Siria. Passa ad Astana la proposta russa: zone a de-escalation e niente raid. Ma le opposizioni non ci stanno

di Enrico Oliari

“Il segretario generale (Antonio Guterres) è incoraggiato dall’accordo ad Astana: sarà cruciale vedere che questo accordo effettivamente migliori la vita dei siriani”. Lo ha comunicato con un filo di prudenza il portavoce delle Nazioni Unite Stephane Dujarric alla luce di quanto stabilito ad Astana, dove da settimane si svolge il tavolo sulla crisi siriana organizzato da Russia, Turchia e Iran. Nella capitale kazaka le parti hanno approvato la proposta dei russi di istituire zone a de-escalation nelle aree di Idlib, Homs, Latakia e parte di Aleppo, dove gli attori sono chiamati ad impegnarsi a sospendere le ostilità ed evitare “provocazioni” e “schermaglie”. Verranno inoltre creati corridoi e check-point controllati dai militari russi volti a garantire il passaggio dei civili disarmati e degli aiuti umanitari.
Sulle quattro zone gli aerei russi e siriani non compiranno raid a patto che, è stato precisato, “la tregua regga”. L’iniziativa interessa anche gli aerei della coalizione a guida Usa, come concertato ad Astana in occasione dell’incontro con la delegazione statunitense.
Il rappresentante speciale presidenziale russo per la Siria Alexander Lavrentyev, precisando che i raid continueranno contro l’Isis, ha affermato che “Il lavoro degli aerei da combattimento in zone di sicurezza, in particolare degli aerei internazionali della coalizione non è affatto previsto, con o senza notifica. Il problema è chiuso”.
L’inviato dell’Onu per la crisi siriana Staffan de Mistura, le cui iniziative a Ginevra non hanno fino ad oggi portato a nulla, ha commentato che quanto stabilito ad Astana rappresenta “un passo avanti importante.
Tuttavia la realtà vede ancora una volta il variegato mondo delle opposizioni mettersi di traverso, con il portavoce Osama Abu Zaid che ha bocciato l’intesa definendola “inaccettabile” dal momento che non include “tutto il territorio della Siria” e che non si è parlato del ritiro delle milizie sciite finanziate dall’Iran, come gli Hezbollah libanesi.
Anche gli Usa, presenti ad Astana per la prima volta con una propria delegazione, hanno fatto sapere che “Le attività dell’Iran in Siria hanno solo contribuito alla violenza, non a fermarla, e l’indiscutibile sostegno dell’Iran per il regime di al-Assad ha perpetuato la miseria dei siriani”.
Una delle questioni rimaste aperte è quella curda: i miliziani dell’Ypg, per intenderci quelli di Kobane e di molte altre vittorie contro l’Isis, sono alleati degli Usa, della Russia e del regime di Bashar al-Assad, ma continuano ad essere contrastati, anche militarmente, dalla Turchia. I curdi stanno puntando alla costituzione di una Regione autonoma del Rojava sul modello del Kurdistan Iracheno, e già per conto loro si sono costituiti nel marzo 2016 in una federazione delle tre regioni di Jazira, Kobane e Afrin, ma il progetto è fortemente contrastato da Ankara sia perché considera i curdi del Pyd (la cui ala armata è l’Ypg) alla stregua del Pkk turco, cioè terroristi, sia perché vorrebbe evitare di avere una regione autonoma curda al proprio confine.

Vedi anche:
Gli eroi scomodi curdo-siriani: intervista al leader del Pyd Saleh Muslim Mohamed.