TUNISIA. Khazdaghli, ‘paese rimane diviso e a rischio involuzione’

Adnkronos/Aki, 15 gen 13 –

”La Tunisia e’ tuttora un Paese diviso: ci sono forze democratiche e forze teocratiche che vorrebbero l’involuzione, cioe’ trascinare il paese in una direzione piu’ conservatrice rispetto al presente”. A sostenerlo e’ Habib Kazdaghli, preside della Facolta’ di letteratura e studi umanistici dell’Universita’ di Manouba (Tunisia) nel corso di un video intervento alla Johns Hopkins University di Washington nel giorno del secondo anniversario della Rivoluzione dei Gelsomini. Kazdaghli, la cui storia ha fatto il giro dei media di tutto il mondo, e’ diventato l’uomo-simbolo della liberta’ e della resistenza tunisina alle pressioni salafite contro i diritti per le donne e l’apertura della societa’. Il suo ”caso” scoppia l’anno scorso, dopo che la rivoluzione tunisina aveva innescato le ‘primavere arabe’, e Kazdaghli era finito nel mirino della protesta degli ultraconservatori per aver risposto con un secco ‘no’ alle loro richieste di ottenere nella Facolta’ una stanza per le preghiere e l’obbligo delle donne di indossare il niqab (un tipo di velo islamico che lascia scoperti solo gli occhi). ”Due ragazze con il velo – racconta il Preside nell’intervista – fecero irruzione nel mio ufficio insultandomi e saccheggiandolo”. ”Fu un attacco in piena regola – continua – per riuscire ad imporre, dopo la rivoluzione, un nuovo modello di universita”’. Dopo quei fatti Kazdaghli si ritrovo’ con l’accusa, ancora tutta da dimostrare, di aver fatto ricorso alla violenza contro le due studentesse nell’esercizio delle sue funzioni. Un’accusa che gli potrebbe costare 5 anni di carcere, in caso di condanna, con una sentenza che sara’ emessa proprio questo giovedi’, dopo le celebrazioni per l’anniversario della fine del regime di Ben-Ali.
Non e’ quindi un caso se la Johns Hopkins University di Washington ha deciso di aprire con un’intervista a Kazdaghali il convegno ”Due Anni Dopo: una valutazione dei progressi della Tunisia dalla Rivoluzione dei Gesolmini ad oggi”, un evento organizzato dal centro per gli studi internazionali dell’Universita’ americana col sostegno del Tunisian American Young Professionals (Tayp) nell’ambito del Progetto per la Democrazia in Medio Oriente (Pomed) ieri sera, a due anni esatti dalla fuga del presidente Ben-Ali sulla scia delle proteste di piazza. Al centro del confronto tra esperti i problemi della Tunisia, un paese politicamente sempre piu’ polarizzato e protagonista di una transizione piu’ difficile del previsto, sostanzialmente bloccato dalla crisi economica, dalle istanze contrastanti provenienti dalla societa’ e dalla mancanza di riforme adeguate. Nel paese c’e’ chi ha ancora fiducia nel cambiamento ma pesano sempre di piu’ l’incertezza politica, l’assenza di una ”road -map” di riforme, la persistente corruzione e l’endemica mancanza di lavoro. Fattori che rendono lo scenario fosco: la Tunisia – concordano gli esperti – potrebbe essere un caso positivo di transizione, una ”success story”, se sara’ in grado di risolvere ”le complesse equazioni di oggi” e se potra’ contare sull’aiuto dei partner internazionali. Intanto Kazdaghali ricorda come ”nel 2011 guardavamo tutti in una sola direzione e avevamo tutti un solo obiettivo: lavoro, dignita’ e liberta”’, mentre ”oggi l’impressione e’ che non ci sia piu’ quella comunita’ di obiettivi di prima”. Il governo e le istituzioni in generale, a sua detta, non hanno mai preso posizione sul suo caso ma i media, oggi liberi, hanno raccontato la sua storia e quello che stava succedendo all’Universita’ ”e questo – conclude – e’ gia’ un grande passo in avanti”.