Sudan. Golpe militare pone fine all’era al-Bashir

Le opposizioni chiedono ai militari una transizione civile.

di Guido Keller –

La cosa era già nell’aria da qualche giorno, dopo che per la prima volta i militari specialmente a Khartoum avevano preso le difese dei manifestanti oggetto delle manganellate, dei gas lacrimogeni e dei proiettili veri sparati dalla polizia, tanto che gli slogan contro il presidente sudanese Omar al-Bashir erano diventati “Quando l’esercito c’è, noi non abbiamo paura”.
Fatto sta che dopo mesi di proteste antigovernative e di repressione costata la vita a centinaia di manifestanti e l’arresto a migliaia di loro, i militari hanno preso oggi in mano la situazione con un colpo di stato e messo quindi fine alla trentennale presidenza (ma chiamiamola pure dittatura) di al-Bashir, a sua volta salito al potere il 30 giugno 1989 attraverso un golpe con cui rovesciò l’allora premier democraticamente eletto Sadiq al-Mahdi.
Le notizie che arrivano dal Sudan riportano degli arresti della nomenklatura alla guida del paese: dietro le sbarre è finito il primo ministro, Mohamed Taher Ella, l’ex ministro della Difesa, Abdul Rahim Mohammed Hussein, gli ex vice presidenti Bashir, Ali Osman Mohamed Taha e Bakri Hassan Saleh e l’assistente di al-Bashir e vice presidente del National Congress Party, Ahmed Mohamed Haroun, ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra in Darfur, ed ancora un centinaio di personalità governative.
Arrestato anche Omar al-Bashir, come ha comunicato in un messaggio trasmesso dalla tv di Stato e ripreso da al-Jazeera ministro della Difesa e primo vicepresidente generale Awad Mohamed Ahmed Ibn Auf, il quale ha anche annunciato la sospensione della Costituzione e il periodo di transizione che durerà due anni e che dovrà portare a “libere elezioni”.
I servizi segreti hanno riferito della liberazione di tutti i prigionieri politici, ma nel caos tipico delle prime ore dei golpe sono le opposizioni a chiedere un rallentamento ai militari: l’Associazione dei professionisti del Sudan, uno dei principali organizzatori delle manifestazioni di protesta, ha pubblicato che “Non è possibile affrontare questa crisi con un altro putsch militare che la complica ulteriormente o la riproduce: bisogna dare il potere a un governo di transizione civile e nazionale”.
Le proteste avevano preso il via in dicembre, quando il governo aveva deciso di alzare di tre volte il prezzo dei generi di prima necessità per mettere mano al dissestato bilancio del paese, ma la decisione del presidente al-Bashir di rispondere con il pugno di ferro alle manifestazioni non ha fatto altro che gettare benzina sul fuoco. Le concessioni fatte, come il congelamento dei rincari sul cibo, l’annuncio di al-Bashir di non voler correre alle elezioni del 2020 e lasciare la guida del National Congress Party al suo vice Ahmed Harun, non hanno avuto l’effetto sperato.