Il partito olandese degli agricoltori: una sfida politico-climatica per la coalizione von der Leyen

di Lorenzo Pallavicini

Il partito olandese degli agricoltori rappresenta per il governo comunitario targato von der Leyen una sfida con vista sulle future elezioni europee, visto che uno degli esponenti di spicco della legislatura UE in corso, Franz Timmermans, uno dei fautori del green new deal comunitario e di provvedimenti come la nuova legge sul ripristino della natura, sarà direttamente in campo per il partito socialista nelle imminenti elezioni olandesi.
L’uscita di scena di Mark Rutte, conservatore che per anni ha guidato il paese tra la destra euroscettica capitanata da Geert Wilders e i popolari cattolici, apre nuovi scenari per i Paesi Bassi, in cui sono presenti da molti anni segmenti di euroscetticismo intercettati in prevalenza dal partito di Wilders, che stavolta vede in scena un nuovo outsider con argomenti diversi rispetto al clichè su immigrazione e “pericolo islamico” evocato dal leader euroscettico.
Il partito degli agricoltori ha colpito l’attenzione a livello mediatico con le ultime elezioni provinciali tenutesi nel paese a primavera, arrivando al 20% dei voti e diventando primo partito, in una realtà dove un forte pluralismo politico ha impedito negli ultimi venti anni la formazione di governi monocolori.
Nel giro di pochi anni la formazione guidata da Caroline van der Plas ha ottenuto un ruolo di rilevanza notevole nella società olandese, in cui la decisione della Corte dei conti del 2019, seguita all’esposto per inazione climatica della ong ambientalista Urgenda, di non rendere più accettabile la compensazione economica per le emissioni di azoto in eccesso, derivante dalla direttiva europea 2284\2016, ha avuto forte impatto sui comparti produttivi agricoli e potrebbe portare alla chiusura di molte aziende.
In questa elezione sarà centrale il tema dell’equilibrio tra agricoltura ed ambiente e la sfida del clima, impattanti sulla società olandese forse come nessun altro paese europeo.
Infatti, i provvedimenti varati dalla commissione europea e dal governo Rutte, come quelli sul taglio delle emissioni di metano e disossido di azoto pari al 50%, hanno un notevole impatto sul settore agricolo e zootecnico, molto importante per i Paesi Bassi che hanno fatto di tali settori un fattore di forza, in un territorio morfologicamente particolare.
I Paesi Bassi sono una realtà fragile, con emissioni di gas serra ai primi posti a livello europeo e una concentrazione di azoto nel terreno ai massimi livelli, derivante anche dalla densità di animali da allevamento, pari a circa 100 milioni di capi, tra le più alte a livello comunitario, che contrasta con le aree nazionali facenti parte della rete di aree protette UE Natura 2000.
Non è la prima volta che il settore agricolo e l’Unione Europea si trovano in potenziale conflitto. Ad esempio, vanno ricordati sia il voto di molti agricoltori britannici nel referendum sulla Brexit del 2016 sia le battaglie sugli accordi di libero scambio con gli Stati Uniti e il Canada sui trattati TTIP e CETA, avversati da diverse forze politiche anche in Italia per i timori legati alla produzione agricola, costituente un bacino elettorale molto significativo che nei Paesi Bassi assume un ruolo determinante.
Il settore agricolo in Olanda, infatti, contribuisce circa al 4% del PIL e grazie all’elevata meccanizzazione, l’agricoltura olandese fornisce grandi surplus che possono essere destinati all’industria alimentare ed esportati per un valore tra i primi cinque posti al mondo ed una competitività basata su costi contenuti, intensificazione della produzione e logistica efficace.
L’Olanda esporta circa l’80% della produzione agricola e il 60% dei prodotti trasformati, pari a quasi 65 miliardi di euro l’anno, un 18% del totale dell’export olandese, e una simulazione dei tagli per le emissioni di azoto prevede una riduzione per le aziende agrozootecniche nell’ordine di migliaia di capi di bestiame per quasi 18.000 aziende, con una riconversione o spostamento di circa 11.000 imprese.
Recentemente, va rammentata l’approvazione, da parte della commissione europea, dei due regimi olandesi (denominati LBV e LBV plus), con un budget totale di circa 1,47 miliardi di euro, per ridurre la deposizione di azoto nelle aree di conservazione della natura che vede compensazioni fino al 100% per la chiusura delle aziende agricole ritenute più inquinanti, una misura che, tuttavia, dal punto di vista del partito degli agricoltori non può essere accettabile.
Il Boer Burger Beweging è improbabile che possa vincere da solo le prossime elezioni ma l’assenza di un leader storico come Mark Rutte potrebbe favorire l’ascesa di tale forza in una futura coalizione di governo a guida conservatrice, arrivando a creare un asse che non è riuscito nelle recenti elezioni spagnole, in cui il partito Vox non ha ottenuto i numeri sufficienti per formare la coalizione con il partito popolare spagnolo.
In un contesto politico come quello olandese, molto frammentato, il partito degli agricoltori si presenta come una forza slegata dalla classe politica tradizionale e molto ancorata ai territori extra urbani, soprattutto nella idea di contrastare l’accelerata al green new deal impressa dalla commissione europea di cui Timmermans è stato l’alfiere principale.
Un successo di questa formazione può accrescere nel Partito Popolare l’idea di archiviare l’era Von der Leyen per fare spazio ai conservatori riformisti che possono favorire l’ingresso nel parlamento europeo del Boer Burger Beweging, condividendo una certa perplessità riguardo ad alcuni provvedimenti del green new deal ed alla restoration law, oltre alla prospettiva, tra qualche mese, di ottenere diversi seggi nell’Europarlamento in cui è immaginabile vederli assieme a chi ha votato contro il provvedimento targato Timmermans.