di Shorsh Surme –
In questi giorni ricade l’anniversario della sanguinosa guerra tra Iraq e Iran, durata otto anni e scoppiata nel 1980, solo un anno dopo la nascita della Repubblica Islamica. La guerra ha plasmato la giovane teocrazia e ha contribuito ad alimentare l’antagonismo contro gli Stati Uniti, che hanno sostenuto le forze dell’ex dittatore iracheno Saddam Hussein.
Durante la parata a Teheran il presidente Ebrahim Raisi ha elogiato la “trasformazione” dell’Iran in una potenza militare globale, dotata di missili e droni avanzati, diversi dei quali messi in mostra durante la parata.
Il mese scorso Teheran ha presentato il suo ultimo drone di produzione nazionale, denominato Mohajer-10, che vanta un raggio operativo esteso e capacità di armi avanzate, secondo i media statali.
Il governo iraniano ha dovuto affrontare crescenti critiche nell’ultimo anno poiché Kiev e i paesi occidentali accusano Teheran di inviare droni alla Russia da utilizzare nella sua guerra in Ucraina. Droni Shahed (Martire) di fabbricazione iraniana sono stati lanciati ripetutamente sull’Ucraina.
Il presidente iraniano ha anche ringraziato l’Iraq per aver disarmato e trasferito i gruppi di opposizione curdi lontano dal confine della regione iraniana del Kurdistan: “Nessun gruppo vicino al confine con l’Iran ha il diritto di possedere armi e non permetteremo a nessuna formazione separatista di incitare la sedizione contro la Repubblica Islamica dell’Iran ai punti di confine”, ha detto Raisi ripreso dall’Irna.
Martedì l’Iraq ha annunciato di aver rispettato i termini del patto di sicurezza congiunto con l’Iran e di aver disarmato i gruppi curdi in esilio al confine tra Iraq e Iran, aggiungendo che gli uffici precedentemente utilizzati dai gruppi di opposizione sono stati “definitivamente evacuati”.
A marzo Iran e Iraq hanno firmato un accordo sulla protezione delle frontiere, in cui Baghdad ha concordato una scadenza del 19 settembre per disarmare i gruppi di opposizione curdi e proteggere le regioni di confine. A luglio l’esercito iraniano ha minacciato di ricorrere all’azione militare se Baghdad non avesse rispettato la scadenza.
I gruppi di opposizione curdo-iraniani con sede nella regione del Kurdistan, vale a dire il Partito Democratico del Kurdistan iraniano (KDPI), Komala, il Partito della Vita Libera del Kurdistan (PJAK) e il Partito della Libertà del Kurdistan (PAK), sono stati accusati ingiustamente di alimentare la protesta nazionale e di aver incitato ai disordini nel paese. I gruppi, che lottano per maggiori diritti per la popolazione curda emarginata dell’Iran, hanno combattuto una guerra a intermittenza con la Repubblica Islamica.