Tunisia. I salafiti e il governo di Ennahda: colpevoli di terrorismo o vittime dei giochi politici di altri?

di Saber Yakoubi –

Era atteso in questi giorni un documento in materia di jihad – salafiti sulle onde dell’emittente francese Canal+, ma alla fine non è arrivato nulla che già non si sapesse: ancora una volta infatti il movimento salafita jihadista è stato dato come vicino ad al-Qaeda; tuttavia la novità riportata dal canale francese è stato il fatto che in Tunisia vi sarebbero ben due campi di addestramento dove vengono impiegate armi leggere e semipesanti, cosa di cui nessuno ne era a conoscenza.
La notizia ha scatenato un corri corri di giornalisti al Ministero dell’Interno, il quale ha prontamente smentito le dichiarazioni di Canal+ ed ha accusato alcuni all’estero e le opposizioni locali di costruire attraverso l’allarmismo e le falsità un complotto per colpire il governo attuale e rovinare il settore turistico, considerato uno dei pilastri dell’economia tunisina.
Quello che è vero, è che la luna di miele tra Ennahda ed i salafiti è ormai finita. Gli spari nelle diverse manifestazioni pacifiche organizzate dai salafiti hanno procurato fino ad oggi 9 morti ed oltre 900 arrestati, numeri che si registravano anche nell’epoca della dittatura di Ben Alì. Settimana scorsa, dopo l’uccisione dell’imam Khaled e del muezzin Anwar presso una moschea di Tunisi, un militante salafita ha osato sollevare in diretta televisiva il cosiddetto cafan, cioè un tessuto bianco che nella tradizione islamica avvolge la salma prima della sepoltura, lanciando così una sfida al ministro dell’Interno Ali Larayed: ha chiamato così tutti i giovani salafiti alla jihad contro l’attuale “governo di miscredenti”. Si è trattato di un appello che ha causato polemiche e ha aperto un dibattito molto acceso.
Notizie Geopolitiche ha potuto interloquire con il Presidente del Consiglio dei ministri Hamadi Jebali in occasione dell’inaugurazione del Festival internazionale del Libro ed ha chiesto come pensa di affrontare la minaccia salafita-jihadista in Tunisia, soprattutto alla luce del fatto che oggi le formazioni jihadiste sono maggiormente in contatto e quindi legate fra di loro, al-Qaeda compresa.
Jebali non ha negato la presenza nel territorio di questi gruppi e ha spiegato che i salafiti sono in fase di costruzione della cosiddetta “Imara salafita”, cioè di uno stato nello stato, come è successo in Afghanistan e come sta raccadendo in Mali. In merito all’incitamento alla jihad, il Primo ministro ha detto che “il governo rifiuta e combatte ogni forma di violenza verbale, prima ancora di quella fisica”. Ha quindi smentito quanto riportato dal canale tv francese in merito alla presenza di basi di militanti armati in Tunisia.
Mentre il Capo di Gabinetto parlava al Festival de Libro, diversi salafiti partecipavano ad una manifestazione indetta davanti al Ministero della Giustizia, in quanto essi si ritenevano vittime di un’oscura azione ordita da diverse forze politiche di opposizione e di maggioranza, interessate a tenere alta la tensione nel paese.
Notizie Geopolitiche incontrato l’avvocato Anwar Awlad Ali, il quale è impegnato nella difesa di diversi salafiti arrestati; ci ha spiegato di essere uno dei fondatori del Comitato per la protezione della Rivoluzione e che diverse delle persone arrestate non sono ancora state condannate, tanto che le accuse appaiono spesso confuse.
– Perché confuse?
Alcuni degli arrestati sono accusati di partecipare a gruppi terroristici, ma nessuno è stato in grado di dire quali; altri sono stati fermati perché avevano partecipato a delle proteste, come quella presso l’ambasciata statunitense dopo il film su Maometto ritenuto offensivo per la nazione islamica; altri ancora sono in prigione per la protesta davanti alla galleria d’arte che aveva messo in mostra quadri ritenuti offensivi per il sentimento religioso. Tra gli arrestati c’è anche Ali Lahrizi, espulso dalla Turchia in quanto sospettato di aver partecipato al commando che ha attaccato il consolato libico di Bengasi, dove ha perso la vita l’ambasciatore Chris Stevens”.
– E’ girata voce di un interrogatorio fatto dall’Fbi…
Il magistrato ci ha detto che non è stata inoltrata ad oggi nessuna richiesta di interrogatorio nei confronti di Ali Lahrizi, ma non possiamo escludere il fatto, poiché mai come oggi è stata attiva la collaborazione fra i vari Servizi segreti
– Di quali paesi?
Dopo la rivoluzione egiziana abbiamo potuto notare un intervento della Nato piuttosto rapido e tale azione può avvenire solo grazie ad uno studio accurato del territorio in oggetto. Ora si combatte in Siria e lì il terreno è fertile per i militanti armati di matrice islamica: sicuramente anche in questo caso è in corso un importante scambio di informazioni fra i vari Servizi di Giordania, Qatar, Turchia, Arabia Saudita, Russia, Stai Uniti e Occidente in genere.
Per quanto riguarda Ali Lahrisi, per esempio, sappiamo che è fratello di Tarek Lahrisi, un militante di al-Qaeda in Iraq ed ecco perché lui è importante per i Servizi di intelligence”.
– I salafiti arrestati denunciano torture, maltrattamenti…
Per alcuni di loro direi che si sono stati maltrattamenti e torture;  la cosa più grave è che tra i carcerati ci sono sei minorenni, inseriti con i reclusi comuni: si tratta di una cosa inaccettabile, soprattutto ora che il popolo non tollera più ogni forma di mal trattamento e mi meraviglio del silenzio sia da parte di Amnesty International che dalle altre associazione di lotta per i diritti umani”.
– Li possiamo definire cittadini di serie B?
E’ proprio cosi, posso confermare che i partiti politici stanno facendo campagna elettorale a spese di questi ragazzi, mentre spetta solo al tribunale stabilire se sono colpevoli o meno”.