Guyana. Elezioni, risultati ancora incerti rischiano di sfociare in disordini etnici

di Alberto Galvi

Si sono svolte lo scorso 2 marzo le elezioni legislative in Guyana. Il paese è situato sulla costa nord del Sud America, confina con il Venezuela a ovest, il Brasile a ovest e sud e il Suriname a est. La popolazione della Guyana è poco più di 800mila abitanti e ottenne l’indipendenza dal Regno Unito nel 1966. È l’unico stato del Sud America in cui l’inglese è la lingua ufficiale.
La Guyana è giunta a questo appuntamento elettorale dopo aver superato un periodo di crisi politica, quando il presidente David Granger non ha superato una mozione di fiducia nel dicembre 2018 dovuta al fatto di aver saltato la scadenza per la convocazione delle elezioni.
In questa tornata elettorale si è votato per il rinnovo dei 65 seggi dell’Assemblea nazionale. Le 2 coalizioni principali sono formate da l’UNPA + AFC (Association for National Unity + Alliance for Change) guidata dal presidente del paese David Granger, mentre il principale partito di opposizione è il PPP (Progressive People’s Party) guidato da Irfaan Ali.
Alla competizione elettorale si sono presentati altri 7 partiti: l’APNU (A Partnership for National Unit), l’AFC (Alliance for Change), il Justice for All Party, il NIP (National Independent Party), il PPP/C (People’s Progressive Party/Civic), il TUF (The United Force) e l’URP (United Republican Party).
A controllare il regolare andamento elettorale il giorno delle votazioni, è stata inviata una missione composta da 17 esperti internazionali di 13 nazionalità differenti, membri delle seguenti organizzazioni: l’OEA (Organización de los Estados Americanos), il Commonwealth of Nations, il Carter Center, l’EU (European Union) e la CARICOM (Caribbean Community).
L’argomento principale della campagna elettorale è stato quello su come utilizzare al meglio i giacimenti di petrolio scoperti nel 2015 dal colosso petrolifero ExxonMobil, che hanno cambiato il ruolo di questo piccolo paese finora ignorato dalla comunità internazionale.
La scoperta del petrolio ha provocato un’impennata delle previsioni di crescita per i prossimi anni di questo piccolo paese, potrebbe addirittura entrare tra i primi 10 produttori al mondo di petrolio.
Sulla questione dei giacimenti di petrolio le 2 principali forze politiche durante la campagna elettorale hanno sostenuto ricette differenti. L’APNU-AFC ha promesso di utilizzare la ricchezza petrolifera per finanziare opere pubbliche e per diversificare le attività economiche del paese. Il PPP ha invece criticato Granger per non aver insistito sul fatto che la Exxon fornisse una maggiore percentuale delle sue entrate derivate dalla produzione di petrolio allo stato.
Intanto dopo il voto dello scorso 2 marzo la CARICOM ha pubblicato una dichiarazione in cui esprime preoccupazione per le possibili irregolarità che si sarebbero verificate nel conteggio dei voti nelle elezioni generali in Guyana.
Anche il candidato alla presidenza del PPP della Guyana, Irfaan Ali ha pubblicamente denunciato le frodi commesse nel conteggio dei voti. Questa denuncia ha creato serie preoccupazioni agli osservatori della CARICOM per paura degli scontri tra i sostenitori dei principali partiti di questa competizione elettorale.
Il risultato elettorale definitivo è ancora incerto. Il presidente David Granger è sostenuto principalmente dalla Guyana di origine africana, mentre Irfaan Ali e l’opposizione sono sostenuti dai discendenti dei contadini indiani.
I disordini di questi giorni preoccupano molto anche gli altri osservatori internazionali presenti in Guyana in quanto potrebbero sfociare in un’ondata di violenza su base etnica. Ricordiamo che nell’ultima elezione del 2018 l’UNPA + AFC vinse sul PPP con uno scarto risicatissimo.