Ue. Convocati i leader di Serbia e Kosovo per porre fine ai violenti scontri vicino al confine

di Alberto Galvi

Per porre fine a una serie di violenti scontri vicino al confine tra Serbia e Kosovo, che stanno alimentando i timori di un ritorno al conflitto aperto, il Pesc Josep Borrell ha convocato a Bruxelles per colloqui il primo ministro del Kosovo Albin Kurti e il presidente serbo Aleksandar Vučić.
Le tensioni sono divampate di nuovo il mese scorso dopo che la polizia del Kosovo ha sequestrato gli edifici di un comune situato nel nord del paese a maggioranza serba per insediare sindaci di etnia albanese eletti in un’elezione che i serbi hanno boicottato in modo schiacciante.
L’UE aveva minacciato il Kosovo di conseguenze politiche, se non avesse invertito la rotta sulle elezioni. Il blocco delle 27 nazioni conduce da anni colloqui volti a riconciliare i due nemici, ma con scarso successo. Solo quattro mesi fa Borrell era uscito dai colloqui con Vučić e Kurti annunciando che la Serbia e il Kosovo avevano dato la loro tacita approvazione a un piano sponsorizzato dall’UE per porre fine a mesi di crisi politiche e aiutare a migliorare i loro legami a lungo termine.
La Serbia e la sua ex provincia del Kosovo sono in disaccordo da decenni. Il conflitto del 1998-99 ha provocato la morte di più di 10mila persone, per lo più albanesi del Kosovo. Belgrado ha rifiutato di riconoscere la dichiarazione di indipendenza del Kosovo del 2008, e ha inviato truppe al confine nel massimo stato di allerta in mezzo a una serie di recenti scontri tra i serbi del Kosovo e la polizia del Kosovo sostenuta dalle forze di pace guidate dalla NATO.
Le tensioni sono continuate la scorsa settimana con tre granate stordenti che sono esplose vicino alle stazioni di polizia del Kosovo nel nord del paese, mentre i serbi del Kosovo hanno organizzato proteste davanti agli edifici del comune. Borrell aveva cercato per diversi giorni di far arrivare Kurti e Vučić a Bruxelles, ma si erano rifiutati. Borrell ha dichiarato di essere d’accordo sulla necessità di elezioni anticipate a causa del rischio di un ritorno al conflitto aperto.