Francia. Attal, la nuova politica estera

di Francesco Giappichini –

Chi fosse affascinato dal lato esotico della Francia, dalla Légion étrangère, dalla Françafrique, dalla France d’outre-mer, o dal ricordo dell’Indochine française, sarà deluso. Infatti, la politica estera del nuovo Governo Attal, quello guidato da Gabriel Attal, il più giovane primo ministro nella storia della Repubblica, guarderà soprattutto al Global North. Non solo si punterà a rafforzare il ruolo di Parigi all’interno dell’Unione europea (Ue), della Nato (North Atlantic treaty organization) e del Group of seven (G7), ma soprattutto si cercherà di riconfermare l’asse franco-tedesco, qual perno delle politiche di Bruxelles. Un netto riposizionamento rispetto alla precedente gestione dell’impalpabile Catherine Colonna, che peraltro gli analisti hanno giudicato incapace di lasciare una qualsiasi impronta, e ancor più di riorientare l’indirizzo imposto dall’Eliseo.
Tra i responsabili di questo nuovo corso, e non poteva essere altrimenti, il nuovo ministro dell’Europa e degli affari esteri, Stéphane Séjourné. Questi conserva la carica di segretario generale di Renaissance (Re) – la formazione del capo dello stato Emmanuel Macron di cui è naturalmente un fedelissimo – mentre si è dimesso da capogruppo di Renew Europe al Parlamento europeo. Andiamo però con ordine. Dal 9 gennaio l’Esecutivo Attal ha sostituito all’Hôtel de Matignon quello guidato da Élisabeth Borne, dimessasi poche ore prima; mentre dall’11 hanno prestato giuramento i nuovi ministri, nominati dal presidente Macron su proposta del neo premier Attal.
Un’amministrazione già pienamente in carica, considerato che la Carta costituzionale non prevede l’obbligatorietà del voto di fiducia. Anzi di fronte all’assenza di una maggioranza assoluta al Palais Bourbon, la sede dell’Assemblea nazionale, Attal ha deciso di rinunciare a quel «vote de confiance», che secondo la prassi (comunque già violata da Borne) dovrebbe suggellare la «déclaration de politique générale» in programma il 30 gennaio. Beninteso, le opposizioni potranno comunque proporre una mozione di sfiducia (motion de censure), che tuttavia con ogni probabilità sarà bocciata, causa la loro frammentazione. Sì il nuovo Governo, nonostante l’evidente svolta a destra in funzione anti sovranista e in vista del voto europeo, potrà sopravvivere solo grazie all’appoggio esterno, non si sa quanto saldo, del partito neogollista Les Républicains: la formazione fondata dall’ex presidente Nicolas Sarkozy.
Tornando a Séjourné (unito civilmente al premier Attal per oltre un quinquennio e sino al ’23), la sua nomina alla guida del Quai d’Orsay ha in parte sorpreso gli analisti: si pronosticava più che altro un suo ruolo di primo piano nel partito, in vista del voto europeo. In ogni caso, anche nei primi giorni del suo incarico, ha reso esplicito l’occhio di riguardo sia per Berlino, sia verso il progetto d’integrazione europea. In particolare, secondo i rumors, avrebbe preteso che non venisse modificata l’attuale denominazione del Dicastero, risalente al ’17: quel Ministère de l’Europe et des affaires étrangères, che pone in primo piano l’impegno in seno all’Europa. La stampa transalpina ha dato però maggior risalto alla sua tempestiva visita in Germania, e alla celebrazione di un rinnovato «direttorio franco-tedesco», per dirla coi giornali italiani. Tanto che “Les Échos”, la principale testata economica francese, ha così descritto l’incontro con l’omologa Annalena Baerbock: «A Berlin, Stéphane Séjourné célèbre le tandem franco-allemand».