I ministri israeliani vogliono colonizzare Gaza

di Mohamed Ben Abdallah

Nonostante le pressioni internazionali e soprattutto i 25mila morti, continuano le operazioni dell’esercito israeliano a Gaza, territorio palestinese ormai collassato sotto le bombe e per gli aiuti umanitari che non riescono ad arrivare. Mentre la comunità internazionale commemorava la Shoah nel Giorno della memoria, migliaia di nazionalisti religiosi, 15 deputati e ben 12 ministri del governo Netanyahu si sono ritrovati a Gerusalemme per pianificare la colonizzazione di Gaza. Tra loro Miki Zohar, ministro della Cultura e dello Sport, Haim Katz, ministro degli Affari sociali e May Golan, già ministro per l’Avanzamento della condizione femminile.
In barba alle risoluzioni Onu oltre mezzo milione di coloni vive già in territori occupati e strappati con la forza ai palestinesi, ma ora si prospetta la colonizzaizone di Gaza costrigendo attraverso un genocidio conclamato i palestinesi a lasciare le loro terre.
Alla conferenza è stato rimarcato che Gaza fa parte di Israele” e che “dove passa l’aratro ebraico passa il confine di Israele”, mentre in una gara di evidente ipocrisia il ministro per la Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir l’ha buttata sull”emigrazione volontaria” dei palestinesi dalle loro terre e dalle loro case, una cosa che “va incoraggiata” anche perché “questa è la Torah, questa è la morale, questa è la giustizia storica e questo è quanto è meglio che sia”.
Gli applausi dei numerosi convenuti non hanno tuttavia influenzato le iniziative diplomatiche per fermare il massacro, e a Parigi si sono incontrati il capo del Mossad David Barnea, il premier del Qatar Mohammed bin Hamad bin Khalifa al-Thani, il direttore della Cia William Burns e quello dei servizi segreti egiziani Abbas Kamel. A termine della riunione sono stati dichiarati “alcuni progressi”, per quanto “ancora sia prematuro parlare di un accordo” per via delle “divergenze su punti fondamentali”.
Il ministro degli Esteri sauditaFaisal bin Farhan si è invece incontrato al Cairo con il collega Sameh Shoukri per discutere di “meccanismi di cooperazione e della situazione in Palestina”. I due sono tornati a chiedere il cessate-il-fuoco immediato e una “soluzione a due Stati”, auspicando “un’azione internazionale per risolvere la crisi”.
Intanto la situazione in Medio Oriente sembra precipitare. Ieri tre militari statunitensi sono rimasti uccisi in Siria presso la base americana di al-Tanf. In un primo momento il presidente Usa Joe Biden aveva parlato di un’azione, dietro la quale secondo il Pentagono vi sarebbe l’Iran, avvenuta in Giordania, nei pressi del confine siriano, ma poi il portavoce del regno Muhannad al-Mubaidin ha confermato sulla tv di Stato che l’attacco è avvenuto in territorio siriano. Oltre alle vittime vi sono 25 feriti.