Africa. L’economia ai tempi del Mattei plan

di Francesco Giappichini

Qual è la situazione economica dell’Africa, nei giorni in cui, da parte del governo italiano, viene inaugurato il “Piano Mattei”? Una domanda che è necessario porci, innanzi alle opposte narrazioni dei media. Da un lato, le testate nazionali o straniere che vedono con simpatia il corso politico italiano, parlano di un “new deal” italo-africano; e è il caso, per la sorpresa di alcuni, del quotidiano francese Le Figaro. Mentre i network dell’informazione più critici pongono l’accento sulle difficoltà, o le contraddizioni dell’operazione. C’è chi punta il dito su un approccio predatorio mirato solo all’accaparramento delle fonti energetiche; e chi invece giudica il summit come uno stratagemma per ottenere prestigio e visibilità.
Né mancano quei media convinti che l’obiettivo di tutta la scenografia sia solo un “deal migratoire”, il contenimento dei flussi migratori: specie dinanzi all’impossibilità di attuare il promesso, e immaginifico, blocco navale. Infine vanno segnalate le osservazioni più tecniche, che evidenziano la scarsità dei finanziamenti, rispetto al colossale obiettivo di rinvigorire il tessuto produttivo locale. In questo caso, si usa, lo slogan della “scatola vuota”, come declamano le nostre opposizioni, e soprattutto si accusa il Vertice Italia-Africa di velleitarismo: un po’ come i desideri d’inizio anno, di far cessare la fame nel mondo. Critiche inevitabili, innanzi alla scarsa consuetudine della società civile del Belpaese con i problemi e le dinamiche del continente, verso cui prevalgono atteggiamenti xenofobi, o pietistici, comunque superficiali.
Tralasciamo qui i progetti concreti previsti del «Piano», e descritti dai media nazionali, e concentriamoci sulla congiuntura finanziaria africana, su cui si vorrebbe intervenire. Secondo il Fondo monetario internazionale (Fmi), nel 2023 la crescita dell’economia continentale ha sensibilmente rallentato: si è registrato un modesto +3,2%, a fronte del +3,9 del 2022. Nello specifico, si osserva che le economie più in salute sono quelle diversificate, e che non dipendono solo da turismo, petrolio, o altre commodity. In ogni caso questo aumento della ricchezza è neutralizzato dai tassi monstre di crescita demografica e fertilità, che solo di recente hanno iniziato rallentare; tanto che solo nel ’23 il prodotto interno lordo pro capite (Pil) ha raggiunto il pre-pandemic level.
La frenata è riconducibile a diversi fattori, in primis al calo della domanda da parte delle economie più dinamiche, come la Cina. Si segnalano poi gli scarsi margini di manovra per i governi, che frenano la spesa pubblica, corrispondente al 24,7% del Pil, e di conseguenza la progressione del Pil degli Stati. E, last but not least, le tensioni geopolitiche. Preoccupa anche l’inflazione, e lo spiega l’edizione 2024 del rapporto L’Economie africaine, pubblicato dall’Agence française de développement (Afd): la corsa dei prezzi è sì diminuita, dopo il picco del 2023, ma è ancora troppo elevata. Né cessa di destare allarme il debito pubblico, che nel 2020 corrispondeva al 66% del pil continentale. Gli analisti parlano di un preoccupante sovraindebitamento, che rende poco attraenti, per gli investitori internazionali, svariati Paesi africani. I quali così non hanno più accesso ai mercati esteri, o comunque debbono sottostare a condizioni di finanziamento più onerose. E il tutto si somma al disimpegno della Cina, che dal 2020 ha attuato una decisa restrizione creditizia nei confronti dell’intero continente.