di Enrico Oliari –
I diritti umani e il clima. La Corte europea per i Diritti dell’Uomo (Cedu) ha stabilito con una sentenza inappellabile che la Svizzera non ha fatto abbastanza per proteggere i suoi cittadini dai cambiamenti climatici, ovvero che il governo non si è impegnato a sufficienza per contrastare i livelli di inquinamento, cosa che ha provocato l’innalzamento delle temperature e di conseguenza comportato danni al benessere psicofisico delle 2mila donne ricorrenti dell’associazione Senior Women for Climate Protection Switzerland.
Secondo i giudici di Strasburgo la Svizzera ha violato l’articolo 8 della Convenzione europea per la tutela dei diritti dell’Uomo in quanto non avrebbe rispettato il diritto alla vita privata e familiare: l’associazione, supportata da Greenpeace, chiedeva alla Cedu di obbligare la Svizzera ad adottare misure legislative volte all’abbattimento dei gas serra al fine di contrastare l’aumento della temperatura del pianeta entro gli 1,5 gradi, dal momento che il governo non si sarebbe impegnato a sufficienza per raggiungere gli obiettivi prefissati.
La sentenza potrebbe ora avere un effetto cascata sui 32 paesi sottoscrittori della Convenzione, cioè i membri dell’Ue a cui si aggiungono Turchia, Russia, Norvegia, Svizzera, Turchia e Regno Unito, portando i governi a produrre legislazioni più stringenti in materia di inquinamento.
Nella stessa udienza sono stati esaminati altri due ricorsi, ma l’esito è stato diverso: un gruppo di giovani portoghesi, costituitisi in associazione a seguito dell’incendio del 2017 del bosco di Pedrógrão Grande (64 morti), avevano intentato causa contro tutti i membri della Cedu accusandoli di non aver rispettato gli Accordi di Parigi del 2015 sul clima (Cop21), ma il ricorso è stato giudicato irricevibile. Stessa cosa per quello dell’ex sindaco di Grande-Synthe (Francia), il quale aveva puntato il dito contro il governo di Parigi accusandolo di non aver fatto abbastanza per combattere i cambiamenti climatici.
