Armi chimiche: gli Usa spostano le portaerei davanti alla Siria. Permane (e imbarazza) il silenzio di Israele

di Enrico Oliari –

Dopo che è ventilata l’ipotesi di un utilizzo di armi chimiche da parte del regime di Bashar al-Assad, gli Stati Uniti hanno spostato la portaerei Eisenhower nelle acque antistanti la Siria, con gli aerei pronti per colpire gli arsenali chimici siriani, in attesa solo del “go” di Washington.
Il Segretario di Stato Hillary Clinton ha messo in guardia il presidente al-Assad sul superare la cosiddetta “linea rossa”, cosa che avrebbe scatenato la reazione americana (e occidentale), ovvero l’utilizzo da parte di Damasco del gas nervino sugli insorti, ma fonti ufficiali del regime hanno affermato che non vi è alcuna intenzione di ricorrere a tali armi contro il proprio popolo.
Tuttavia questa affermazione ha lasciato spalancata la possibilità che il ricorso ai gas letali possa essere fatto nei confronti dei paesi che sostengono i ribelli siriani, come la Turchia e la Giordania. E infatti, il regime di al-Assad ha identificato in passato nei “nemici esterni”, i  possibili bersagli di guerra chimica.
Nonostante fra i “nemici” della Siria vi possa essere anche Israele e comunque le intelligence abbiano lanciato continuamente avvisi preoccupanti, continua a stupire il silenzio di Tel Aviv, come pure dei suoi media, nei confronti della questione siriana, quasi vi fosse un nascosto desiderio da parte di Israele che in Siria le cose non cambino affatto.
Già in passato Notizie Geopolitiche ha azzardato alcune ipotesi. Dalla Siria parte infatti il gasdotto Arabico che, attraversando il territorio giordano, passa da Aqaba, risale il Sinai, si collega a quello egiziano, entra in mare ad Arish, oltrepassa Gaza e riaffiora ad Asqhelon:  in Egitto i Fratelli Musulmani avevano minacciato Israele dell’interruzione dell’approvvigionamento di gas per via delle tensioni con Gaza (che l’inverno scorso era stata lasciata al freddo), la stessa cosa potrebbe accadere se simili formazioni politiche prendessero il potere in Siria; inoltre gli al-Assad, padre e figlio, dopo che con la Guerra dei Sei Giorni Israele si era impadronito delle strategiche e ricche di risorse idriche alture del Golan, si sono ben guardati di avviare concreti tentativi volti a riannettere alla Siria quella parte di territorio.
Per cui ha destato una certa sorpresa quando il primo ministro, Benjamin Netanyahu ed il ministro della Difesa, Ehud Barak, durante il viaggio in Europa di mercoledì scorso, a Praga ed a Berlino, hanno accennato al fatto che il confine settentrionale di Israele potesse essere oggetto di un attacco chimico, limitandosi a dire “stiamo guardando le armi chimiche siriane con preoccupazione”; tuttavia già al rientro in patria i due politici sono ripiombati nella freddezza e nella chiusura che sta caratterizzando il loro comportamento sulla questione.
Con la poco velata minaccia di un intervento, il ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu ha invece parlato in più occasioni degli oltre 700 missili siriani, caricati con gas letali, la cui ubicazione non rappresenta un segreto per Ankara. La Turchia, che fa parte della Nato, ha chiesto ed ottenuto che venissero istallati lungo i confini i sistemi missilistici da difesa Patriot.
Gli Stati Uniti stanno quindi schierando, se non altro per una pressione psicologica, consistenti forze ed armamenti di fronte alla Siria: si parla di 10mila uomini, 70 caccia bombardieri e 17 navi da guerra, fra cui un incrociatore con missili teleguidati e 10 fra cacciatorpediniere e fregate; la portaerei Stennis, con il suo gruppo di attacco, ha lasciato il Golfo Persico ed è diretta nella stessa zona.
“Con questo sistema integrato – ha detto Davutoglu – la Turchia avrà la massima protezione”, ma resta da vedere l’incognita russa:  basi militari statunitensi sono infatti presenti in tutti i paesi dell’area mediorientale fino in Kirghizistan, con esclusione della Siria, dove Mosca ha le sue basi, e dell’Iran; proprio a Tartus la Russia, che ha diritto di veto presso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ha ammassato navi da guerra, aerei, sottomarini, impianti missilistici, mezzi da terra ed un nutrito contingente di uomini.