di Daniele Garofalo –
Nonostante le scissioni e gli scontri con al-Qaeda e al-Nuṣra, lo Stato Islamico (Is) è riuscito a diffondersi in gran parte del Medio Oriente e dell’Asia centromeridionale. Dal 2015 è presente in Afghanistan, i cui miliziani si sono riuniti nel gruppo della Provincia del Khorasan – Stato Islamico (ISK. ad-Dawlah al-Islamiyah fi l-Iraq wa-sh-Sham – Wilayah Khorasan).
L’ISK si è formalmente costituita nel gennaio 2015 formando il Wilayat Khorasan, “provincia del Khorasan”, che dalla sua formazione fino a novembre 2017, nonostante i continui scontri con i talebani e le truppe della coalizione a guida Usa, è riuscito a estendere le sue attività in altre sette province dell’Afghanistan. Il neonato gruppo ha accolto l’afflusso nei propri ranghi di ex-membri e comandanti dei talenani pakistani e afghani, attraverso affiliazioni tribali e familiari, a foreign fighter provenienti dai gruppi di Teherik-e ṭālebān-e Pakistan (TTP), dell’Islamic Movement of Uzbekistan (IMU) e della Rete Haqqani. L’ISK ha rapidamente ottenuto il sostegno di numerosi combattenti, attirati dal fascino della nuova forza jihadista e dalle grandi risorse economiche del gruppo. Si è trattato del primo gruppo non-arabo che ha conseguito lo status di affiliato dell’Is, confermando l’avvenuta espansione dello Stato Islamico, nonostante la sconfitta subita in Siria e Iraq. La scelta del nome è legata al termine Khorasan, che essi adoperano per indicare le regioni musulmane a Ovest dell’India e ai territori del Grande Khorasan, una regione storica che comprende zone ora ubicate in Iran, Afghanistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan. Il gruppo ha la sua roccaforte nella provincia del Nangharar e la principale area delle operazioni si colloca lungo la maggiore via di comunicazione che collega Peshawar, in Pakistan, a Kabul. Intento primario dell’ISK è consolidare le posizioni conquistate nella provincia di Nangarhar per poi espandersi verso Kabul. Obiettivo futuro del gruppo, impegnato in una causa di portata globale in linea con l’aspirazione e la vocazione di Daesh, è estendere il proprio operato, oltre che in tutto il territorio afghano, nel Kashmir, regione situata fra India e Pakistan, nel Tagikistan, nel Turkmenistan e nell’Uzbekistan.
La scelta dell’espansione afghana.
L’Is, avendo perso gran parte dei propri territori in Medio Oriente, ha iniziato a operare in nuovi Stati dove era presente una notevole instabilità. Da questo punto di vista, l’Afghanistan, vessato da anni di guerre, rappresentava la scelta perfetta dove iniziare la lotta per la supremazia nel fronte jihadista. Non si trattava però solo di una scelta per il controllo del territorio e del Jihād, perché in Afghanistan il traffico di droga, frutta ai talebani un giro di affari miliardario, la cui produzione e gestione sono la loro fonte principale di finanziamento. L’ISK, inizialmente non interessato all’elemento economico legato all’eroina, conducendo originariamente anche una battaglia ideologica e teologica contro la produzione e l’uso di oppiacei, è divenuto a oggi un concorrente agguerrito e determinato a conquistare la guida del Jihad e degli affari a essa collegati.
La continuazione della lotta sul suolo afghano è però legato a un altro aspetto interessante. Il Daesh Wilayah Khorasan progetta di diffondersi fra uzbeki, turkmeni e tagiki, inserendosi in Stati con realtà molto instabili. La volontà di ampliare la battaglia jihadista, spostandola sempre più verso oriente, punta a impensierire Cina e Russia che, in Asia centromeridionale e in Medio Oriente, sono nuovamente schierate in prima linea per aumentare la loro influenza in Stati in cui sono presenti importanti risorse minerarie ed energetiche o dove è necessario il passaggio delle pipeline di gas e petrolio.
Lo scontro con i talebani.
