di Michele Magistretti * –
Prosegue la campagna elettorale che condurrà nuovamente gli elettori israeliani alle urne. La grande frattura nello scenario politico del Paese risulta essere ancora relativa alla figura di un uomo: Benjamin Netanyahu. Da una parte è tuttora presente un eterogeneo gruppo di forze politiche che hanno come principale collante l’ostilità nei confronti del leader del Likud. Dall’altra, invece, lo stesso “Re Bibi” è il centro di una coalizione nazional-conservatrice, ma sempre più sbilanciata a destra i cui elementi estremisti diventano più forti ed elettoralmente decisivi.
Vediamo, quindi, come procede la campagna elettorale e quali sono le prospettive a circa due mesi dal voto.
La coalizione di destra pare aumentare i propri consensi per una serie di ragioni. Il partito di Netanyahu, assieme ai suoi alleati più estremisti, sembra riuscire a dipingere gli altri partiti di destra dell’attuale esecutivo come traditori agli occhi dell’opinione pubblica. In particolare, il peggioramento del quadro economico, la tensione con i gruppi terroristici e l’aver governato con il supporto di un partito arabo islamista, Raam, sono tra i fattori che possono spiegare i sondaggi tendenzialmente favorevoli alla coalizione di Bibi. Inoltre,
Netanyahu è riuscito abilmente a mantenere unite le anime del suo blocco. Ha evitato la divisione tra i partiti ultraortodossi, all’interno dei quali comunque non sono mancati i malumori per quelle che vengono considerate indebite intromissioni su questioni ideologiche. Parallelamente, è riuscito a mantenere uniti in un cartello elettorale due dei tre principali partiti di estrema destra della sua alleanza, il Partito Sionismo Religioso di Bezalel Smotrich e Otzma Yehudit di Itamar Ben-Gvir. Il secondo è un partito ultranazionalista e antiarabo il cui leader ha promesso di deportare i “nemici di Israele”, ha in programma di aumentare i poteri dell’esercito e della polizia e sembra sia in procinto di ottenere più seggi del partito di Smotrich. Anche per questo motivo, Netanyahu ha già promesso una carica nel prossimo esecutivo al leader di Otzma Yehudit. Il terzo partito estremista e fortemente anti-LGBT, Noam, ha invece deciso per una corsa in solitaria, ma molto probabilmente non riuscirà ad eleggere nessun parlamentare.
Il cartello di estrema destra, secondo i sondaggi attuali, compete per il terzo posto per numero di seggi con un altro cartello elettorale di centro-destra e parte dell’attuale Governo, il Partito di Unità Nazionale di Benny Gantz e Gideon Sa’ar, i quali hanno deciso di unirsi per strappare la leadership dell’alleanza anti-Netanyahu al partito social-liberale dell’attuale primo ministro Yair Lapid. Il partito di destra dell’ex primo ministro Naftali Bennett, Yamina, pur essendosi fuso con un altro partito, fondando Spirito Sionista, potrebbe fallire nell’obbiettivo di superare la soglia di sbarramento del 3.25%.
Spostando la lente a sinistra dell’agone politico si nota come il partito progressista Meretz e i laburisti dovrebbero riuscire ad entrare in parlamento, ma perdendo qualche seggio. Il nuovo leader di Meretz, Zehava Galon, ha manifestato la disponibilità di allargare l’alleanza di Governo alla Lista Araba Unita, sia per voler includere maggiormente la componente arabo-israeliana nella gestione del potere sia per tenere lontani dal potere il Likud e i suoi alleati estremisti. Questa opzione, però, non è ancora condivisa dalla maggior parte degli altri membri della coalizione anti-Netanyahu. Inoltre, la stessa Lista Araba Unita non ha mai fatto parte di un Governo di coalizione e ha criticato gli islamisti di Raam per aver sostenuto l’attuale Governo.
* Mondo Internazionale Post.
Articolo in mediapartnership con il Giornale Diplomatico.