America Latina. Le sfide elettorali del ’24

di Francesco Giappichini

In America Latina si terranno nel 2024 sei sfide elettorali decisive per la guida politica e la collocazione internazionale dei Paesi interessati. Dovremmo invece parlare di un settimo voto ad Haiti, ma per via del caos dell’ordine pubblico è improbabile che entro l’anno si riescano a celebrare le Elections générales. È arduo far emergere un massimo comun determinatore che accomuni questi eventi, considerando che ogni nazione ha le sue peculiarità. Restano poche osservazioni, come la definitiva battuta d’arresto della “Nova onda rosa na América do Sul”: la vittoria del presidente Javier Milei, in Argentina, ha stravolto l’agenda dei leader dell’area. Alcuni analisti descrivono poi una sorta di radicalizzazione della destra latinoamericana, mentre altri si chiedono se i governi di sinistra, più o meno autoritari, resisteranno all’ondata conservatrice.
Altri osservatori evidenziano come società civili sempre più irrequiete tendano a favorire le opposizioni, al di là del segno politico: dal ’19 le forze politiche governative sono state sconfitte in 17 casi su 18 (unica eccezione, la riconferma del Partido colorado in Paraguay). A inaugurare la serie di elezioni presidenziali sarà El Salvador, ove il 4 febbraio il capo di stato populista Nayib Bukele sarà riconfermato con un plebiscito: i sondaggi gli attribuiscono il 61,7%, a fronte del 2,6 del progressista Manuel Flores. L’elettorato premierà la lotta senza quartiere alle pandilla, pur condotta con la compressione dei diritti umani e delle garanzie democratiche.
Il 5 maggio sarà la volta di Panama, ove si preannuncia lo scontro tra l’attuale vicepresidente di centrosinistra José Gabriel Carrizo, e l’ex presidente conservatore Ricardo Martinelli. E ad esser favorito è proprio quest’ultimo, che però potrebbe essere stoppato dai giudici: è tuttora sotto processo per fatti di corruzione, oltre ad aver già scontato anni di reclusione tra Stati Uniti e Panama. In Repubblica Dominicana il 19 maggio sarà nettamente favorito l’attuale presidente di centrosinistra, Luis Abinader. Questi, a differenza di quattro anni fa, sarà ostacolato da sinistra, ovvero dall’ex presidente Leonel Fernández, che adesso guida un partito progressista.
Il 2 giugno toccherà ai messicani, e la scelta sarà ristretta a due candidate: da ottobre il Paese sarà guidato per la prima volta da una donna. I sondaggi segnalano il forte vantaggio di Claudia Sheinbaum, fedelissima del presidente progressista Andrés Manuel López Obrador, e il ritardo di Xóchitl Gálvez, che guida una coalizione moderata. Il 27 ottobre sarà l’Uruguay a decidere il proprio futuro, e secondo gli esperti, il voto sarà influenzato dal percorso di Milei. Il progressista Frente amplio, cui sorridono i sondaggi, tenterà la riconquista del potere, puntando forse su Yamandú Orsi; mentre l’alleanza governativa di centrodestra potrebbe scegliere, alle primarie, Álvaro Delgado. È infine prematuro definire il voto in Venezuela, che dovrebbe svolgersi in dicembre, e mettere in scena la sfida al presidente bolivariano Nicolás Maduro, lanciata dall’antichavista María Corina Machado: la candidata della Plataforma unitaria, dopo la vittoria alle primarie di ottobre, è in testa anche ai sondaggi presidenziali. Restano le incognite legate al rispetto, da parte di Maduro, dell’Acuerdo de Barbados del 17 ottobre: il documento impone un voto libero e trasparente, e l’abrogazione delle misure interdittive che impediscono le candidature di Machado e altri oppositori.