Ucraina. Il Parlamento boccia la legge sulla coscrizione di Zelensky

Primi scricchiolii politici per il presidente?

di Lorenzo Pallavicini

La Verkhovna Rada ucraina ha bocciato alcuni giorni fa la proposta di legge presentata dal presidente Zelensky sulla estensione della leva obbligatoria e sull’abbassamento della soglia di età per il reclutamento, un segnale della diversità di vedute sia sulla tattica militare sia sulle strategie nel medio e lungo termine riguardo al conflitto.
Il sistema di coscrizione ucraino ha già subito critiche, con proteste da parte di parenti dei soldati. La proposta di legge respinta dal Parlamento prevedeva forti restrizioni aggiuntive, come l’abbassamento della soglia di età da 27 a 25 anni e limitazioni al diritto dei renitenti alla leva di possedere denaro o proprietà, oltre alla convocazione in formato elettronico invece che via posta.
Lo stop degli aiuti occidentali, in primis quelli americani congelati dal Congresso, e il logoramento di due anni di guerra con perdite ingenti tra le forze ucraine stanno portando a critiche interne che fino a diversi mesi fa sembravano impensabili.
Non è un mistero che il capo di stato maggiore ucraino, Valerij Zaluznyj, popolare tra i cittadini per aver ripreso Kherson e strappato Kharkiv ai russi, non concordi pienamente con le strategie del presidente, avendo riconosciuto le difficoltà della controffensiva e l’impossibilità di riuscire a riprendere la Crimea e il Donbass in mancanza di un pieno appoggio aereo occidentale, ad oggi ancora lontano nelle forniture di mezzi e nell’addestramento dei piloti.
Il sindaco di Kiev, l’ex pugile Vitalij Klitschko, in prima fila sia nella rivoluzione arancione del 2004 sia nell’Euro Maidan, ha posto la questione della necessità, per Zelensky, di aggiustare la strategia, riconoscere gli errori commessi ed evitare di considerare i sindaci come un ostacolo.
La bocciatura del Parlamento ucraino è un segnale che il presidente non può ignorare e pone la necessità, per il comandante in capo, dell’ascolto delle forze politiche che compongono il paese e, come nelle democrazie più mature, accettare di scendere a compromessi con esse anche sulla conduzione della guerra.
In caso contrario, il rischio per Zelensky è restare sempre più isolato, circondato da una ristretta cerchia di fedelissimi, ma con un polso della situazione meno preciso, oltre a rischiare una riduzione del consenso popolare, fortissimo all’inizio della invasione russa ma indebolito a causa dello stallo della controffensiva e di due anni di guerra con distruzioni e migliaia di morti.
Sebbene i partiti filorussi, come quello derivante dall’ex presidente Yanukovich, Piattaforma di Opposizione, siano stati ufficialmente banditi da marzo 2022, esistono già alcune figure intenzionate a correre per le future elezioni presidenziali, sospese a causa della guerra, e pronte a perseguire un cessate-il-fuoco accettando di negoziare con la Federazione Russa, come Oleksij Arestovyc, ex consigliere di Zelensky.
L’influenza russa potrebbe insinuarsi in questi dubbi tra la società ucraina, anche usufruendo dei metodi propagandistici telematici, tentando così di accentuare queste dinamiche per favorire potenziali rotture tra l’apparato di Zelensky e il resto del paese, una realtà che vede un potere molto più frammentato rispetto al rivale russo, dove vi è un sol uomo al comando che non può essere messo in discussione da nessuno.
Se fino ad oggi l’andamento della guerra non è stato totalmente sbilanciato a favore di Putin è stato dovuto soprattutto alle capacità motivazionali dell’esercito ucraino e del suo popolo, compatti nel resistere all’invasione. Se dovessero crescere le proteste contro il governo in carica, si avrebbe il rischio di una forte instabilità interna, della quale non potrebbe che giovarsi il rivale russo.
I partner occidentali, in primis gli Stati Uniti, riusciranno a fare in modo che il popolo ucraino continui, senza divisioni, a supportare la strategia promossa da Zelensky e a rimanere compattamente a fianco del suo comandante in capo oppure, complici le scadenze elettorali imminenti, sia in Europa che oltreoceano, ignoreranno tali divisioni e inizieranno a ridurre il proprio interesse per la situazione in cui si trova il paese?