Armenia nell’Ue o con Mosca? Aut aut di Füle

di Notizie Geopolitiche – 

fueleRimane ancora in bilico la possibilità che l’Armenia entri a far parte dell’Unione Europea o se la sua scelta cadrà invece sull’adesione all’Unione Doganale con la Russia ed i paesi dell’area centro asiatica.
Certamente, come ha dichiarato Štefan Füle, commissario europeo per l’allargamento dell’Unione, una scelta esclude l’altra ed Erevan non potrà avviare accordi commerciali con la Comunità Europea nel momento in cui deciderà di aderire all’Unione Doganale sotto l’egida di Mosca.
Füle ha garantito che le trattative per portare l’Armenia, i paesi ex sovietici dell’Europa orientale e le altre repubbliche del Caucaso a far parte dell’Ue non si sono fermate nonostante le intenzioni palesate dal presidente armeno, Serzh Sarkisyan, di aderire al progetto russo e la titubanza degli altri paesi su cui Mosca ha ancora una grande influenza, soprattutto in campo energetico.
Le intenzioni del leader armeno sarebbero quelle di entrare nell’Unione Doganale e contemporaneamente proseguire nel processo di integrazione europea del suo paese, progetto stroncato dall’aut aut di Füle, che ha di fatto imposto ad Erevan di scegliere tra l’Oriente ed l’Occidente.
A novembre sì terrà a Vilnius, capitale della Lituania, il vertice del Partenariato Orientale, associazione voluta da Bruxelles con lo scopo di avvicinare all’Ue i paesi membri, Armenia, Azerbaigian, Georgia, Bielorussia, Ucraina e Moldova, a cui parteciperà anche Sarkisyan; nonostante il presidente armeno abbia già affermato che in quella sede non verrà firmato nessun accordo, sarà comunque un’occasione per un confronto tra Bruxelles ed Erevan per portare nell’orbita europea almeno una delle repubbliche del Caucaso.
L’indecisione manifestata dal governo armeno in su questo tema è dovuta ad una situazione di conflitto con le nazioni vicine, principalmente l’Azerbaigian, sostenuto dalla Turchia, sia in campo energetico, già una volta Ankara ha fatto pressioni perché venga chiusa la centrale nucleare di Metsamor, che supplisce per il 40% del fabbisogno nazionale di energia elettrica, ma soprattutto per quanto riguarda l’annosa questione della sovranità sulla regione del Nagorno Karabakh, enclave a maggioranza armena in territorio azero, attualmente controllata di fatto dalle forze di Erevan ma circondata dall’esercito di Baku; questo in passato si è reso protagonista di una vera e propria pulizia etnica e di parecchi atti di violenza che sfociarono nel 1992 in una guerra, vinta dall’Armenia e dalle forze del Nagorno Karabakh, che provocò oltre 30.000 morti, di cui 25.000 erano soldati azeri, e che portò di fatto ad una relativa indipendenza della regione, strappando all’Azerbaigian il controllo di un altopiano strategico, da cui si può tenere sotto tiro gran parte del suo territorio e nel quale hanno il loro tratto iniziale i fiumi che riforniscono Baku di risorse idriche.
Proprio a riguardo di questo problema pochi mesi fa il presidente azero, Ilham Aliyev, ha lanciato un monito ad Erevan vantando l’entità delle proprie spese militari, una cifra di molto superiore rispetto a quella spesa dal governo armeno, minacciando anche un’invasione del Karabakh; a queste affermazioni il premier Sarkisyan aveva contrapposto, oltre alla migliore qualità dei mezzi del proprio esercito, la vicinanza del suo paese alla Russia come partner militare, al quale diventerebbe pericoloso rinunciare; è infatti improbabile che Bruxelles, al contrario di Mosca, possa esercitare una pressione sufficiente su Baku per garantire la sicurezza del paese nel caso dovessero scoppiare nuove ostilità.