Condanna dell’Onu, ma Putin non desiste. Lavrov “minaccia” la guerra nucleare

di Guido Keller

L’Assemblea generale dell’Onu ha condannato in modo pressoché assoluto l’aggressione della Russia all’Ucraina. La Risoluzione di condanna, non vincolante, è stata approvata con 141 voti a favore e solo 5 contrari, cioè Russia, Bielorussia, Siria, Eritrea e Corea del Nord. 35 i paesi membri astenuti, tra cui la Cina.
Intanto in Ucraina si continua a combattere, con l’avanzata delle forze russe che sembra inarrestabile e, secondo i dati riportati dal governo di Kiev, almeno 2mila civili uccisi, tra cui bambini. Vittime anche da parte russa: per la prima volta il Cremlino ha ammesso la morte di 500 militari, ed un prigioniero russo ha ammesso che “Putin pensava di prendere l’Ucraina in tre giorni”. Secondo fonti ucraine sarebbero invece almeno 6mila i soldati russi morti.
Tra le città più colpite da attacchi con missili che hanno centrato caserme e palazzi istituzionali, ma dalle testimonianze anche edifici civili tra cui ospedali e università, vi è Karkiv, centro di un milione e mezzo di abitanti situato non lontano dal confine russo. La parte storica della città è stata distrutta, numerosi i palazzi squarciati dalle bombe e la gente costretta alla fuga o a rifugiarsi nelle stazioni metro. In mattinata vi sono atterrati i parà russi, ma ancora si combatte, per quanto la sua capitolazione dovrebbe arrivare a ore. Ad essere quasi completamente conquistata è Kherson, centro di 300mil abitanti situato in prossimità dell’estuario del fiume Dnepr, ed è evidente lo scopo del presidente russo Vladimir Putin di garantire alla Russia un territorio che permetta una soluzione di continuità territoriale con la penisola di Crimea, al momento collegata alla Russia solo dal nuovo ponte che attraversa lo Stretto di Kerk. Più a est, sul Mar d’Azov e non lontano dal confine russo, obiettivo dei militari è la città portuale di Mariupol, 500 mila abitanti ormai allo stremo. Il sindaco della città, Vadym Boichenko, ha denunciato sul Guardian che le forze filorusse del Donbass hanno circondato la città impedendo ai civili di fuggire, che continuano a piovere missili e bombe, e che manca persino l’acqua.
Intanto continua la pressione su Kiev, con bombardamenti che hanno lo scopo di colpire più che gli edifici per provocare ripercussioni sul governo di Volodymyr Zelensky, che Mosca vorrebbe far decadere. Bombe sono cadute su una delle stazioni ferroviarie, fatto gravissimo dal punto di vista umanitario, se si pensa alla gente in fuga verso ovest con i treni.
L’impressione che si ha è tuttavia che le forze russe non abbiano potuto procedere con la velocità programmata a causa di un’inaspettata capacità di resistenza da parte degli ucraini, oggi forniti di armi dall’occidente.
In attesa dell’esito dei colloqui tra Ucraina e Russia che nella seconda edizione si svolgono presso il confine tra Bielorussia e Polonia, Mosca continua ad alzare la posta. L’ambasciatore russo presso l’Onu, Gennady Gatilov, ha dichiarato di “non riscontrare da parte del regime ucraino alcun desiderio di trovare una soluzione legittima ai problemi”, ma la minaccia vera e propria è arrivata dal ministro degli Esteri Sergei Lavrov, il quale ha indirettamente ammonito la Nato ad intervenire nella guerra affermando che “andremo avanti fino al raggiungimento degli obiettivi”, ma soprattutto che la Terza guerra mondiale sarebbe “nucleare e devastante”.
Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha comunque ribadito che “non vogliamo entrare nel conflitto, ma sosteniamo pienamente il governo dell’Ucraina, anche dal punto di vista militare”.

(Foto: Depositphotos).