Da quando lo Stato islamico è formalmente comparso sul territorio afghano, diffondendosi progressivamente in tutto il Paese, gli attentati terroristi sono sempre più frequenti. Così facendo ha inevitabilmente cominciato a scontrarsi con i talebani, che stanno riprendendo sempre più potere nel paese. Per stabilire un punto d’appoggio, Daesh, anziché tentare di cooperare con le altre organizzazioni del terrorismo islamista, ha preferito screditarli con una forte campagna propagandistica e denigratoria messa in atto con la distribuzione, in gran parte del Pakistan e dell’Afghanistan, di volantini, bandiere e opuscoli a sostegno dello Stato Islamico in cui chiedevano a tutti i musulmani di giurare fedeltà al loro capo Abu Bakr al-Baghdadi. Per molti mesi, i talebani e l’ISK si sono direttamente confrontati per la leadership del Jihad in Afghanistan, sia sul piano militare, sia su quello della propaganda e della dottrina. Ambedue i gruppi mirano all’imposizione della Sharia, la legge islamica, ma i talebani sono nazionalisti e puntano a liberare il paese dalle forze di occupazione e trasformarlo in un governo islamico. Il Califfato invece non riconosce Stati e confini nazionali, che intende abbattere, seguendo quindi un’agenda di attività globale. Le diverse Shure talebane hanno reagito in modo differente di fronte all’affermazione dell’ISK in Afghanistan. La Shura pakistana della città di Quetta, ha inizialmente combattuto militarmente l’ISK, salvo poi sostenere una tregua con essi, per evitare di sperperare risorse da investire contro il governo di Kabul. La Shura pakistana di Miramshah, la componente più rigorosa dei talebani, ha scelto sin dall’inizio la strada dei colloqui per una possibile collaborazione. La Shura della città iraniana di Mashhad, vicina ai pasdaran, si è invece subito scontrata militarmente, contraria al settarismo confessionale e agli attacchi contro gli sciiti da parte dei militanti dello Stato Islamico. Essi hanno, infatti, avviato un’offensiva di natura settaria contro i musulmani sciiti, in particolare contro la comunità Hazara.
Le influenze degli attori internazionali.
I talebani negli ultimi mesi del 2017 hanno annunciato di essere disposti a collaborare con il governo centrale di Kabul e a scendere a patti con gli Usa, per arginare l’affermazione dell’ISK. Per contenerne l’espansione nell’area, Iran e Russia hanno consolidato il proprio sostegno politico, economico e militare, ad alcune componenti talebane. L’obiettivo iraniano è quello di mantenere il governo afghano debole, in modo da aumentare la loro influenza nelle province occidentali del paese e prolungare l’opposizione talebana alla presenza in Afghanistan degli USA e dello Stato islamico, entrambi nemici del governo di Teheran. La Russia, invece, in funzione di limitazione della penetrazione di foreign fighters negli Stati dell’Asia centrale e del Caucaso, che Mosca non ha mai smesso di considerare propri Stati satellite. Anche per il Pakistan, storico finanziatore dei talebani, la presenza dell’ISK diminuisce la loro influenza nelle dinamiche politiche afghane, compromettendo la strategia di Islamabad di instaurare un governo filopakistano a Kabul, che punta a ottenere un importante alleato in chiave anti-indiana. Dal canto suo, l’India vede in un Afghanistan filopakistano, guidato dai talebani, come una duplice minaccia alla propria sicurezza, sia perché ciò garantirebbe a Islamabad un confine occidentale sicuro che lo incoraggerebbe a intensificare gli attacchi armati contro l’India nella regione contesa del Kashmir, sia perché l’Afghanistan nelle mani dell’estremismo musulmano potrebbe fomentare il radicalismo islamico nella regione del subcontinente indiano. La Cina, infine, per estendere la propria sfera di influenza e d’interessi verso occidente, ha bisogno di stabilità in Afghanistan e lungo il confine con il Pakistan.
Lo Stato Islamico ha dimostrato, però, di saper resistere alla controffensiva militare degli Stati Uniti, delle forze di sicurezza afghane, dei talebani e delle influenze esterne degli attori internazionali, soprattutto nelle provincie dove essi operano, confermandosi un attore forte ed influente, ma soprattutto non sconfitto.