pomacchi che si trovano nella regione greca della Tracia Occidentale. La maggior parte è collocata nel territorio turco, Babay calcola al riguardo approssimativamente 350.000 persone, ciò con una tendenza alla crescita in quanto dai paesi citati precedentemente i pomacchi tendono ad emigrare proprio in Turchia, ciò in quanto vi trovano un ambiente che complessivamente li tutela maggiormente.
Nei secoli in cui il dominio ottomano si estendeva sulla regione i pomacchi tendevano a costituire una comunità isolata, fedele ai governanti ma che limitava i contatti con la rimanente popolazione locale di fede cristiana.
Il progressivo disgregarsi del potere ottomano, che comunque aveva sempre tutelato i pomacchi, fu motivo di preoccupazione per la comunità. Quest’ultima cercò di creare stabili entità statuali, in Bulgaria come in Grecia, tuttavia senza ottenere risultati di successo.
La ritirata dell’Impero Ottomano dai territori abitati dai pomacchi, a seguito delle Guerre Balcaniche e della I Guerra Mondiale, determinò per tale comunità un notevole peggioramento della propria situazione, con tentativi da parte dei nuovi governanti di assimilare tali persone e negare le peculiarità, linguistiche e religiose.
Particolare è il caso dei pomacchi residenti nella Tracia Occidentale, qui il Trattato di Losanna del 1923 tutelò la loro possibilità di professare la fede islamica ma, al tempo stesso, stabilì la possibilità di avere l’istruzione in lingua turca e non bulgara, aprendo cosi la strada ad una loro turchificazione.
Con l’avvento del comunismo in Bulgaria, cioè dal 1946, la situazione dei pomacchi peggiorò consistentemente. Fu varato un programma diretto al cambio dei nomi islamici in bulgari, chi si opponeva veniva deportato. Lo stesso regime comunista fece poi pressione sugli accademici compenti al fine di evidenziare il carattere slavo della comunità, ciò per giustificare l’azione assimilatrice. Va poi ricordato che mentre il regime di Sofia cercava di favorire la migrazione dei madrelingua turchi verso la madre patria, al tempo stesso, si opponeva all’emigrazione e ai viaggi all’estero dei pomacchi.
Nel 1989, a seguito del crollo del comunismo, ai pomacchi fu consentito di utilizzare i propri nomi islamici. Non tutti utilizzarono quest’opportunità, ciò in quanto l’ambiente restava ostile nei loro confronti. Proprio quest’ostilità minò ulteriormente l’identità dei pomacchi. Alcuni, in particolare tra i residenti dei Monti Rodopi si convertirono al cristianesimo, altri si dichiararono appartenenti alla comunità turca, pur non conoscendo la lingua, come avvenne nel censimento del 1992 per circa 60.000 di loro.
Le stesse forze politiche del paese, in modo piuttosto trasversale, contribuirono alla creazione di questo clima di ostilità nella Bulgaria post comunista degli anni ’90. Basti pensare che nel 1997 venne costituito il Consiglio Nazionale per le Questioni etniche e Demografiche, che avrebbe dovuto affrontare le problematiche della minoranze, da cui i pomacchi furono esclusi.
Ancora oggi nei censimenti che vengono effettuati periodicamente in Bulgaria, l’ultimo risale al 2021, i pomacchi, a differenza degli appartenenti ad altre minoranze, non possono dichiararsi tali. Questa grave violazione dei diritti umani è stata già criticata nel 2014 dal Consiglio d’Europa, purtroppo ciò non ha modificato la situazione.
Tradizionalmente i pomacchi praticano una versione moderata dell’Islam, tuttavia la crisi economica seguita al crollo del comunismo nella regione dei Monti Rodopi, ove tradizionalmente si trova la maggior parte della comunità, ha fatto si che i sostenitori di un Islam più fondamentalista si siano assicurati aiuti internazionali per costruire moschee e scuole. Religiosi fondamentalisti, addestrati all’estero, si sono riversati nella regione per fare proselitismo nella comunità pomaca, economicamente povera e priva di solidi punti di riferimento, quindi vulnerabile.
Nel 2003 l’ex capo dei mufti dei musulmani bulgari, Nedim Gendzhev, affermò che i wahhabiti stavano acquisendo una crescente influenza nella regione dei Monti Rodopi e che, anche grazie ad aiuti economici, alcuni religiosi di alto livello collaboravano in tale attività di propaganda.
Il fatto è che molti pomacchi temono, giustamente, il carattere tendenzialmente egemonico della comunità turca, più numerosa e meglio organizzata, di conseguenza cercano di trovare nel radicalismo islamico un carattere che li contraddistingua. Tuttavia, così facendo, finiscono, in parte anche inconsapevolmente, per contraddire il loro tradizionale carattere laico e tollerante.
Nell’ambito della più ampia strategia portata avanti da Ankara per recuperare influenza nei Balcani, il governo turco sta di fatto cercando di inglobare i pomacchi residenti tra Bulgaria e Grecia, utilizzando le proprie strutture locali di tutela della propria minoranza residente. In pratica Ankara vuole far passare queste persone come turche, cosa che non corrisponde al vero.
La Turchia indubbiamente ha il merito di aver costituito, dalla fine della Prima Guerra Mondiale, un punto di riferimento per l’emigrazione dei pomacchi, in fuga da persecuzioni e discriminazioni. Va però evidenziato che il contesto turco, sebbene sia complessivamente più favorevole per i diritti pomacchi, non offre le sufficienti garanzie dal punto di vista della tutela linguistica, finendo così per inglobarli e assimilarli nella società turca.
Numerose fonti indicano come pomacchi anche i torbesci, una popolazione che si trova nella zona occidentale della Macedonia del Nord. Anche se probabilmente in origine vi era un collegamento con i pomacchi, oggi è molto difficile classificarli in tale comunità. I torbesci sono difatti di fede islamica ma di lingua macedone, mentre hanno forti legami culturali con i turchi, non a caso spesso sono classificati come tali.
La caratteristica peculiare di essere collocati in una zona di confine tra più Paesi ha fatto si che per ragioni di sicurezza, nel passato, come anche nel presente, tali Stati si siano impegnati per assimilarli e negare la loro identità. L’ingresso della Grecia (1981) e della Bulgaria (2007) nell’UE, vale a dire un’istituzione che ha tra i suoi obbiettivi anche la tutela delle minoranze, sostanzialmente non ha migliorato la situazione dei pomacchi i quali, con il passare del tempo, vedono la propria identità sempre più indebolita e minacciata.