Birmania. Prime condanne per Aung San Suu Kyi e il presidente Win Myin

di Guido Keller

A 11 mesi dall’arresto seguito al golpe dei militari, la leader birmana Aung San Suu Kyi e il presidente Win Myint sono stati condannanti a 4 anni di reclusione per aver incitato il dissenso nei confronti del governo militare, che ha messo come capo dello Stato il generale Myint Swe, e per aver violato le misure anti Covid-19.
Il portavoce del governo militare Zaw Min Tun ha precisato che al momento Aung San Suu Kyi e Win Myint, agli arresti domiciliari a Naypyidaw, non saranno tradotti in carcere, ma vi potrebbero finire presto dopo che saranno vagliate una serie di accuse gravi che spaziano dalla corruzione alla diffusione dei segreti dello Stato alla frode elettorale e persino alla detenzione di ricetrasmittenti, reati che prevedono numerosi anni di reclusione.
Lo stesso portavoce ha poi riferito la decisione della giunta militare di graziare per entrambi i leader metà della condanna.
Il golpe era avvenuto il 1 febbraio di quest’anno, dopo che le elezioni avevano sancito la vittoria della Lega nazionale per la Democrazia con 258 seggi su 440 alla Camera e 138 su 224 al Senato, mentre il partito filo militare (Partito dell’Unione della Solidarietà e dello Sviluppo) ne era uscito con soli 26 seggi alla Camera e 7 al Senato. Si stima che nella repressione delle proteste che ne era seguita siano state uccise 1.300 persone e arrestate 10mila.
La figura di Aung San Suu Kyi, Premio Nobel per la Pace nel 1991, è offuscata dal silenzio (quando non dall’occultamento) sulla persecuzione della minoranza musulmana dei Rohingya, questi costretti alla fuga verso il Bangladesh, ed ancora oggi in quasi un milione vivono nei campi profughi al confine in precarie condizioni. Il Dalai Lama a suo tempo si era rivolto alla pasionaria birmana dicendo: “Mi appello a te e agli altri leader di raggiungere tutte le sezioni della società per tentare di restaurare relazioni amichevoli tra la popolazione in uno spirito di pace e riconciliazione”. Più duro l’Alto commissario Onu per i diritti dell’uomo Zeid Raad al-Hussein, il quale aveva dichiarato che “La Birmania ha rifiutato l’accesso agli inquirenti (dell’Onu) specializzati nei diritti dell’Uomo, la valutazione della situazione attuale non può essere completamente realizzata, ma sembra essere un esempio classico di pulizia etnica”.
Le condanne di oggi di Win Myint e di Aung San Suu Kyi hanno suscitato le dure reazioni della comunità internazionale, ed il ministro degli Esteri britannico Liz Truss ha dichiarato in una nota che la sentenza rappresenta “un terribile tentativo del regime militare di ridurre al silenzio l’opposizione e di schiacciare la libertà”, ed ha chiesto “il rilascio dei prigionieri politici e il ritorno al dialogo per ripristinare la democrazia”
Il Governo birmano di Unità nazionale, i cui membri si trovano perlopiù all’estero a seguito della fuga dalle persecuzioni, ha fatto sapere attraverso il “ministro della Giustizia” Thein Oo che “le accuse mosse ad Aung San Suu Kyi e al presidente Win Myint sono politiche e quindi illegittime”.