Iraq. Mancano pane e lavoro, dilaga la corruzione: ancora manifestazioni a Baghdad

di Shorsh Surme

A 17 anni dalla caduta del regime di Saddam Hussein migliaia di giovani manifestanti sono tornati per l’ennesima volta a riempire le piazze della capitale irachena Baghdad per chiedere giustizia sociale, lavoro, ma soprattutto al governo di agire contro gli assassini di attivisti e manifestanti in tutto il paese. Almeno tre persone sono rimaste uccise ed una decina ferite nella repressione attuata dalle forze di sicurezza, colpendo i manifestanti provenienti da tutte le città del sud e del centro verso Baghdad.
Nonostante ciò una moltitudine di giovani sono riusciti a raggiungere da tutte le province prima piazza Nisoor e poi piazza Tahrir, che orami è diventata il fulcro principale del movimento di protesta.
I manifestanti hanno cantato slogan di denuncia contro il governo, chiedendo il cambiamento del sistema politico, descritto come corrotto e traditore.
Il presidente della Repubblica federale Irachena, il curdo Barhem Salih, ha dichiarato che “La corruzione in Iraq non si ferma ai nostri confini. Enormi somme di denaro, stimate in un trilione di dollari, sono uscite illegalmente dal Paese. Dei ricavi dalla vendita del petrolio dal 2003, si stima che 150 miliardi di dollari siano stati rubati e contrabbandati fuori dall’Iraq”.
Nonostante l’Iraq sia uno dei maggiori produttori del petrolio al mondo, la popolazione è alla fame. Il tasso di disoccupazione fra i giovani è più del doppio di quello ufficiale, dato al 32%.
La sofferenza della popolazione è sotto gli occhi di tutti. Dawood Ismail, operaio, ha perso il figlio proprio in una manifestazione nel 2016: “Sono qui perché ho perso mio figlio nel 2016 dopo essere stato arrestato dalle forze di sicurezza per aver partecipato alle proteste”, ha dichiarato.
Dawood non è solo, anche Ali Ibrahim ha perso entrambi i suoi fratelli nell’ottobre 2019. I manifestanti gridavano “Non abbiamo il lavoro e non abbiamo un futuro, quindi non abbiamo nulla da perdere, uccideteci”
Questo è l’Iraq di oggi, e c’è chi rimpiange l’aguzzino Saddam.